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18/10/2016

Guido Lutrario: Un “NO sociale” e politico a Renzi e la Ue

Conosciamo, in generale, la posizione del sindacato rispetto alla riforma costituzionale proposta dal governo Renzi: un NO fermo ad una riforma che probabilmente rischia di esporre il nostro paese ad una deriva autoritaria. Ti vorrei chiedere però di spiegarci i punti principali della vostra opposizione a questa riforma.

Innanzitutto noi abbiamo aderito fin da subito al Comitato per il NO a questa riforma in previsione del referendum e abbiamo deciso da tempo di promuovere uno sciopero generale che può essere, diciamo così, intitolato per un NO sociale a questa controfirma costituzionale. Un NO sociale perché – alle motivazioni legate strettamente alla natura di questa controriforma, nel merito dei tanti articoli, ben 47, di modifica e quindi di stravolgimento della carta costituzionale – aggiunge un NO alle politiche che questo governo ha portato avanti e sta continuando a portare avanti. Politiche che hanno un segno liberista e che si sposano molto con le riforme di natura costituzionale, perché queste “riforme”, in buona sostanza, assicurano un concentramento di poteri nelle mani dell’esecutivo. Non è un processo cominciato oggi, non lo ha avviato Renzi, ma Renzi dà a questo processo uno scatto in avanti. Costituiscono un adeguamento della nostra Costituzione ai Trattati europei, quindi si bypassa qualsiasi spazio di autodeterminazione e si concede tutto agli organismi internazionali – che sappiamo non essere soggetti a nessun controllo popolare, non vengono eletti da nessuno, ma regolano e vincolano la nostra vita, sottopongono quindi la nostra politica nazionale alle scelte che vengono stabilite nelle stanze della Banca Centrale Europea e della Commissione europea. C’è un forte svuotamento di competenze e di poteri degli enti locali, a cominciare dalle amministrazioni comunali, ma ovviamente anche per quanto riguarda le regioni. Quindi c’è un ri-accentramento forte dei poteri, in controtendenza rispetto alla storia e anche un po’ alla natura del nostro ordinamento, che invece progressivamente avrebbe dovuto dispiegarsi in un decentramento crescente. Questa cosa noi la viviamo nella città di Roma anche dal punto di vista proprio dello svuotamento di senso dei municipi, che non hanno soldi, non hanno competenze, non hanno ruolo, hanno perso di senso. Ma la stessa amministrazione comunale ha perso di ruolo rispetto alle scelte che vengono imposte dal governo centrale che, attraverso il sistema del debito, è in grado di strozzare e di dirigere le scelte degli enti locali. Sul piano lavorativo, sul piano del mondo del lavoro, questo completa il disegno che è già partito col Jobs Act, con la messa in una condizione di totale ricattabilità della forza lavoro, la perdita di spazi di democrazia e di protagonismo dei lavoratori... Siamo quindi in un paese in cui, mentre sul posto di lavoro vige la regola del più forte e c’è un totale arbitrio per le aziende – il job acts, la cancellazione dell’art. 18 e dello Statuto dei lavoratori, sono stati fondamentali nel promuovere ulteriormente questo processo, sul piano istituzionale e politico – c’è un accentramento di poteri e una grande libertà di manovra per l’esecutivo. Con il parlamento ridotto a uno spazio dove non si esercita più nessun effettivo potere di controllo o contropotere sull’esecutivo.

Un accentramento di poteri, dicevi tu, che ci preoccupa soprattutto per le ricadute sociali che può avere sulla vita di tutti noi. In particolare tu facevi riferimento al mondo del lavoro. E' per questo che stiamo andando verso le due giornate di lotta del 21 e 22 ottobre?

