“Qualcosa non ha funzionato , dobbiamo fare un salto di modestia e tornare a parlare con i lavoratori” esclama Bruno Papignani, leader regionale FIOM a proposito dello scontro venutosi a creare nell’azienda GD fra lavoratori e sindacati confederali; prosegue “Alla base c’è sicuramente un disagio che abbiamo sottovalutato che va oltre il referendum “, il quale appunto ha portato diversi settori dell’azienda, dai montatori – trasfertisti ( da cui era partita la lotta di rivendicazione) fino ad arrivare agli impiegati , a denunciare la poca trasparenza e il pieno diritto di voto nella trattativa portata avanti con l’azienda per i contratti integrativi che i sindacati confederali hanno provato a far passare senza discuterne apertamente e democraticamente con i lavoratori e loro iscritti, molti dei quali nel frattempo hanno cambiato tessera passando a USB.
Se l’effetto, la presa di coscienza da parte dei lavoratori del proprio ruolo decisionale nella contrattazioni aziendali non si è fatto attendere ed è stato sentito, anche la causa è finalmente uscita in tutta la sua interezza: la FIOM, insieme a FIM e UILM hanno evidentemente sentito mancarsi il terreno sotto i piedi dopo gli avvenimenti che nelle scorse settimane hanno scosso profondamente gli assetti aziendali, dopo aver visto l’azienda spaccarsi a metà, portandoli ieri a chiedere urgentemente un incontro con i vertici dell’azienda per discutere dei temi messi in discussione dai lavoratori e contrattare un percorso “di verifica e gestione dell’accordo per offrire risconti positivi alle sollecitazione emerse dai confronti avuti con gli iscritti e i lavoratori…”. Il motivo di tanta isteria è fin troppo palese e porta i rappresentati di queste sigle ad uscire con dichiarazioni che, se non fossero funzionali al tentativo di ricucire (con le buone o con le cattive) lo strappo che si sta consumando in una delle più grandi aziende cittadine, sarebbero degne di un teatrino itinerante in cui l’unico ruolo protagonista è l’assordante sfiducia di sempre piu lavoratori rispetto alle rappresentanze storiche e compiacenti presenti in azienda, prime tra tutte la FIOM.
Un accordo che gioca sulla testa di circa il 70 % dei lavoratori ma che, appunto, piu del 48% di essi non ha condiviso. Dopo le denunce di poca trasparenza e di irregolarità delle consultazioni nel condurre queste trattative (leggi qui), quale miglior mossa potevano fare FIM FIOM UILM, se non quella di abbracciare la stessa preoccupazione che colpisce i manager aziendali e proporsi per gestire la patata bollente come al solito a porte chiuse, in un concerto al quale i lavoratori siano esclusi? Inoltre, che sia la stessa delegazione sindacale, che ha difeso la bontà dell’accordo accanendosi sui lavoratori che esprimevano legittimamente il loro dissenso, a rappresentare le istanze di modifica di questo contratto integrativo, fa quanto meno sorridere. La loro preoccupazione è ovviamente lo scenario nel quale potrebbe paventarsi un’opposizione ferma verso quello che loro stessi indicano come possibile problema da evitare a tutti i costi, cioè quello di portare a consultazione interessi e temi che esulano dagli interessi dei gruppi corporativi aziendali che fino ad oggi dettavano tempi e metodi in questa azienda. Soprattutto nel pieno del percorso che nel mese prossimo prevedrà le nuove elezioni delle RSU. Insomma uno scontro che non riguarda solamente la questione del referendum appena svoltosi in azienda sulla questione del contratto, ma il futuro del peso e del ruolo stesso della FIOM in azienda.
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