Duecento cadetti di una scuola di polizia a Quetta sono diventati nella notte il bersaglio d’un commando talebano della fazione Lashkar-e Jhangvi. Un comunicato dell’agenzia Reuters ne dà sessanta passati per le armi, ma si teme che le vittime possano risultare più numerose perché parecchi fra gli oltre cento feriti versano in gravi condizioni. L’agguato si è svolto in piena notte: neutralizzate le sentinelle gli assalitori sono piombati in due dormitori e hanno colto gli occupanti nel sonno. Il gruppo che ha colpito non è nuovo ad azioni simili, anche perché ormai subisce pesanti repressioni da agenti e militari pakistani con cui ha in corso un braccio di ferro. Dopo un periodo di coperture, patteggiamenti, favori e addirittura addestramenti, avvenuti con più d’un governo dall’attuale di Sharif al precedente di Musharraf, il gruppo fondamentalista deobandi che propaganda lo sterminio della componente sciita presente in Pakistan, non riceve più sostegni dalla politica di Islamabad ed è stato posto fuorilegge. Perciò pratica “l’occhio per occhio”.
Nel Punjab i talebani Jhangvi sono stati trattati con metodi draconiani e hanno perso uno dei leader, Malik Ishaq, uno dei più integerrimi persecutori di sciiti: fu l’organizzatore degli attentati nella moschea del quartiere Murad Khane di Kabul, con oltre 50 vittime, e nella moschea Blu di Mazar-e Sharif alla fine del 2011. Su alcuni capi di questa componente talib, come Riaz Basra stragista a Bassora dove uccise e fece uccidere centinaia di sciiti presi prigionieri, sono sorte leggende. Ufficialmente morì nel 2002, eppure già nel 1999 la polizia affermava d’averlo eliminato e nel Punjab la notizia della sua morte si era ripetuta in svariate circostanze. E c’è chi dubita che durante il partecipato funerale del maggio 2002 nella bara ci fosse davvero il cadavere di Basra. Da qualche tempo i Jhangvi si sono trasferiti a sud-ovest, nell’agitato Baluchistan, così da gravitare su Quetta, città-pilastro di ogni tendenza talebana. Area sempre infuocata visto che, alcune ore prima del massacro della caserma dei cadetti, a Surab 150 km più a sud, erano stati uccisi due poliziotti in pattugliamento.
Il ruolo criminale indirizzato contro la comunità sciita pakistana, che Lashkar-e Jhangvi eredita dalla formazione da cui i capi si staccarono: Shipa-e Sahaba, sorta nel 1980 come reazione alla rivoluzione khomeinista, si diversifica con questa tipologia di agguati alle forze dell’ordine pakistane. Un percorso seguito anche da altri elementi radicali, come i Tehrik-e Taliban, che attuano attacchi sconsiderati e impopolari per la loro crudeltà. Quello della scuola di Peshawar del dicembre 2014 fu fra i più sanguinari: 145 assassinati di cui 132 bambini e adolescenti. Se i reclutamenti più recenti hanno condotto nelle file di questi combattenti anche criminali comuni che inseguono obiettivi non politici è un discorso che in genere non riguarda le stragi, tutte mirate e dal significato chiaro, volutamente marchiato da sangue e terrore. Per Peshawar, il leader TTP Fazlullah, fece scrivere in un comunicato che i padri militari cui erano stati crivellati i figlioli dovevano provare lo stesso dolore che avevano procurato ai genitori di tanti bambini del Waziristan trucidati coi rastrellamenti omicidi dell’operazione dell’esercito “Zarb-e Azb”. Probabilmente anche per Quetta seguiranno “motivazioni” con logiche perverse, simili ai ferrei comportamenti di tanti deliri bellici.
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