Come è stato segnalato su Repubblica, in uno dei rari commenti pertinenti al suo discorso, Juncker sa bene qual è la direzione che la forza delle cose imporrà all’Europa.
È necessaria quindi un analisi non solo della sua relazione – di cui riportiamo ampli stralci non tradotti negli articoli usciti sui media nei giorni successivi – ma anche della lettera d’intenti al Presidente A. Tajani e al Primo Ministro J.Ratas che ha preceduto il suo intervento, in cui sono contenuti alcuni aspetti rilevanti non presenti nel suo discorso, nonché la Road Map che ha elaborato e le più articolate spiegazioni contenute nella Brochure.
Le indicazioni di questi testi devono essere naturalmente contestualizzate all’interno dell’intenso lavoro condotte dalle varie istituzioni dell’UE quest’anno.
Naturalmente, in questo contributo non può che essere fatto un lavoro di sintesi parziale sugli aspetti più significativi dell’indirizzo politico prossimo futuro della UE.
In prima istanza, vi è un accento forte sull’importanza del miglioramento del processo decisionale secondo una procedura “meno consensuale” di quella finora intrapresa, attingendo dalle possibilità già previste: le cosiddette clausole “passerella” che permettono una votazione a maggioranza qualificata, senza quindi l’unanimità, in determinati settori – se il capo del Governo o dello Stato dei singoli Stati Membri lo consentono – restando all’interno della cornice dei trattati vigenti.
Allo stesso tempo viene fatta emergere la necessità di stabilire una gerarchia precisa tra ciò che ha un maggior rilevo, all’interno delle priorità che si deve dare l’UE e su cui bisogna effettivamente lavorare per non congestionarne l’operato, relegando le questioni meno rilevanti alle possibilità decisionali dei singoli stati membri.
L’Ue prospettata da Juncker deve essere big in big issues, and small in small ones...
In sintesi una accelerazione delle facoltà decisionali della UE ed una sua ulteriore “verticalizzazione”, blindando le possibilità di scelta su temi rilevanti e azzerando la prospettiva di revisione, anche parziale, dei trattati.
Le parole di Juncker stanno dentro la cornice concettuale dell’output democracy riformulata da Draghi, in cui la legittimità della sovranità non sta nella rappresentanza ma nell’efficacia della forma di governo.
Sono interessato alle riforme istituzionali – dichiara infatti – se contribuiscono all’efficienza dell’Unione.
La cessione sempre più ampia delle capacità di prendere decisioni rilevanti, spostandone i centri sempre più lontani dalla possibilità di controllo – al di là della retorica su trasparenza e coinvolgimento nel dibattito, sbandierati da Juncker – rendono calzante la definizione di offshore democracy, dove il quadro politico nazionale – almeno per l’Italia – sempre più allineato alle esigenze delle oligarchie europee svolge un ruolo del tutto consultivo, anche in considerazione della reale catena di comando decisionale all’interno della UE.
Un altro aspetto importante sta nel volere rimarcare la necessità di far coincidere in un unico insieme con le medesime caratteristiche i vari raggruppamenti di cui fanno parte gli Stati che sono parte o ruotano attorno al progetto europeo (Zona Euro, Unione Europea, Spazio Economico Europeo, Spazio Schengen), da cui tra l’altro sono esterni gli stati che sono considerati da Juncker gli apripista per l’estensione della UE nei Balcani Occidentali: quali Serbia e Montenegro, e che attualmente sono all’interno del Consiglio d’Europa.
Quindi un processo di “omogenizzazione” tra Stati che cessano di far parte di diversi raggruppamenti ma saranno parte di un medesimo gruppo.
Entrando poi nel merito delle questioni si vede l’importanza della politica economica della UE nel pacchetto di proposte di Juncker. La prima tranche da discutere all’interno della Road Map fornita da Juncker riguarderà proprio i temi economici-finanziari.
A inizio dicembre di questo anno sarà discusso il pacchetto di proposte che contiene tra l’altro – citiamo integralmente – :
- La trasformazione dell’European Stability Forum (ESM) in un Fondo Monetario Europeo;
- La creazione di una budget dedicato dell’area euro all’interno del Budget della UE che assicuri quattro funzioni: 1) assistenza per le riforme strutturali, 2) la funzione di stabilizzazione, 3) una copertura per il sistema bancario della UE, 4) uno strumento di convergenza per fornirne una assistenza “pre-accesso” agli Stati Membri non dell’Area Euro;
- Creazione di un Ministro Europeo dell’Economia e della Finanza;
Si tratta di una ulteriore centralizzazione della facoltà di decisione delle politiche economiche, trasformando tra l’altro un istituto come l’ESM – di recente creazione e che ha visto notevolmente aumentate le sue prerogative – in un “Fondo Monetario” (simile al FMI), e che di fatto aumenterà l’autonomia della UE, o meglio la sua capacità di giocare un ruolo di global player all’altezza dei tempi.
In questo senso le ricette di Juncker, erano state anticipate e spiegate all’opinione pubblica tedesca da Klaus Regling, managing director dell’ESM, con un articolo dal titolo significativo: “come rendere l’Unione Monetaria più robusta”, pubblicato sul Frankfurter Allgemeine Zeitung l’11 agosto di quest’anno. Anche la dettagliata relazione di valutazione del capo economista dell’ESM, Rolf Strauch, a Vienna il 13 settembre, va nella stessa direzione. Nell’articolo di Regling viene ribadita la centralità dell’Euro di fronte al ruolo che riveste l’Ue nell’attuale assetto economico mondiale:
“Con l’Euro, l’Europa ha acquisito rilevanza a livello globale che gli stati singoli non avrebbero potuto più avere. Nel 1970, l’Europa contribuiva per il 32 per cento all’economia globale – oggi è il 23 per cento. Nel 2050, questa percentuale è prevista che diminuisca al 9%. Le singole nazioni – anche le grandi economie europee come la Germania – avrebbero difficilmente continuato a contare ancora se fossero rimaste da sole.”
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Bisogna ricordare che nell’anno del 60° anniversario della firma del trattato di Roma, poco prima dell’incontro capitolino, era stato elaborato un documento: Il libro bianco sul futuro dell’Europa, pubblicato il 1° marzo, che tra l’altro formulava 5 possibili scenari per l’Unione Europea a 27 verso il 2025.
Il testo prospettava non una scelta univoca delle politiche da intraprendere tra le possibilità offerte nei cinque differenti scenari, ma la facoltà di una combinazione tra le varie opportunità contenute in ognuno di questi.
Questo testo è poi servito come bozza di discussione svoltasi nei mesi successivi per capire che cammino intraprendere praticamente, le proposte di Juncker sembrano essere una sintesi avanzata degli scenari ipotizzati: my scenario six, dichiara espressamente Juncker.
Il libro bianco, come premessa, ricordava una serie di fattori rilevanti riguardanti l’UE che è bene riportare: decremento del proprio contributo demografico alla crescita globale (da un 1/4 della popolazione mondiale nel 1900 a solo il 6%), la diminuzione del contributo al PIL Mondiale (passato dal 26% nel 2004 al 22% nel 2015, e destinato a diminuire), il peso inferiore dell’Euro, nessun incremento degli Stati Membri nel prossimo futuro... Con una età media nel 2030 di 45 anni l’Europa sarà diventata la zona più vecchia del mondo.
Altri dati significativi riportati nel Libro, sono la previsione delle spese militari per singoli stati nel prossimo futuro, fortemente in aumento, la mobilità interna alla UE (che riguarda 1 milione e 700 mila persone), mentre il flusso dei profughi è stato pari a 1 milione e duecentomila persone nel 2015.
In ognuno degli scenari ipotizzati – a parte l’architrave economica che sostanzia la ratio della UE e che rimane tale anche nell’ipotesi più di “basso profilo” prospettata – tre sono i pilastri su cui si decideranno i destini dell’Europa e le materie di decisioni più pregnanti: immigrazione, sicurezza, difesa.
