Polizia militare contro un popolo, come nelle peggiori dittature del Novecento. Le scene che arrivano sulle tv, soprattutto da Girona e Barcellona, chiudono l’epoca iniziata in Europa con fine della Seconda Guerra Mondiale e, in Spagna, con la caduta del franchismo.
Non che le polizie europee siano mai state tenere con gli oppositori, in qualsiasi paese. E noi italiani lo sappiamo forse meglio di tutti.
Ma c’è un salto di qualità impossibile da nascondere, che imbarazza persino i più servili opinionisti di professione, nel vedere tutto un popolo difendere pacificamente il proprio diritto a votare per decidere se restare o no dentro uno Stato che ne nega l’identità.
Fin qui, infatti, la repressione era sempre stata mirata contro singoli settori della società, avanguardie politiche e sociali, partiti e movimenti. Una repressione anche durissima contro i rappresentanti di interessi magari di una maggioranza assoluta della popolazione (lavoratori, pensionati, studenti, disoccupati, ecc), ma non di tutti.
In Catalogna lo Stato spagnolo ha deciso di comportarsi per quel che ritiene in fondo di essere: un esercito straniero di occupazione. A dimostrarlo c’è il comportamento della polizia catalana, i famigerati Mossos de Esquadra che tante volte si erano mostrati violentissimi contro studenti e indignados. Ma anche loro, stavolta, non se la sono sentita di mettersi contro il proprio popolo.
Sapiamo benissimo che “popolo” è definizione interclassista, ma veniamo senza pentimenti da una tradizione politica per la quale i movimenti di liberazione nazionale erano e sono una forma specifica dell’antimperialismo effettivo. Nessuno, a nostra memoria, ha mai osato qualificare come “nazionaliste” le resistenze di Vietnam, Laos, Mozambico, Angola, Algeria, e tanti altri paesi di tutti i continenti.
Solo chi ha smarrito questa memoria può oggi esitare dal prendere posizione a favore dei catalani.
E’ una contraddizione enorme e violenta che si apre dentro lo schemino retorico che ha dominato come pensiero unico negli ultimi 30 anni. Solo oggi, infatti, si arriva a negare con la forza il diritto di esprimersi con il voto all’interno dell’Unione Europea e con il pieno appoggio della tecnoburocrazia di Bruxelles, degli Stati nazionali e di tutte le forze di governo nei vari paesi dell’Unione.
E’ una contraddizione che vede dichiarare “illegale” la richiesta di far esprimere un intero popolo con il voto. Ovvero con l’unica caratteristica residua del concetto di “democrazia” sbandierato da cancellerie e televisioni.
La resistenza passiva e pacifica dei catalani esalta al massimo grado questa contraddizione che delegittima tutta la costruzione fin qui edificata su e contro gli interessi delle classi sociali “subalterne” in tutta Europa, come e più di quanto avvenuto due estati fa davanti al referendum greco che aveva detto OXI ai diktat della Troika e della Ue.
Questa è una giornata storica, comunque vada. E’ la giornata in cui la democrazia popolare torna ad essere un corpo vivo e combattivo, e la pseudo-democrazia liberale viene svergognata come puro strumento retorico messo a copertura degli interessi del capitale multinazionale.
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