Ormai l'ha capito anche Massimo Giannini: fino al 4 dicembre sera la legge di stabilità sarà un elenco di sogni e promesse, condite con l'olio di palma della retorica euroscettica. Perciò, anche se con poco entusiasmo, ci tocca registrare l'ultimo passettino verbale pronunciato da Matteo Renzi in materia: "Italia pronta a mettere veto sul bilancio Ue se i paesi dell'Est non accoglieranno i migranti".
L'ha detto in qualche sede istituzionale, l'ha scritto su qualche documento ufficiale del governo? No, ha recitato un parte seduto sul mellifluo divano di Bruno Vespa. Quindi può smentirsi in qualsiasi momento senza problemi...
L'occasione è stata data dalla "lettera di chiarimenti" (letter) arrivata ieri da parte della Commissione Europea in cui i commissari economici Dombrovski e Moscovici defriscono "rilevanti" gli scostamenti tra impegni presi dal governo italiano e contenuti della bozza inviata a Bruxelles. Il "rilevante" non è riferito tanto alla differenza tra deficit "tollerabile" per la Ue (2,2% del Pil) e quello programmato dal governo italiano (2,3). Quello 0,1% vale 1,6 miliardi, una goccia nel mare...
Il problema è la tendenza a rinviare continuamente il momento di iniziare la discesa agli inferi (il percorso greco...) che tanto sta a cuore dell'Unione e, sul piano tecnico, tutte quelle entrate una tantum di assai incerta quantificazione.
Bene. Di fronte alla normale "richiesta di chiarimenti" continentale, Renzi e Padoan fanno finta di alzare i toni. Ma esclusivamente sui media nazionali, perché non hanno alcuna intenzione di entrare davvero in conflitto con la tecnostruttura sovranazionale. Si potrebbe infatti pensare che la minaccia di mettere il veto sul bilancio europeo sia una mossa "forte", un autentico strappo nelle relazioni infracomunitarie. E in invece è la regola, l'hanno fatto in molti, alcuni anche più di una volta.
Persino il funzionario europeo mandato a Palazzo Chigi (Mario Monti, insomma) ha sollevato almeno una volta l'arma del veto per ottenere qualcosa in cambio. Anzi, Monti lo ha fatto addirittura in una sede istituzionale, non in televisione. Quindi era decisamente più credibile.
L'argomento tirato fuori da Renzi, oltretutto, è risibile: "Il governo Monti ha stabilito che diamo 20 miliardi e ne riceviamo 12, ma se Ungheria e Slovacchia ci fanno la morale sui nostri soldi e poi non ci danno una mano sui migranti non va bene". Quella evidente differenza tra risorse italiane versate nel bilancio comunitario e risorse comunitarie destinate all'Italia è infatti il prezzo pagato per l'"aiuto" da fornire ai paesi dell'Est impegnati nel percorso di avvicinamento agli standard comunitari, così come un tempo (nella Ue con molti meno paesi poveri) c'era una differenza a favore dell'Italia.
Dunque è ben vero che si può condizionare Ungheria o Slovacchia ad accogliere il numero di migranti pro quota che spettano loro, ma farlo per ottenere in cambio "più flessibilità" sui conti può addirittura diventare un boomerang ("ok, vi diamo più flessibilità, ma ve li tenete!").
Sta di fatto, comunque, che nelle ultime settimane Renzi ha tentato di strappare la bandiera dell'euroscetticismo dalle mani della destra leghista, e con gli stessi argomenti. Chiaro dunque l'intento: convincere parte di quell'elettorato a votare "sì" al referendum.
Nulla a che vedere, anche da questo angolo di osservazione, con "l'eurocritica" di massa salita dalle piazze dello sciopero generale e del NoRenziDay, che invece ha centrato lo stretto legame esistente tra politiche di austerità, regali alle imprese e rovesciamento dell'assetto costituzionale.
Non ci sarà nessun contrasto vero, finché questo governo resterà in piedi (a Bruxelles sanno benissimo di non poter contare su terminali altrettanto obbedienti), e quindi la manfrina quotidiana continuerà fino a risultato referendario accertato.
Ma il dato interessante è comunque questo: per guadagnare consensi Renzi sposa quel tanto di sentiment "anti-europeo" che trasuda da ogni angolo del paese reale.
Vuol dire che ormai stiamo arrivando al vero nodo del contendere. In Italia e in Europa.
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