Sì. Il 21 è una giornata di sciopero generale che abbiamo indetto insieme ad altre organizzazioni di base; altre se ne sono aggiunte strada facendo, quindi sarà una giornata di protesta e di protagonismo dei lavoratori. Siamo in un paese in cui stanno succedendo le cose più gravi. Per esempio, una riforma pensionistica in cui in buona sostanza si fa un apparente passetto indietro rispetto al prolungamento dell’età lavorativa, ma contemporaneamente si dice: se volete andare in pensione prima ve lo dovete pagare con un mutuo ventennale. C’è un taglio continuo al sistema sanitario, che ormai è in via di privatizzazione. C’è una messa in scacco del sistema dell’istruzione pubblica con la fantomatica buona scuola di Renzi, che di buona non ha niente. C’è il Jobs act su cui non ritorno, c’è il social act che è uno degli altri provvedimenti vergogna di questo governo. Associazioni e Ong come la Caritas avevano segnalato che ci volevano almeno 7 miliardi per agire sulla cosiddetta “povertà assoluta”; non i 19 milioni di italiani considerati “poveri” dalle statistiche ufficiali, non da quelle dell’Usb... No, la povertà assoluta di cui stiamo parlando sono quelli assolutamente indigenti, in condizioni di non sopravvivere. Se la Caritas parlava di 7 miliardi, e il governo stanzia appena un miliardo e 300 milioni, è evidente che siamo un paese in cui i poveri, per questo governo, possono solo morire. Siamo quindi in una condizione di taglio diffuso in tutti gli enti e le amministrazioni locali, che poi a loro volta si rifanno sui cittadini con i tagli ai servizi sociali, con un taglio generalizzato in cui chi sta peggio è quello che paga di più. In questo paese le organizzazioni sindacali, che in teoria dovrebbero tutelare e difendere gli interessi dei lavoratori, stanno zitte; anzi, sostanzialmente si rimettono sedute al tavolo con il governo per approvare leggi come i provvedimenti sulle pensioni, che sono quanto di più insopportabile si possa subire ... In questo scenario è più che necessaria la protesta generale che dice NO a questo massacro sociale e dice poi contemporaneamente NO, con la manifestazione del giorno dopo, a Renzi, a tutto quello che rappresenta, a questo insieme di politiche ... Potete leggere sui giornali che l’Unione europea cerca di arrivare in soccorso a Renzi, ma io credo che ormai questo soccorso non funzioni più...

Le sta provando tutte: Benigni, l’Unione europea, diecimila assunzioni... Veramente sta tirando fuori tutte le sue risorse...

L’Unione europea è comunque preoccupata. E’ preoccupata che questo referendum produca una sonora sconfitta per il governo. E questo è un motivo in più per alimentare la campagna per il NO, perché noi abbiamo l’opportunità non solo di dire a Renzi che ha fatto il suo tempo ed è il caso che si tolga di mezzo; ma anche per inceppare quel meccanismo automatico che si è prodotto nel corso di questi anni, per cui i governi si succedono, arrivano facce nuove... ma le politiche di rigore sono sempre contro i lavoratori, contro la parte debole del paese. Perché, se l’Unione europea è preoccupata, evidentemente il maggiore interprete delle sue politiche oggi rischia di essere sonoramente battuto e quindi forse si apre una possibilità di inversione di tendenza. Quindi è molto importante la manifestazione del 22 che partirà alle 14 da piazza San Giovanni ... E’ una manifestazione – l’abbiamo intitolata “NO Renzi day” – per fermare la controriforma costituzionale. Ovviamente è una manifestazione in cui vogliamo far convivere il mondo del lavoro con il resto della cittadinanza che protesta, che non ci sta e che vuole fermare anche questo scempio delle regole democratiche che ancora ci sono nel nostro paese ... Organizziamo pure una serata tra il 21 e il 22, un po’ una serata ponte, un momento di discussione ... Ci saranno dei dibattiti, delle assemblee proprio su questi temi ... Uno è il referendum, per entrare nel merito delle sue caratteristiche, contestare i luoghi comuni della propaganda del sì e invece affermare le buone ragioni del NO. Un altro dibattito invece dedicato al tema dell’Europa, perché è evidente che questa vicenda del referendum si intreccia con i destini dell’Unione europea. Infine una serata musicale. Si alterneranno sul palco diversi artisti, gruppi che renderanno la serata anche più piacevole... Ma è un'occasione anche per ricordare un lavoratore, Abd Elsalam, che è morto ucciso solo qualche settimana fa davanti un magazzino della Gls, in un impianto della logistica a Piacenza e che costituisce una figura per noi esemplare: un lavoratore che con dignità e coraggio si è battuto per difendere gli interessi dei suoi compagni di lavoro, dei suoi colleghi e quindi con uno spirito di generosità e di solidarietà. Ma che invece è stato ammazzato dalla preoccupazione del padrone di fare soldi, che è esattamente la cifra di come funziona il paese e di come si vorrebbe irregimentare il sistema. Noi dobbiamo, anche nel nome di Abd Elsalam, contrastare questa dinamica e produrre uno scatto di speranza. Il 21 e il 22 sono due giornate importanti per costruire un grande fronte sociale e popolare che mandi a casa Renzi, che dica NO alle sue controriforme costituzionali e che apra ad un programma diverso, alternativo, per costruire un paese diverso.

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