Di seguito si trasmettono alcune valutazioni sul risultato delle elezioni tedesche svoltesi il 24 Settembre, nel tentativo di verificare gli scostamenti sulla base delle cifre in numeri assoluti e non soltanto sulle percentuali.
1) Il primo dato che emerge riguarda la tenuta del sistema nel suo complesso, almeno del punto di vista della partecipazione elettorale. La Germania è attraversata da alcune contraddizioni di grandissimo rilievo, da quella riguardante il flusso dei migranti, all’emergere di un livello di disuguaglianza sociale molto forte al punto di verificare il fenomeno di un vero e proprio “abbandono” da parte dello stato sociale di interi strati di popolazione, al consolidarsi di forti differenze tra una parte e l’altra del Paese a distanza di oltre venticinque anni dalla riunificazione tra BDR e DDR. Ciò nonostante i tedeschi hanno partecipato al voto in misura massiccia, anche se il sistema elettorale tedesco non è costruito sull’idea (tanto agognata dalle nostre parti) che alla domenica sera si debba già sapere chi ha vinto, chi sarà il primo ministro che governerà per 5 anni. Si è verificato, infatti, un incremento in valori assoluti e in percentuale del totale dei voti validi (riferimento di tutti i dati la parte proporzionale delle espressioni di voto). Data la partecipazione complessiva (inclusi coloro che hanno espresso voto bianco o nullo per un totale di 851.992 suffragi mancati) al 76,16%, i voti validi si sono incrementati tra il 2013 e il 2017 di 2.016.842 unità passando da 44.309.925 a 46.326.767;
2) Il secondo dato da rilevare è quello che riguarda la maggior concentrazione del voto sui 6 partiti principalih. Nel 2013, infatti, i voti dell’Unione tra CDU – CSU, SPD, Linke, Verdi, FDP e AFD assommarono a 41.009.065 (92,55% sul totale dei voti validi) e FDP e AFD restarono esclusi dal Bundestag. Nel 2017 la somma di voti raccolti dai sei partiti in questione è stata di 44.002.541 pari al 94,98% del totale dei voti validi. Riscontriamo quindi una maggiore concentrazione nel voto in presenza di un allargamento nella presenza in Parlamento da 4 a 6 partiti. Altro dato che non pare spaventare i tedeschi almeno dal punto di vista del numero dei partiti partecipanti all’arco parlamentare. Altro paio di maniche ovviamente la valutazione politica relativa all’ingresso dell’AFD nella sfera parlamentare che suscita sicuramente inquietudine per la dimensione inusitatamente massiccia del voto;
3) Acclarata quindi la tenuta del sistema almeno dal punto di vista della partecipazione elettorale appare evidente, come notato dai tutti i commentatori davanti alla realtà delle cifre, il secco spostamento a destra, che meglio è evidenziato dalle cifre assolute. L’Unione tra Cristiano Democratici e Cristiano Sociali scende, infatti, da 18.165.446 voti a 15.315.576 segnando un meno 2.849.870 pari al 15,39% del proprio elettorato. Tra l’altro appare netto il calo della CSU in Baviera: il partito “storico”, che fu di Strauss, nel suo Lander d’elezione nel 2013 aveva ancora sfiorato la maggioranza assoluta con il 49% e adesso, invece, si restringe al di sotto del 40% con il 38,8%. Sul piano nazionale la SPD scenda da 11.252.215 suffragi a 9.358.367 con un meno 1.893.848 pari al 16,84% del proprio elettorato. Si può affermare, in sostanza che il calo delle due forze impegnate nel governo di “grossekoalition” è stato tutto sommato omogeneo tra di esse e non si rileva un particolare “crollo” dell’SPD in questo senso: il dato del calo della socialdemocrazia appare sicuramente enfatizzato dall’aver toccato in questo frangente il proprio minimo storico, dopo essere apparsa del tutto subalterna ai democristiani nell’azione di governo e aver propiziato – a suo tempo – guidando l’esecutivo il dramma della crisi dello stato sociale. Naturalmente il modesto incremento fatto segnare dalla Linke, che conferma la propria presenza a Est, non compensa assolutamente il calo della socialdemocrazia. La Linke, infatti, sale da 3.755.699 voti a 4.269.762 registrando un più 514.063, pari all’11,3% del proprio elettorato. I Verdi, che si apprestano a quanto pare a svolgere il ruolo della ruota di scorta del governo democristiano, hanno fatto registrare un lieve incremento da 3.694.057 a 4.157.164 pari a 463.107 voti in più, 12,53% sul proprio elettorato.
4) Passiamo dunque ad analizzare lo spostamento a destra, sicuramente il dato più eclatante emerso da questa competizione elettorale. Nei commentatori sta facendo scalpore l’ascesa dell’AFD. Nel 2013 il partito rappresentativo dell’estrema destra aveva raccolto 2.056.985 voti passando nel 2017 a 5.877.094 ed entrando trionfalmente al Bundestag con 94 deputati. L’incremento dell’AFD è quindi di 3.820.109 voti, pari al 185,71% di crescita, quasi due volte il proprio elettorato precedente. Inoltre l’AFD rompe il monopolio nei Lander conquistando la maggioranza in Sassonia: ed è questo un dato politico da tenere assolutamente in conto. Netta crescita anche per i liberali passati da 2.083.533 voti a 4.997.178, con un più 2.913.645. In totale AFD e FDP acquistano 6.733.754 voti in più rispetto al 2013, un incremento superiore alla somma delle perdite di CDU-CSU e SPD calcolate assieme ( – 4.743.718). Se ne può dedurre che in particolare l’AFD sia penetrata sia nel bacino elettorale delle formazioni minori contribuendo in maniera decisiva a quella superiore concentrazione nell’espressione di suffragio sui 6 partiti principali già segnalata in apertura di questo lavoro, sia sull’astensione. La presenza della destra, sia estrema, sia di matrice liberale, si dimostra quindi pervasiva dell’intero elettorato, sia dal punto di vista sociale, sia sotto l’aspetto geografico e non solo, quindi, si presenta come la grande novità episodica nella scena politica tedesca ma anche come elemento strutturale del brusco riallineamento sistemico che le elezioni tedesche hanno presentato come risultato complessivo.
5) La crisi della democrazia liberale classica, ben evidente anche nel caso tedesco, non si dimostra però nella disaffezione alle urne (come avvenuto in Francia e continua progressivamente a palesarsi in Italia) e neppure nell’affermazione di un partito “antisistema”. Si ricolloca, invece, sull’antico asse destra / sinistra nella sua versione che proprio l’AFD, forza nazionalista conservatrice con forti venature razziste rappresenta. Dati che andranno meglio meditati avendo a disposizione un insieme di numeri maggiormente approfonditi in particolare rispetto alla dislocazione geografica del voto.
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