Questi aspetti, oltre alla Ricerca e Innovazione – per cui si cita l’ambizioso progetto europeo Horizon 2020 – sono quelli necessari per fare si che l’UE divenga un attore globale a tutti gli effetti.
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Veniamo ora al discorso e alla lettera d’Intenti.
Innanzi tutto vi è una premessa che è un bilancio positivo del lavoro svolto.
Un incremento del PIL del 2%, otto milioni di posti di lavoro creati e altrettanti persi.
L’European Investement Plan, che garantisce 225 miliardi a 445.000 imprese a cui è stato assicurato un prestito, oltre agli investimenti in 270 progetti infrastrutturali.
Una UE che assume un ruolo di primo piano negli investimenti all’interno dei propri perimetri e che gioca a tutto campo la possibilità di allocare risorse.
Sul versante del commercio, si ricordano gli accordi conclusi con il Canada e il Giappone, la probabilità di concludere accordi con il Messico e alcuni stati dell’America Latina, nonché la proposta di aprire negoziati per il commercio con l’Australia e la Nuova Zelanda.
Sulla politica commerciale Juncker è assertivo: noi siamo libero-scambisti naif. Specificando che l’Europa deve sempre difendere i suoi interessi strategici. Ecco perché oggi stiamo proponendo una cornice europea per il monitoraggio degli investimenti. Se una azienda straniera posseduta dallo Stato vuole comprare un porto europeo, parte dell’infrastruttura energetica o una azienda che produce tecnologia per il settore militare, questo dovrà avvenire solo in assoluta trasparenza, attraverso il dibattito e un attento vaglio. È una responsabilità politica sapere cosa sta avvenendo nel nostro cortile di casa così che possiamo proteggere la nostra sicurezza, se è necessario.
Un ruolo di primo piano quindi anche nel commercio internazionale, stabilendo una politica commerciale autonoma in grado di proiettarsi nel quadro della competizione globale, anche oltre le tradizionali zone d’influenza geograficamente più contigue.
Vi è una enfasi nel proporre una nuova politica industriale strategica con particolare riferimento all’industria automobilistica e al paventato ruolo di leadership nell’innovazione in questo settore.
Ma basta vedere come sta evolvendo la vicenda Fincantieri per comprendere che le aspettative di conquistare fette di mercato a livello globale con aziende competitive su quel piano è un progetto prioritario: l’ipotizzata creazione di una unica azienda europea italo-francese che costituisca un polo unico della cantieristica in grado di fare concorrenza ai cantieri della Corea del Sud e a quelli cinesi non è così peregrina.
Un tema molto sentito è quello della protezione digitale: gli attacchi informatici possono essere più pericolosi per la stabilità delle democrazie e delle economie che le pistole e i carri armati.
In virtù di questo, si prospetta la creazione della Agenzia Europea per la Cyber sicurezza, che affronti “la fragilità” attuale, vista la criticità dimostrata in questo delicato aspetto per una economia che dipende largamente e sempre di più dall’efficienza informatica, e pensiamo che questo particolare non riguardi anche la limitazione della comunicazione in Rete in senso più generale.
Riguardo all’immigrazione Juncker dice:
“Stiamo proteggendo i confini europei più efficacemente. Più di 1.700 membri della guardia di confine e guardia costa europea stanno aiutando i 100.000 addetti al monitoraggio dei confini degli stati membri che pattugliano in luoghi come la Grecia, l’Italia, la Bulgaria e la Spagna. [...] Siamo riusciti ad arginare il flusso irregolare dei migranti, che era un motivo di grande preoccupazione per molti. Abbiamo ridotto gli arrivi irregolari nel Mediterraneo Orientale del 97% grazie al nostro accordo con la Turchia. E questa estate siamo riusciti ad avere maggiormente sotto controllo la via di passaggio del Mediterraneo Centrale con l’81% degli arrivi in meno allo stesso mese dell’anno prima.”
I giornali italiani hanno abbondantemente riportato i ringraziamenti al governo Gentiloni e Juncker cita positivamente il ruolo svolto di addestramento della guardia costiera libica.
