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25/10/2017

Davvero siamo tutti Anna Frank?

Fermi tutti, per un momento: veramente siamo diventati tutti Anna Frank? Eppure, che sbadati, ci sembrava che il fascismo fosse stato legittimato dalle elezioni, che la democrazia avesse gli anticorpi, che Voltaire imponeva il dialogo socratico con tutti gli attori politici, che un vero liberale si dimostra al momento del confronto con l’altro da sé. Non erano, queste e altre amene filosofie mediatiche, all’ordine del giorno del nuovo corso a-fascista del nostro sistema politico, culturale, giornalistico? Come diavolo siamo passati dal fascismo legittimato in pompa magna da Mentana a Formigli, da La7 alla Rai, da Feltri al Viminale, al coro antifascista di questi giorni? Qualcosa è andato storto nella narrazione edificante del neofascismo “finalmente” ricongiunto alla democrazia. Eppure sembrava fatta: basta svastiche e Hitler tatuati; accantonati bastoni e coltelli; facce pulite da dare in pasto alle tv. Ecco che il fascismo veniva catapultato nella dimensione onirica del confronto dialettico. Se, in fondo, tra Salvini e neofascismo la distanza politica è minima, perché non può esserlo anche il confronto politico-elettorale, sceneggiato mediaticamente dai mattatori della prima serata? Il cortocircuito di questi giorni è tale solo in chi riesce ancora a percepirlo. In chi conosce le dinamiche reali, non quelle mediatizzate, esistenti tra le facce “presentabili” e quelle “militanti”: sono le stesse persone, che parlano uno stesso linguaggio e agiscono allo stesso modo. Non è un problema confinato allo stadio, nonostante i tentativi di circoscriverlo a un settore politicamente informe (gli “ultras” invece che i fascisti) e socialmente marginale (“sparuti” “gruppetti” di “tifosi” invece di identificarli col neofascismo tout court). Cosa dirà Mentana adesso? Ma certo s’indignerà, la faccia contrita di chi ci spiega l’olocausto, mentre risponderà prontamente alla prossima chiamata mediatica, al prossimo “confronto”, convinto – figurarsi – della discontinuità tra neofascismo nei quartieri e neofascismo allo stadio, tra neofascismo da bar e neofascismo da talk show, tra neofascismo elettorale e neofascismo volgare. Oggi più che mai può indignarsi solo chi è rimasto antifascista, nelle azioni molto più che nelle parole.

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