Sul caso dello stupro delle studentesse americane da parte di due carabinieri si sono versati fiumi di inchiostro e interminabili servizi televisivi. Nel coro unanime delle condanne e delle esecrazioni si distingue tuttavia una voce solista che – sulle pagine del Corriere della Sera di giovedì 14 settembre – ha espresso un punto di vista decisamente originale sulla vicenda. Mi riferisco a un articolo dal titolo “Quella violenza a Firenze e il nuovo volto delle città”, firmato da Federico Fubini, che offre una lettura per dir così “economica” della vicenda.
Doverosamente espresse le condanne di rito, Fubini indirizza infatti la sua riflessione in tutt’altra direzione: non è forse vero, si e ci chiede, che le ragazze hanno dovuto accettare il passaggio perché non avevano altro modo di rientrare a casa? E ciò è dovuto al fatto: 1) che a Firenze (città che in alta stagione ospita centinaia di migliaia di turisti al giorno), in ogni momento circolano al massimo quattrocento taxi; 2) che per quanto pochi i taxisti (spalleggiati dai sindacati – che, si sa, per il Corriere sono “corporativi” per definizione –) sono riusciti a far sì che la città cacciasse Uber, penalizzando questo servizio innovativo con multe, balzelli e vincoli burocratici di ogni genere (per il Corriere anche le pubbliche amministrazioni, soprattutto se di sinistra, sono per definizione contro l’innovazione tecnologica e il libero mercato). “Avesse funzionato, commenta il nostro, alle due americane sarebbe bastato un tocco dello smartphone per andare a dormire sane e salve”.
Ma il ragionamento non finisce qui perché, avverte Fubini, c’è poi un contesto più ampio: “Il matrimonio fra i flussi turistici e le grandi piattaforme tecnologiche sta generando una trasformazione sociale e geografica delle città italiane di cui Firenze è emblematica”. Se per esempio cercate su Airbnb opportunità di locazione a breve, vedrete apparire un elenco di 8500 voci.
Proseguendo nella lettura emerge un quadro chiarissimo che cercherò ora di sintetizzare con altre parole (senza nascondere la mia tendenziosità di trinariciuto antiliberista). L’Italia, già sottoposta dalle sue élite politiche ed economiche a decenni di radicale deindustrializzazione (le nostre grandi imprese industriali si contano sulle dita di una mano), ha subito il colpo di grazia dalla crisi, come testimonia il nostro tasso di disoccupazione. Ma niente paura perché da noi “il patrimonio delle famiglie vale quasi nove volte il reddito nazionale di un anno”, ecco quindi che “con un Paese bellissimo, il turismo globale e i giganti del web che rendono tutto facile, si sta formando un ceto di italiani che fa quadrare i bilanci familiari grazie agli affitti tramite Airbnb e simili”. Questo, dice Fubini, non è di per sé un male (anche se ammette che gli effetti sono l’espulsione dei nativi, la gentrificazione dei centri storici e, aggiungiamo noi, la creazione di una forza lavoro uberizzata, senza diritti e costretta al precariato sistematico e al multitasking di sopravvivenza, nonché uno strato di piccoli rentier che vivono come parassiti delle briciole che cadono dal tavolo dei grandi rentier digitali). Certo, aggiunge e conclude, a tutto ciò occorre sapersi adattare aprendoci al libero mercato, all’innovazione tecnologica e superando “l’arretratezza dei costumi di alcuni nostri connazionali”.
Volendo allargare ulteriormente il punto di vista: Italia, Spagna (per tacere della Grecia) sono destinate, dalla divisione del lavoro che viene loro imposta dalla Ue a trazione tedesca, a trasformarsi sempre più in parchi divertimento per i turisti del Nord del mondo (o anche per ricchi cinesi e oligarchi russi). E il lavoro? Ci si accontenti di fare gli operatori turistici e/o di lavorare per i servizi a basso costo (e a basso salario) da offrire agli ospiti; oppure, se proprio si pretende di svolgere lavori all’altezza degli studi effettuati, si emigri verso lidi più ospitali (ammesso che ancora ne esistano). Ma soprattutto si acquisiscano opportune doti di servilismo nei confronti dei visitatori (ricordate il detto “Francia o Spagna purché se magna?” anche se oggi andrebbe sostituita la Spagna con l’Alemania, che conserva anche la rima) e, onde evitare di accumulare troppa rabbia e frustrazione, ci si sfoghi sui migranti.
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