Dice che sono stati ospitati o ricollocati 770.000 richiedenti asilo, e solo circa un terzo degli immigrati irregolari viene rimpatriato.
Propone una politica che combini la possibilità di un flusso regolare di immigrati, al rimpatrio degli irregolari e all’aumento di fondi di aiuto ai paesi africani.
La proposta è la creazione di un flusso legale di immigrati qualificati che potranno godere di una “Blue Card” per stare in UE.
L’immigrazione è all’8° punto della lettera d’intenti in cui viene prefigurata:
“una celere adozione da parte dei co-legislatori di un Sistema d’Asilo Europeo Comune riformato, includente la riforma del Sistema di Dublino, la creazione di una nuova Agenzia d’asilo, la riforma dell’Eurodac, la revisione delle condizioni di accoglienza, le qualifiche per ottenere l’asilo e le procedure di richiesta, così come la cornice europea delle ricollocazioni.”
Rispetto al lavoro afferma: in una Unione di uguali, non ci possono essere lavoratori di serie B. I lavoratori devono guadagnare la stessa paga per lo stesso lavoro nello stesso posto e propone la creazione di una Authority del lavoro.
La creazione di una Unità di Intelligence Europea è parte integrante del suo discorso. E la politica Anti-Terror della UE per il suo percorso ed i suoi sviluppi ha bisogno di un contributo analitico a parte.
Due aspetti rilevanti, riguardo alla politica energetica, non direttamente trattati nel suo discorso, ma presenti nella lettera d’intenti sono:
“Seguire l’aspetto solidale dell’Unione Energetica, includendo: una proposta di regole comuni per le pipelines del gas che entrano all’interno del mercato del gas europeo; e rapido aumento dei progetti di interesse comune necessari per la connessione dei mercati dell’energia europea.
Sulla base del forte mandato del Consiglio (secondo lo schema consigliato dalla Commissione il 9 giugno del 2017), intavolare i negoziati con la Russia sui principi chiave per l’operatività del progetto di Pipe-Line del gas Nord Stream 2.”
Oltre ad un accenno al Trattato europeo sul nucleare.
Su un altro aspetto centrale, quale il fabbisogno energetico, l’UE intende quindi giocare sempre più il ruolo di attore unico.
Un ultimo punto che vogliamo citare, della lettera d’intenti, è il punto 9 che riguarda la politica di Difesa.
Questo punto si riallaccia alle riflessioni contenute in un documento del 7 giugno di quest’anno della Commissione Europea dal titolo Documento di riflessione sul futuro della difesa europea che porta in calce anche la firma di Federica Mogherini, e a cui rimandiamo per comprendere come sia un aspetto del tutto centrale dell’azione della UE
In questo punto si auspica una veloce approvazione da parte dei co-legislatori di un Programma Europeo di Sviluppo Industriale della Difesa, oltre a dare seguito al Piano d’Azione Europeo della Difesa, in particolare con un focus sull’aumento del Fondo Europeo per la Difesa che includa gli strumenti fiscali.
Se questa è l’agenda politica che le oligarchie della UE vogliono realizzare, appare chiaro come qualsiasi discorso che non faccia del suo contrasto un aspetto centrale della lotta delle classi subalterne, e di chi tenta faticosamente di dargli rappresentanza politica adeguata, soffre di una miopia che non permette di vedere e di far vedere il profilo del “nemico”.
Senza una corretta valutazione dello stato dell’arte del processo di avanzamento complessivo della UE, si corre il rischio di rimanere “disarmati” analiticamente e di rimanere inadeguati organizzativamente.
La Piattaforma Eurostop esiste per raccogliere questa sfida...
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https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/state-union-2017-brochure_en.pdf
https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/libro_bianco_sul_futuro_dell_europa_it.pdf
https://www.esm.europa.eu/interviews/how-make-monetary-union-more-robust
https://www.esm.europa.eu/speeches-and-presentations/rolf-strauch-presents-esm-evaluation-report-vienna
https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/reflection-paper-defence_it.pdf
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