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28/10/2016

Libia - La Cina fa pendere la bilancia verso Tobruk

di Francesca La Bella

Mentre la situazione in Libia appare sempre più confusa e il governo di Fayez al Sarraj di stanza a Tripoli cerca di riprendere le redini del potere con la formazione di un nuovo governo di unità nazionale, un nuovo attore appare nel teatro libico. La Cina, infatti, avrebbe previsto l’investimento di 36 miliardi di dollari in Cirenaica.

Secondo quanto riportato dai media locali, il Paese asiatico, secondo solo all’Italia come partner commerciale dell’import-export libico, avrebbe scelto di finanziare un grande progetto infrastrutturale nell’area di Tobruk che prevederebbe la costruzione del più grande porto del Paese in acque profonde, un aeroporto commerciale, una ferrovia lungo il confine con l’Egitto in direzione Sudan, 10.000 case, un ospedale con 300 posti letto e un’università. A questo complesso progetto di rilancio infrastrutturale si dovrebbe aggiungere un piano per lo sviluppo dell’esportazione di energia solare verso la Grecia con la costruzione di una centrale energetica a Jaghbub, nel deserto libico orientale.

A tal proposito, il primo ministro del governo di Tobruk, Abdullah Al-Thinni, in un’intervista all’emittente televisiva Al-Hadath riportata dal Libya Herald, ha dichiarato che l’ingente investimento, frutto di una cordata di investitori cinesi, dovrebbe portare al compimento delle opere in un periodo di soli tre anni con un effettivo impatto sull’economia locale già nel breve periodo.
Il progetto, definito dallo stesso Libya Herald come un ringraziamento della Camera dei Rappresentanti (HoR) alla città di Tobruk, potrebbe avere una significativa rilevanza anche per le relazioni commerciali libiche. Dopo la caduta di Muhammar Gheddafi e l’inizio della guerra civile, sia le imprese sia i lavoratori cinesi impegnati in Libia lasciarono il Paese e, negli anni successivi, il capitale cinese non riuscì a trovare canali d’accesso per il Paese nordafricano. Ad oggi, invece, in linea con un programma di penetrazione imponente in tutto il territorio africano, Pechino potrebbe dare nuova linfa alle relazioni commerciali sino-libiche.

Di riflesso, sul piano interno, questo rinnovato slancio economico della Cirenaica, unito al programma di esportazione petrolifera dai porti della mezzaluna petrolifera, renderebbe Tobruk sempre più centro nevralgico dell’economia del Paese con inevitabili ricadute dal punto di vista politico.

Parallelamente all’indebolimento del Gna, provato dal tentativo di colpo di stato del 14 ottobre e dalle difficoltà strutturali che ne frenano la ripresa economica, il fronte favorevole al governo di Tobruk e al generale Khalifa Haftar sembra, dunque, sempre più ampio. E’ notizia di poche ore fa la visita di Haftar negli Emirati Arabi Uniti per discutere degli sviluppi della situazione libica con il Ministro della Difesa Mohammed al Bowardi. L’incontro risulta tanto più significativo in quanto segue di poche ore la visita ad Abu Dhabi di un altro attore centrale nella vita politica libica: Martin Kobler. L’inviato speciale Onu in Libia, prima di muoversi verso il Cairo per nuovi colloqui con i rappresentanti dell’Unione Africana e della Lega Araba sulla questione libica, ha, infatti, avuto un lungo meeting con il ministro degli Esteri emiratino Anwar Mohammed Gargash.

Durante i colloqui il rappresentante Uae, secondo le agenzie di stampa locali, avrebbe ribadito il pieno sostegno degli Emirati Arabi Uniti all’azione di mediazione delle Nazioni Unite e al governo di accordo nazionale libico, sottolineando, però, la necessità di una soluzione che includa le istanze di tutte le parti libiche.

La debolezza del governo Sarraj si contrappone alla solidità ed al radicamento delle forze di Tobruk e i numerosi attori coinvolti nella contesa libica sembrano schierarsi sempre più a favore di una riconciliazione tra Tripoli e Tobruk per garantire la stabilità politica ed economica della Libia. L’intervento esterno, molto spesso al limite dell’ingerenza internazionale, mira altresì a mantenere un canale di dialogo preferenziale con la futura dirigenza del Paese.

In questo senso si legga il prolificare di meeting a partecipazione variabile sulla questione libica come quello di Parigi di inizio mese o quello previsto nelle prossime settimane in Arabia Saudita dove Riyadh ha già dichiarato di non volere la partecipazione di Qatar e Uae. A fronte di una produzione del petrolio in continua ascesa che potrebbe minare alla base la validità dell’accordo OPEC sul taglio della produzione e di uno Stato Islamico in lento arretramento, la possibilità di una ripresa libica sembra essere ora plausibile. La scelta dell’alleato interno diventa, dunque, per le controparti d’area (ed internazionali) sempre più decisiva per cercare di influire sulla collocazione della Libia nello scacchiere internazionale.

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