di Michele Giorgio
Jeremy
Corbin non sarà presente alla cerimonia organizzata a Londra per il 2
novembre dall’associazione “Amici d’Israele” in occasione dei 100 anni
della Dichiarazione Balfour. Il leader del Partito Laburista ha
scelto di non unirsi al premier britannico Theresa May, a quello
israeliano Benyamin Netanyahu e a 150 Vip nelle celebrazioni del
documento che ha segnato in profondità la storia del Medio Oriente
contemporaneo. Quella dichiarazione, con cui l’Impero coloniale
britannico evocò un “focolare ebraico” in Palestina, è da sempre
respinta dai palestinesi e il documento è ora oggetto di contestazioni
legali da parte dell’Autorità Nazionale (Anp) del presidente Abu Mazen.
Immediate le polemiche innescate da diverse organizzazioni ebraiche
britanniche per il forfait di Corbyn, già preso di mira per il suo
sostegno esplicito alla causa palestinese e accusato dagli avversari,
anche nel partito, di essere un “antisionista militante” se non
addirittura un “antisemita”. Il capo dei laburisti si mostra
impermeabile alle accuse e conferma la sua assenza alle celebrazioni del
2 novembre.
Due anni fa Corbyn attaccò la Dichiarazione
Balfour, parlandone come di un testo «confuso» , non approvato
dall’intero governo dell’epoca e neppure dai principali rappresentanti
della comunità ebraica britannica. Parole che, sussurra
qualcuno, hanno fornito suggerimenti legali ai palestinesi che da mesi
sono perentori: o la Gran Bretagna presenta le sue scuse per la
Dichiarazione Balfour o dovrà risponderne in Tribunale. L’ha ribadito,
ancora qualche giorno fa, il ministro degli esteri dell’Anp Riad al
Malki: «Andremo avanti con le procedure legali se la Gran Bretagna
insisterà nella sua posizione». Il mese scorso all’Onu Abu Mazen ha bollato la Dichiarazione come una «storica ingiustizia», sicuramente da non festeggiare. Per congelare il procedimento legale, i
palestinesi chiedono alla Gran Bretagna di scusarsi o di emettere una
nuova Dichiarazione a sostegno della proclamazione dello Stato di
Palestina. Londra invece ritiene che non debba scusarsi con nessuno e
non ha neppure replicato alla proposta avanzata dall’Anp.
I palestinesi ripetono che nel 1917 il Segretario per gli affari
esteri Arthur Balfour, promise ad altri terra che non apparteneva agli
inglesi, aprendo così la strada alla nascita nel 1948 dello Stato di
Israele in Palestina. Il favore britannico verso il “focolare ebraico”
fu messo nero su bianco da Balfour e inviato a Lord Lionel Walter
Rothschild, esponente della comunità ebraica inglese di allora e legato
al movimento sionista. Secondo gli storici la Dichiarazione Balfour si
inseriva nei disegni fatti dalle potenze coloniali per la vasta area
geografica che per centinaia d’anni era appartenuta all’Impero Ottomano,
in particolare nello schema degli accordi di Sykes-Picot del 1916 con
il quale Londra e Parigi si spartirono il Medio Oriente. La
Dichiarazione Balfour fece parte nel 1920 a Sevres del Trattato di pace
con la Turchia.
AGGIORNAMENTO
Dichiarazione Balfour: Fatah condanna premier Theresa May e chiede scuse della Gran Bretagna
Il partito Fatah ha lanciato una serie di iniziative contro la
Dichiarazione Balfour con la quale il 2 novembre di 100 anni fa Londra
evocò un “focolare nazionale ebraico” in Palestina, aprendo la strada
alla creazione nel 1948 dello Stato di Israele. Fatah che ha condannato
la premier inglese Theresa May che, rivendica la legittimità della
Dichiarazione, e ha ribadito la richiesta palestinese delle scuse
britanniche. Domanda inoltre che “quello storico disastro” sia risarcito
con il riconoscimento di uno Stato palestinese con Gerusalemme est
capitale. Manifestazioni a sostegno dei diritti palestienesi si
svolgeranno in Israele, in Cisgiordania e in Gran Bretagna.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento