Dopo 24 ore di scontri e violenze, l’assalto dello Stato Islamico a
Kirkuk è stato respinto da peshmerga e truppe irachene. Un attacco
massivo, la risposta dell’Isis alla controffensiva su Mosul, con il
chiaro obiettivo di distogliere forze dalla controffensiva
in corso nella provincia di Ninawa. Ma soprattutto è un assalto
che porta con sé i tratti dell’attuale e futura strategia islamista nel
paese: a fronte della perdita di territori in Siria e Iraq, a fronte
del fallimento delle ambizioni statuali e amministrative su cui il
“califfato” ha fondato il suo nome, lo Stato Islamico può ancora contare
sulla guerra, sulla macchina bellica che ha messo in piedi
grazie alle generose donazioni dall’estero, la vendita sotto banco di
greggio a paesi compiacenti, le tasse e i saccheggi delle banche
irachene.
Di certo, come prevedono gli analisti, le casse dell’Isis non saranno
più piene come oggi: la perdita della sola Mosul comporterà la perdita
di 4 milioni di dollari al giorno in tasse, mentre di greggio ne vende
sempre meno. E allora cambia la strategia militare e la Kirkuk di ieri
ne è modello, come lo è Baghdad, target settimanale di attentati
suicidi: gli islamisti si infiltrano nelle zone non occupate, le
attaccano e uccidono. Con due obiettivi: indebolire il governo centrale mostrandolo incapace di garantire la sicurezza; allargare i settarismi
interni, attaccando sciiti e kurdi e creando dunque sospetto verso la
comunità sunnità. E l’Iraq è diviso.
La scelta stessa di Kirkuk ha un suo significato: è la città
contesa da Erbil e Baghdad, da kurdi e arabi, che la rivendicano
entrambi: è la città de-kurdizzata negli anni ’80 da Saddam e
oggi de-arabizzata da Barzani. Ad oggi le sue immense ricchezze
petrolifere sono in mano al governo regionale del Kurdistan che ne ha
assunto il controllo dopo che l’esercito iracheno, nel 2014, si diede
alla fuga all’arrivo dell’Isis.
L’attacco di ieri è cominciato alle 3 di notte, tra giovedì e
venerdì, ed è terminato solo nella serata di venerdì: almeno 46 i morti,
tra cui 10 dipendenti di un impianto elettrico e membri delle forze di
sicurezza. L’Isis ha compiuto un attacco organizzato, fatto di kamikaze,
camion-bomba e assalti con fucili automatici. Il governatore ha indetto
il coprifuoco e ordinato ai cittadini di non uscire di casa. È riuscito
per alcune ore a prendere il controllo di alcuni quartieri fino
all’annuncio della polizia della città: tutti i terroristi sono morti.
Nel frattempo non cessava l’offensiva su Mosul: l’esercito iracheno
sta cercando di riprendere la città di Hamdaniyah, a 20 km da Mosul,
ormai quasi del tutto inabitata. Ma a preoccupare sono le notizie che
arrivano da Mosul: dopo aver minato la città e averla circondata di
cecchini e trincee incendiarie, ora l’Isis si starebbe preparando a
difendersi rapendo civili per farne scudi umani. È la denuncia
dell’Onu secondo la quale 550 famiglie, negli ultimi giorni, sono state
portare da due villaggi fuori Mosul nel capoluogo di provincia per
essere usati come scudi al futuro assalto delle truppe di Baghdad.
E’ invece la Cnn a riportare la notizia dell’esecuzione di 284
persone, uomini e ragazzi, uccisi poco fuori da Mosul. Secondo fonti dei
servizi segreti iracheni, i loro corpi sono stati portati via con i
bulldozer e messi in una fossa comune.
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