Il timore di un isolamento mortale intorno al Kurdistan iracheno
cresce tra i vertici del Governo regionale del Kurdistan, il Krg.
Secondo quanto riportato stamattina dal quotidiano arabo basato a
Londra, Asharq Alawsat, il presidente Barzani avrebbe inviato
al vice presidente iracheno, Ayad Allawi, una lettera nella quale si
dice “pronto” a cooperare per evitare la rottura.
Nella missiva Barzani parlerebbe di un congelamento
dell’indipendenza di “due anni durante i quali costruire un dialogo
nazionale che affronti tutte le questioni per renderci partner nella
costruzione del futuro dei nostri popoli”.
Di due anni di tempo per la realizzazione dell’indipendenza Barzani
aveva già parlato prima del voto di lunedì scorso, ma stavolta sembra
che i toni siano cambiati. Erbil sta già subendo le prime
sanzioni dei potenti vicini ed è consapevole della propria debolezza
economica per poter sopravvivere, vaso di coccio in mezzo a tanti vasi
di ferro.
Da oggi alle 18, infatti, i voli da e per la capitale del Kurdistan
iracheno saranno sospesi. Da giorni cittadini stranieri fanno la fila
negli scali di Erbil e Suleymaniya per trovare un volo e lasciare la
regione, un embargo aereo a cui hanno aderito tutte le compagnie che
operano nella zona. La decisione segue all’appello del premier iracheno
al-Abadi che ha chiamato all’isolamento di Erbil dopo aver ripetutamente
chiesto a Barzani di cedere il controllo degli scali internazionali a
Baghdad.
Ma a muoversi di più è la Turchia, alleato di ferro di Erbil che oggi
si sente tradito da un passo che non approva perché capace di ribaltare
le ambizioni di Ankara nella regione mediorientale. La Turchia non è tanto mossa dalla paura di simili spinte da parte della propria minoranza kurda
– Ankara non è Baghdad in termini di potenza militare e il Kurdistan
turco non gode dell’autonomia che dagli anni ’90 caratterizza lo status
legale del Krg – quanto dal timore di uno sgretolamento dei piani per il futuro dell’Iraq:
uno Stato federale diviso in aree amministrative su base etnica in cui
una regione autonoma kurda alleata di Ankara sia ponte per gli interessi
turchi nell’area amministrativa sunnita.
Ieri il primo ministro turco Yildirim ha chiesto ai governi
iracheno e iraniano di incontrarsi per coordinare la risposta al
referendum: “Stiamo pianificando di vederci nel prossimo futuro
per coordinare le misure da prendere. Vogliamo un summit a tre”. Il
dialogo procede già: Yildirim ha discusso con al-Abadi della questione
energetica e, secondo Baghdad, la Turchia ha deciso di
acquistare petrolio direttamente dal governo iracheno, bypassando Erbil e
l’oleodotto che arriva al porto mediterraneo di Ceyhan.
Insomma, la stessa misura ma al contrario presa qualche anno fa, nel
2015, quando Erbil ha cominciato a esportare in autonomia il greggio di
Kirkuk senza condividere vendite e profitti con Baghdad. Un bacino con
una capacità di 500mila barili di petrolio al giorno la cui sospensione
farebbe collassare la fragile economia kurda, strangolata da una grave
crisi economica e mancata auto-sufficienza nel settore agricolo industriale.
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