Ancora molto contenute le reazioni ufficiali russe al risultato del voto tedesco, tanto che, ad esempio, Tass e Interfax si limitano a prendere atto che Frauke Petry, portavoce di AfD, ha rinunciato a entrare nella frazione parlamentare di quella che, secondo tutte le previsioni della vigilia, è diventata davvero la terza forza del paese. Secondo la Tass, Petri, esponente dell’ala “moderata” di AfD, già in campagna elettorale sarebbe entrata in disaccordo con gli esponenti più radicali del partito di estrema destra, primo fra tutti il candidato premier Aleksander Gauland, distintosi nelle settimane scorse per aver chiamato a onorare i soldati della Wehrmacht.
Più diretti, invece, alcuni spunti di agenzie semiufficiali. Due per tutte, che esprimono posizioni differenti solo nei toni. Rusvesna.su, ad esempio, l’agenzia russa in prima linea nell’informare sugli avvenimenti in Donbass, titola sarcasticamente “Willkommen!” e nota che, per la prima volta, “dal 1945 l’ultradestra è al potere in Germania”, riportando quanto detto alla vigilia dal Ministro degli esteri Sigmar Gabriel, che “i nazisti, dalla fine della Seconda guerra mondiale, siederanno oggi nel parlamento tedesco”.
Ricordando la soddisfazione di Gauland, per aver portato in parlamento, al secondo tentativo, quelli che i media mainstream definivano “feccia bruna” e “pietosi nazisti”, Rusvesna scrive che il risultato di AfD è giudicato una catastrofe dagli altri partiti. Se in “altri paesi europei l’ultradestra siede da tempo in parlamento, in Germania, patria del nazismo, si era sempre fatto di tutto perché ciò non avvenisse”, scrive l’agenzia, tacendo però sulle scelte, a partire da quelle sociali e antioperaie dei socialdemocratici di Gerard Schröder, a quelle “europeiste” di Angela Merkel, che hanno dirottato il voto di alcuni strati popolari e di diverse circoscrizioni negli ex Länder orientali, desertificati dopo l’annessione del 1989, verso orientamenti razzisti e xenofobi.
Rusvesna presenta AfD quale “partito abbastanza giovane. Fondato nel 2013, ha immediatamente chiarito le sue priorità: uscita dall’Eurozona, rifiuto di aiutare i paesi in bancarotta e lotta contro l’islamizzazione della società” e ammette che il partito “si è trovato in sella, di fronte alla crisi migratoria che ha avvolto l’UE, giocando sui timori della gente e attirando al voto anche quei tedeschi che in passato non andavano alle urne”. In sei mesi, AfD ha saputo mirare “sia alle frange più radicali, anziane e nazionaliste con Gauland, sia a quelle più moderate, giovani, ai businesmen e “alternativi” con la lesbica dichiarata Alis Vajdel”.
Oltre al trionfo dell’ultra-destra, scrive Rusvesna, altro importante risultato è la sconfitta della SPD. “La più vecchia formazione della RFT dell’ultimo quarto di secolo non ha potuto recuperare la prolungata crisi. I Socialdemocratici non hanno avuto praticamente nulla da offrire agli elettori. E sono sempre più accusati di aver perso la faccia, fondendosi di fatto coi conservatori di CDU/CSU, con cui erano nella “grande coalizione” di governo”. Non ha aiutato il partito nemmeno la tardiva “svolta a sinistra” di Martin Schulz.
Rusvesna ricorda anche come nei dibattiti pre elettorali quasi tutti i partiti si siano espressi per un miglioramento dei rapporti con Mosca e, comunque, gli oltre cinque milioni di tedeschi di lingua russa avrebbero votato per lo più per AfD. In ogni caso, conclude l’agenzia, sarà “importante per Mosca, in caso di “coalizione Jamaica”, quale sarà il “partner minore della coalizione: tradizionalmente, infatti, proprio a questo va il Ministero degli esteri. La variante peggiore per la Russia, sarebbe quella di un Ministero in mano al leader dei Verdi, Jem Özdemir, noto per la sua retorica antiturca e antirussa. Più accettabile sarebbe il leader liberale Christian Linder, che di recente ha dichiarato che la Crimea è russa”.
Di carattere più diretto il commento del sito Vzgljad che, già nel titolo, si caratterizza per una aperta simpatia per AfD: “Le elezioni in Germania scorrono fluidamente verso un’insurrezione degli antifascisti”, irridendo con ciò alle manifestazioni che già ieri sera si sono svolte in molte città tedesche contro l’affermazione dell’ultradestra. “I radicali di sinistra sono scesi in strada. Ora in Germania si attendono scontri e pogrom da parte di coloro che si definiscono antifascisti”. Gli sforzi “della stampa sinistro-liberale hanno fatto sì” scrive Vzgljad, “che ogni cittadino progressista sia stato letteralmente costretto ad accogliere i rifugiati in Germania. Coloro che dubitano che milioni di migranti meritino indennità generose e alloggi gratuiti, sono stati definitivamente emarginati negli ultimi due anni”. E così, molti tedeschi sono andati al voto “non tanto per appoggiare il partito di governo, quanto per votare contro AfD, l’unica forza che chiami a un radicale ripensamento della politica migratoria”.
Tuttavia, “la vittoria dell’establishment è stata seriamente viziata: i tradizionali partiti hanno riportato risultati piuttosto bassi”, in confronto al terzo posto di AfD, piazzatasi seconda negli ex Länder orientali e addirittura prima in varie circoscrizioni di uno di questi, la Sassonia. “L’attacco mediatico contro AfD” lamenta Vzgljad, “viene condotto su tutti i fronti e somiglia molto alle accuse mosse a suo tempo al Front National di Marine Le Pen alle presidenziali in Francia”. Un “paragone assolutamente offensivo” scrive poi Vzgljad, “è quello di chi sottolinea come AfD sia il primo partito nazionalista nel parlamento tedesco dal 1949, quando diversi seggi andarono al Partito di Destra della Germania. Quel partito era costituito da ex nazionalsocialisti, mentre AfD sta solo cercando di difendere l’identità culturale della Germania dall’influenza dell’Islam e i pacifici bürger dalle caterve di migranti. D’altra parte, ogni appello di AfD a fermare la migrazione illegale è sempre bollato dagli oppositori come “nazismo” e “razzismo”.
Il 9 settembre scorso Der Spiegel scriveva che, a due settimane dal voto, “il 46% dell’elettorato è ancora indeciso sulla scelta”, buona parte della “popolazione si sente non rappresentata o abbandonata dai partiti” e la maggioranza della parte “orientale della stessa capitale Berlino si sente di 2° classe”. In tale situazione, era abbastanza logico che determinate forze – e tra queste, nei fatti se non nelle dichiarazioni, anche quelle di governo – incanalassero contro i migranti il malcontento di quelle periferie, di quei settori declassati, dei lavoratori impoveriti dalle scelte di tutti i governi negli ultimi 30 anni. I risultati nei Länder della ex DDR, i più sottoposti a tale scempio, lo ha dimostrato.
Il voto per “proteggere l’identità culturale della Germania” minacciata “dall’influenza dell’Islam”, con buona pace di Vzgljad, ha ben altre radici.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento