Le parole del ministro dell’Economia Padoan sono rivelatrici e non casuali. Quando il ministro che ha in mano i rubinetti dell’economia afferma che: “Gli Italiani muoiono troppo tardi e ciò incide negativamente sui conti dell’Inps”, è chiaro che ci troviamo di fronte al nocciolo del problema.
Al di là degli scongiuri e degli improperi che possono scattare in automatico (e pienamente giustificati), Padoan ha solo dato voce ad una dottrina che è diventata strategia di comportamento in molti paesi a capitalismo avanzato. Ne abbiamo scritto su questo giornale spesso e anche recentemente.
Il processo di disumanizzazione delle persone, ormai declinate nella migliore delle ipotesi come risorse umane o capitale umano, a fronte delle esigenze dei mercati, della ossessione della competitività e del dogma del pareggio di bilancio, da tempo sta producendo una eugenetica concreta e dal sapore un po’ nazista.
Aveva cominciato il Fmi nel settembre del 2014 affermando in un documento che “ulteriori risparmi saranno difficili senza affrontare l’elevata spesa per le pensioni”. La spesa pubblica per le pensioni, afferma il Fondo, è la più alta nell’area euro e rappresenta il 30% del totale della spesa”. Non solo, con una assonanza diabolica il Fmi sottolineava che: “Le riforme hanno aiutato a invertire il rapido aumento della spesa sanitaria nell’ultimo decennio ma ci sono spazi per migliorare”.
Nello stesso periodo in Italia si avviava una inquietante controtendenza: la mortalità cominciava ad aumentare e l’aspettativa di vita a diminuire. “L’Italia, entrata nel 2015 nella recessione demografica, anche l’anno scorso ha proseguito il trend negativo: la popolazione residente è infatti calata di 76mila unità (-0.13%)” sottolineava l’Infodata de il Sole 24 Ore del 21 agosto.
E perché si muore di più? La spesa sanitaria sostenuta di tasca propria dai cittadini italiani è salita a 34,5 miliardi di euro, mentre sono ormai diventati 11 milioni nel 2016 gli italiani che hanno dovuto rinviare o rinunciare a prestazioni sanitarie nell’ultimo anno a causa di difficoltà economiche, non riuscendo a pagarle di tasca propria. Sono 2 milioni in più rispetto al 2012. E’ quanto emerge da una ricerca Censis del 2017.
Tra questa drastica diminuzione delle persone che si curano o che hanno i soldi per curarsi e l’aumento dell’età pensionabile c’è una relazione? Certamente sì. E’ evidente che un organismo umano tenuto al lavoro per un tempo più lungo ne venga inevitabilmente logorato sul piano fisico e psicologico. Ed è altrettanto evidente che il combinato disposto tra un organismo umano più logorato e la diminuzione delle cure produca un accorciamento delle aspettative di vita.
Le minacce terroristiche di ministri come Padoan o dei tecnocrati del Fmi o dell’Ocse sulla insostenibilità dei sistemi previdenziali, sanitari e di welfare di fronte all’invecchiamento della popolazione (una volta ritenuto un indicatore di benessere mentre oggi lo fanno apparire una jattura), nasconde il fallimento del modello capitalista ipercompetitivo come modello ideale di società e manipola l’attenzione pubblica in una direzione estremamente inquietante: una volta che il capitale umano ha esaurito la sua funzione produttiva (portata magari fino a 70 anni), deve togliersi di torno il prima possibile per evitare che diventi “un costo insostenibile”.
Marx parlava profeticamente dell’esito della lotta di classe come “vittoria di una classe sull’altra” o della “rovina comune delle classi in lotta”. Il ministro Padoan, come il miliardario Warren Buffet, lavorano attivamente all’inveramento permanente del primo scenario, perché al momento dispongono di tutte le regole e gli apparati per imporlo. Spetta a coloro che essi vorrebbero togliere di torno il prima possibile ingaggiare la sfida, per l’uguaglianza e la giustizia sociale sicuramente, ma a questo punto anche per la sopravvivenza. Questo paese ha urgenza di una “operazione verità”.
Il 10 e 11 novembre c’è uno sciopero generale e una manifestazione a Roma per cominciare a raccontarla in tanti, senza sconti per nessuno.
vedi anche: lavoro, precarietà,disoccupazione. Serve una “operazione verità”
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