Devo dire che si può parlare di Mdp solo a prezzo di un enorme
imbarazzo: è un gruppo di distinti signori, tutti parlamentari, che non
ne hanno azzeccata una in tutta la vita e che non imparano mai.
Hanno sfasciato il Pci, poi hanno portato il Pds-Ds ad una
fallimentare unificazione con i democristiani della Margherita, poi
hanno perso le elezioni del 2001, 2008 e 2013 (quelle le hanno “non
vinte”, quanto a quelle del 2006, le vinsero di strettissima misura per
poi dare vita ad un governo che era un circo equestre, poi si sono fatti
scalzare dal più democristiano dei margheritini, mugugnando hanno
votato le peggiori riforme di Renzi: job act, buona scuola, riforma
istituzionale...), poi, dopo aver coscienziosamente perso tutta la loro
base, ridottisi a tre gatti e mezzo, hanno deciso di fare una scissione
con i rimanenti parlamentari che non hanno saltato il fosso per
arruolarsi fra i renziani.
L’unica cosa buona che hanno fatto è stata schierarsi per il No
nel referendum del 4 dicembre, ma solo perché D’Alema (unico che
capisca la politica in quell’infelice gruppo) li ha costretti a calci
negli stinchi.
Dopo la scissione, non hanno fatto assolutamente nulla, né per
elaborare una linea politica degna di questo nome, né per organizzare la
loro base, né per promuovere una qualsivoglia campagna politica (visto
che fra poco si vota): zero, più zero, più zero. Hanno cincischiato per
sette mesi appresso a Pisapia (del quale si parlava come di in possibile
segretario e, incredibilmente, nessuno rideva), poi Pisapia ha scelto
il Pd (che forse lo compenserà con uno scranno alla Corte
Costituzionale) e, dall’alto del suo seguito di massa, ha fatto i suoi
auguri a Speranza ed “al suo partitino del tre per cento” (sic!).
C’era da sperare che, tramontata l’infatuazione per Pisapia, iniziassero finalmente a fare politica e, invece no, adesso è il turno di Grasso
del quale si parla come di un possibile segretario. Si, perché da
quelle parti, prima si decide chi è il segretario, poi chi è il gruppo
dirigente, poi chi deve rientrare in Parlamento e, alla fine e se avanza
il tempo, si organizza la base che, ovviamente, trova il piatto pronto
(che democrazia!).
Io non dico che si debba realmente far votare alla base i dirigenti
ed i parlamentari (troppa democrazia fa male!) ma almeno far finta che
sia così. Insomma, almeno non facciamola così spudorata. Ed allora, una
volta per tutte, convinciamoci che le case non si costruiscono dal
tetto, ma dalle fondamenta.
Quanto poi alla scelta di merito, Grasso, se possibile, è anche peggio di Pisapia.
Diventato Presidente del Senato per caso e con i voti dei 5 stelle che,
nel loro immaginario, lo credevano un campione della lotta antimafia, è
stato poi un ligio esecutore delle indicazioni del Pd, dando il meglio
di sé nel dibattito sulla riforma istituzionale, quando combinò cose da
pazzi (se è il caso posso ricordare un po’ di episodi) per battere
l’ostruzionismo dei 5 stelle e di Sel (oggi, con SI, possibile alleata
di Mdp). Poi, all’improvviso, realizzato che non c’è speranza di essere
rieletto Presidente del Senato, scopre che il Pd ha fatto violenza al
Parlamento con la fiducia e si dimette... dal Pd, non dalla Presidenza del
senato (le dimissioni da un posto importante? Non sia mai! Potrebbe
venire la sinusite).
E con gran faccia di corno, dice che si è dimesso ora dal Pd e non prima,
per rispetto delle istituzioni! Lui come Presidente del Senato aveva
l’obbligo morale e politico di difendere il Parlamento (ed il ramo che
lui presiede) cercando di non ammettere la richiesta di fiducia del
governo. Ad esempio sostenendo che essa è inopponibile in caso di leggi
elettorali o che non è ammissibile una richiesta che obbliga un ramo del
parlamento ad accettare una legge senza possibilità di nessun
emendamento. E , magari avrebbe potuto utilizzare l’argomento della
contraddizione contenuta nella legge, già segnalata da D’Attorre,
sostenendo la necessità di emendare almeno quello sconcio. Magari
avrebbe potuto invocare un intervento arbitrale del Capo dello Stato.
Forse non sarebbe servito a nulla, ed al quel punto, se davvero
riteneva che si stesse facendo una violenza al Parlamento, gli restava
il gesto estremo delle dimissioni dalla Presidenza. La cosa avrebbe
avuto ben altro rilievo politico, creando non poco imbarazzo a
Mattarella per la firma. In fondo, il Presidente del Senato è il suo
vice e se se ne va sbattendo la porta perché la legge è
incostituzionale, non è che si possa far finta di niente. Invece,
l’eroico Presidente ha lasciato che la violenza si compisse e,
diciamolo, con la sua complicità e dopo, solo dopo, si è dimesso dal
partito (non dalla Presidenza di Palazzo Madama, insisto) per prepararsi a sedere sulla sedia di segretario del Mdp. E voi ci proponete un segretario del genere?
Infine: Mdp non scioglie una ambiguità che si porta appresso dalla fondazione,
la domanda è questa: cosa vuol fare da grande Mdp? Le scelte possibili
sono due: o il gruppo di pressione esterno, che punta a rovesciare la
segreteria Renzi per poi rientrare, o l’alternativa di sinistra al Pd.
Entrambe scelte lecitissime, per cui, se si tratta della prima, è
possibile una alleanza elettorale con il Pd, ma se si tratta della
seconda, l’alleanza è esclusa in via di principio, perché non puoi
allearti con uno a cui vuoi fare le scarpe. E’ così difficile da capire?
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