di Michele Giorgio
Gli Stati Uniti si accaniscono contro Hezbollah per colpire l’Iran, il loro vero obiettivo. Ma le
sanzioni finanziarie Usa contro il movimento sciita alleato di Tehran,
volute con forza dal senatore Edward Royce e approvate nei giorni
scorsi, rischiano di subirle tutti i libanesi. Una delegazione del Congresso Usa è a Beirut per discutere proprio del loro impatto sull’economia del Paese dei Cedri. Il
governo di Saad Hariri, del quale fa parte anche Hezbollah, teme
riflessi negativi sul sistema bancario del Libano, una delle colonne
portanti della disastrata economia nazionale. Appena qualche
giorno fa il Parlamento libanese aveva approvato la legge di bilancio
per la prima volta in 12 anni, a conferma della fragilità politica ed
economica del piccolo Paese arabo, strangolato da un rapporto debito
pubblico/Pil del 148% e un deficit fiscale di circa 5 miliardi di
dollari. A inizio mese Hariri ha anche alzato le tasse e l’Iva per poter
aumentare i salari, fermi da anni, ai dipendenti pubblici. In questa
situazione le sanzioni americane contro Hezbollah potrebbero affondare
tutto il Libano.
Il pericolo più immediato comunque resta una nuova guerra con Israele.
Agli avvertimenti minacciosi lanciati dal governo israeliano ad
Hezbollah, che risponde con la stessa moneta, si aggiungono quelli,
sempre più frequenti di Washington. Gli Usa sono tornati anche a prendere di mira il presidente siriano Bashar Assad. Il Segretario di stato Tillerson
un paio di giorni fa ha rilanciato lo slogan secondo il quale «nel
futuro della Siria non c’è posto per Assad». Contribuiscono a creare le
condizioni per un nuovo conflitto nella regione, gli “scoop” su presunte
attività di Hezbollah o a sostegno del movimento sciita in giro per il
mondo. Uno degli ultimi riguarda l’Africa.
Secondo gli investigatori della Enough Project, una Ong finanziata dall’attore George Clooney e da un sedicente attivista per i diritti umani, John Prendergast, una banca della Repubblica democratica del Congo avrebbe trasferito fondi a imprese e persone legate a Hezbollah.
Si tratta della Bgfi-Bank Rdc, diretta da Francis Selemani Mtwale, il
fratello adottivo del presidente Joseph Kabila.
Nel rapporto dal titolo
eloquente “Il tesoro dei terroristi” si parla di cinque trasferimenti di
denaro operati dalla Bgfi-Bank, risalenti al 2001 e diretti a imprese
legate a Kassim Tajideen, uomo d’affari libanese ritenuto vicino a
Hezbollah. La “Ong” chiede a Stati Uniti e Unione europea
sanzioni nei confronti dei dirigenti della banca congolese che ha già
smentito le accuse. Il gruppo diretto da Ahmed Tadijeen è anche accusato di aver comprato armi e munizioni per conto del presidente Kabila.
Immediata la reazione del governo congolese. «Tutti
i giorni vengono diffusi inchieste e rapporti di questo tipo. Ci siamo
un po’ stancati» ha dichiarato Lambert Mendè, portavoce dell’esecutivo,
sottolineando che «la banca non e’ diretta dal presidente ma dal suo
fratello, che non gode di alcuna immunità».
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