Il 2017 potrebbe rivelarsi un anno cruciale per il
futuro dell’Iran e del Medio Oriente in senso ampio. A maggio di
quest’anno, infatti, si terranno le elezioni presidenziali e i mutamenti
avvenuti a livello globale e d’area negli ultimi mesi, potrebbero
influire in maniera significativa sulla tornata elettorale. Allo stesso
tempo, con l’accrescersi della capacità di Teheran di diventare punto
focale delle dinamiche geopolitiche internazionali, un avvicendamento
della dirigenza nazionale alla guida del Paese potrebbe indurre un
repentino sconvolgimento degli equilibri mondiali.
L’Iran, dopo l’elezione di Hassan Rowhani, ha,
infatti, progressivamente ampliato il proprio range di intervento e, ad
oggi, ricopre un ruolo centrale in tutte le principali questioni che
investono l’area. La dirigenza moderata, infatti, è riuscita a
mantenere solidi rapporti con gli alleati di sempre e a presentarsi a
livello globale come un interlocutore credibile ed indispensabile per la
stabilizzazione dell’area: dalla guerra in Siria ai conflitti in Yemen e
Bahrain così come nel management del settore petrolifero, Teheran può
oggi essere considerata l’ago della bilancia di un sistema mediorientale
in riassestamento.
Una eventuale vittoria della componente conservatrice
potrebbe, però, mutare questo equilibrio e gli ultimi avvenimenti
sembrano aver creato il terreno necessario perché questo avvenga. Da un
lato l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti e il continuo
richiamo dell’amministrazione entrante alla necessità di rivedere
l’accordo sul nucleare hanno dato nuova forza all’ala conservatrice
incarnata in primo luogo dall’Ayatollah Ali Khamenei, ridimensionando la
capacità di intervento del Governo Rowhani.
Dall’altro, la morte dell’ex Presidente Akbar Hashemi
Rafsanjani sembra aver privato i moderati di una delle figure più
autorevoli del proprio schieramento. In questo senso, molti analisti si
sono interrogati sulla capacità di Rowhani di mantenere un’ampia base
elettorale in mancanza di un padre spirituale del calibro di Rafsanjani,
in particolare in un momento in cui le sfide della politica
internazionale mettono a dura prova la solidità della posizione iraniana
nell’area.
Sarebbe, però, riduttivo valutare la situazione senza
considerare parallelamente le dinamiche sottese alla ragnatela di
alleanze che sempre più sembra avvolgere l’area mediorientale. La
partecipazione delle forze iraniane nella guerra civile siriana al
fianco del Governo Assad e della Russia oltre alla riapertura di tutti i
principali canali commerciali da e per la Persia grazie allo sblocco delle
sanzioni potrebbero, infatti, aver messo Teheran al riparo da eventuali
conseguenze negative in caso di revisione da parte statunitense
dell’accordo sul nucleare.
Dal punto di vista politico, il meeting sulla
questione siriana che si terrà ad Astana (Kazakistan) il 23 gennaio,
potrebbe costituire una vittoria diplomatica per il Governo Rowhani.
A prescindere dai possibili risultati dell’incontro e dai futuri
rapporti tra le potenze coinvolte date le diverse posizioni assunte su
numerose questioni e la fragilità delle alleanze attualmente vigenti, il
coinvolgimento nei colloqui rappresenta un innegabile riconoscimento
del ruolo iraniano nel presente e nel futuro dell’area.
Parallelamente, Teheran, in questi
ultimi mesi, è riuscita a intessere nuovi legami economici a livello
globale che le permetterebbero di differenziare la propria economia
anche alla luce dell’accordo di riduzione della produzione petrolifera
firmato in sede Opec. Per quanto i dati dicano che l’estrazione del
greggio iraniano continua a crescere grazie alla cancellazione dei
vincoli di esportazione ed alla parziale esenzione dalle limitazioni
decisa proprio a compensazione del lungo periodo di inattività causato
dalle sanzioni, la necessità di trovare nuovi canali di investimento
sembra essere una priorità dell’attuale Governo.
In questo senso si leggano
investimenti come quello previsto per la costruzione di una grande
struttura farmaceutica azero-iraniana a Baku in Azerbaijan o i numerosi investimenti nelle energie rinnovabili in collaborazione con imprese cinesi in territorio iraniano. Da questo punto di vista, le
relazioni economiche, da un lato, potrebbero permettere a Teheran di
creare nuove alleanze diplomatiche utili a rendere inefficaci eventuali
iniziative di chiusura di potenze internazionali come gli Stati Uniti o
di competitor regionali come l’Arabia Saudita o la Turchia.
Dall’altro, la stabilizzazione dell’economia interna potrebbe rafforzare
la posizione del Governo in carica, permettendo a Rohwani di
raccogliere i frutti delle proprie politiche al momento del voto.
Le variabili che potrebbero mutare questo quadro
sono, però, numerose e solo valutando in itinere gli eventi dei prossimi
mesi, si potrà giungere ad un’analisi adeguata del voto e delle
conseguenze dello stesso per l’Iran e per tutta l’area mediorientale.
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