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23/10/2016

Il tesoretto dell’IIT non ti risulta? Cara Giannini, ce l’hai sotto il naso

«Rimane una puntiforme domanda … che riguarda l’Istituto italiano di tecnologia, il presunto – da fonti di stampa, ma a noi non risulta – tesoretto, così come è stato definito». A mettere in dubbio l’esistenza del “tesoretto IIT” è niente meno che il Ministro Stefania Giannini, nel corso di un question time al Senato. Lo scorso aprile era stata Laura Margottini su Fatto Quotidiano a rivelare che negli stessi anni in cui personale e fondi delle università subivano tagli senza precedenti, l’IIT aveva accantonato circa 500 milioni di euro in conti bancari e titoli. La fonte? La Corte dei Conti. Nella sua relazione sulla gestione finanziaria IIT per l’esercizio 2013, si legge: «Le “disponibilità liquide” ammontano a euro 430.106.416», a cui vanno aggiunte immobilizzazioni finanziarie per altri 107 milioni di euro. Un dato confermato dallo stesso Direttore scientifico dell’IIT. Alla domanda di Riccardo Iacona «Parliamo di questi 430 milioni di euro che sono piazzati da qualche parte?», Roberto Cingolani rispondeva «In Banca d’Italia. Tesoreria». Lapidario il giudizio della Senatrice Cattaneo: «L’affermazione della ministra che i 430 milioni siano presunzioni di stampa è disarmante». Ma forse ciò che manca al Ministro non sono le prove dell’esistenza di un anomalo tesoretto alimentato da denaro pubblico versato nelle casse di una fondazione di diritto privato. Ciò che manca è la volontà di toccarlo, dando un dispiacere a chi sembra essere più forte del ministro stesso.


Senatrice E. Cattaneo: «Sto chiedendo di stanziare, se possibile, oltre a quanto già presente nella legge di stabilità, almeno altri 500 milioni di euro per garantire continuativamente FIRB e PRIN decenti. Come ricordava il collega Bocchino, di questi 500 ben 430 milioni di euro sono disponibili pronta cassa su un conto infruttifero della Banca d’Italia. Si tratta di un accantonamento, che continua di anno in anno, di soldi pubblici destinati dallo Stato alla ricerca pubblica negli ultimi dieci anni. L’intestatario è l’Istituto italiano di tecnologia. Signor Ministro, le chiedo anch’io se è sua intenzione avvalersi di questa preziosissima liquidità per garantire la sopravvivenza, la sussistenza, l’esistenza della ricerca libera in questo Paese.»

Ministro S. Giannini: «Rimane una puntiforme domanda che mi hanno fatto, in modo diverso, la senatrice Cattaneo e il senatore Bocchino e che riguarda l’Istituto italiano di tecnologia, il presunto – da fonti di stampa, ma a noi non risulta – tesoretto, così come è stato definito».

A mettere in dubbio l’esistenza del “tesoretto IIT” è niente meno che il Ministro Stefania Giannini, nel corso del question time del 20 ottobre 2016 (qui la versione stenografica).


Ma di quale tesoretto stiamo parlando? A darne notizia sul Fatto Quotidiano era stata Laura Margottini (Più investimenti che ricerca: l’Iit ha 500 milioni di troppo): negli stessi anni in cui personale e fondi delle università subivano tagli senza precedenti, l’IIT aveva accumulato circa 500 milioni di euro, tuttora accantonati in conti bancari e titoli.

Una montatura della stampa a caccia di notizie sensazionalistiche?

Se si risale alle fonti della notizia, si scopre che l’esistenza del “tesoretto” è stata rivelata dalla Corte dei Conti nella sua relazione sulla gestione finanziaria IIT per l’esercizio 2013, dove, a pagina 21, si legge:
Le “disponibilità liquide” ammontano a euro 430.106.416

A questa liquidità andavano poi aggiunte immobilizzazioni finanziarie per altri 107 milioni di euro (pp. 19-20).

Possibile che i giornalisti abbiano male interpretato il documento inventandosi un tesoro che non c’è? In tal caso, la dirigenza dell’IIT sarebbe la prima a negarne l’esistenza, spiegando origine e natura dell’equivoco. Per assicurarci che non sia questo il caso, vediamo cosa ha risposto il Direttore scientifico dell’IIT nel corso dell’intervista andata in onda nella puntata di Presa Diretta del 19 settembre scorso (qui il video e la trascrizione dell’intervista):

Iacona: Parliamo di questi 430 milioni di euro che sono piazzati da qualche parte?

Cingolani: In Banca d’Italia. Tesoreria.


Nell’intervista, Cingolani nega che quei soldi siano nella disponibilità di IIT, anche se in un recente documento dell’Istituto è stato scritto che, per pagare stipendi e fatture, IIT può effettuare prelievi mensili dal conto. Comunque stiano le cose, nell’intervista Cingolani dichiara esplicitamente che il “tesoretto” è a disposizione del governo:

Cingolani: Quello lo Stato lo può utilizzare per la Ricerca, per gli esodati, per gli stadi, sono affari suoi.

Intervistato da Repubblica, subito dopo il question time del 20/10, è ancora Cingolani a confermare che quei soldi esistono e che sta allo Stato decidere dove destinarli:
«E normale che vadano investiti in ricerca, ma è lo Stato che decide, non sono io a stabilire se destinarli al di fuori dell’Iit.

Dunque quei soldi esistono?»

«Il nostro bilancio è pubblico, chiunque può consultarlo e accertarlo»
Repubblica riporta anche il lapidario giudizio della Senatrice Cattaneo:
«L’affermazione della ministra che i 430 milioni siano presunzioni di stampa è disarmante»
Se, come sembra, il Ministro Giannini era tra i pochi a non essere al corrente del tesoretto, confidiamo che queste nostre righe l’abbiano convinta che il tesoretto sta proprio sotto il suo naso. Basta allungare la mano per recuperare i fondi di cui la ricerca italiana ha drammaticamente bisogno.

Ma forse ciò che manca non sono le prove dell’esistenza di un anomalo tesoretto alimentato da denaro pubblico versato nelle casse di una fondazione di diritto privato. Ciò che manca è la volontà di toccarlo, dando un dispiacere a chi sembra essere più forte del ministro stesso.

Una subalternità difficile da giustificare nell’aula del Senato. Difficile al punto che negare l’evidenza deve essere sembrata la soluzione meno peggio.

Qualcuno potrebbe domandarsi a quale delle sue celebri caricature si ispirerebbe Forattini, se dovesse disegnare quella dell’attuale Ministro del MIUR.

Noi un’idea ce l’avremmo...


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