Delle tante e continue violazioni compiute dalla coalizione sunnita a
guida saudita in Yemen le Nazioni Unite hanno scelto l’ultima. Con
ospedali e scuole bombardati, zone residenziali distrutte e un blocco
aereo che impedisce l’arrivo di aiuti sufficienti a far sopravvivere la
popolazione yemenita, è trascorso un anno di abusi nel silenzio
internazionale.
Le stesse Nazioni Unite erano tornate sui loro passi a giugno quando,
dopo aver pubblicato un rapporto che accusava Riyadh di abusi contro i
bambini yemeniti, avevano affossato tutto ritirando i risultati del
report.
Ma l’attacco compiuto l’8 ottobre a Sana’a contro un palazzo che ospitava un funerale
– a cui prendevano parte leader Houthi e del partito dell’ex presidente
Saleh, circostanza che nega di per sé l’errore millantato da Riyadh –
e la morte di 155 persone è sembrata troppo anche al Palazzo di Vetro:
ieri di fronte al Consiglio di Sicurezza il team di monitoraggio e
sanzioni dell’Onu ha accusato l’Arabia Saudita di violazione del diritto
internazionale in quello che è stato definito un “doppio
attacco”. Una pratica tanto comune quanto barbara: a pochi minuti dalle
prime bombe ne seguono altre che uccidono soccorritori e sopravvissuti.
L’ambasciatore saudita all’Onu non commenta. A Riyadh bastano
i risultati della velocissima inchiesta imbastita che sabato ha
giustificato l’attacco con “informazioni sbagliate”. E bastano
le parole del ministro degli Esteri Adel al-Jubeir che lunedì ha
promesso di punire i responsabili e risarcire le famiglie delle vittime.
Ieri intanto è entrata in vigore la tregua di 72 ore negoziata
dall’Onu, ma sono già numerose le violazioni: sarebbero due i civili
morti in Arabia Saudita sotto i missili Houthi, risposta a tre vittime
dei raid sauditi. I bombardamenti sono comunque molti di meno: Sana’a ha
trascorso la prima notte dopo mesi senza il rumore agghiacciante delle
bombe.
Dagli Stati Uniti, attivi attori del conflitto direttamente e non, arrivano appelli al fronte Houthi:
“Essenziale in questo momento che gli Houthi sostengano il cessate il
fuoco – ha detto il segretario di Stato Usa Kerry – Ogni violazione
mette a rischio la possibilità di tornare al negoziato”. Agli alleati sauditi nessuna raccomandazione nonostante sia palese l’assenza di volontà negoziale di Riyadh.
Ad oggi ogni tentativo di dialogo è fallito per le precondizioni poste
dalle parti, in primo luogo dalla coalizione a guida saudita che teme
che un coinvolgimento politico degli Houthi possa scardinare lo
strapotere di cui gode in Yemen.
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