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30/10/2017

Grasso, Bersani, Pisapia: ma perchè la sinistra non impara mai?

Devo dire che si può parlare di Mdp solo a prezzo di un enorme imbarazzo: è un gruppo di distinti signori, tutti parlamentari, che non ne hanno azzeccata una in tutta la vita e che non imparano mai.


Hanno sfasciato il Pci, poi hanno portato il Pds-Ds ad una fallimentare unificazione con i democristiani della Margherita, poi hanno perso le elezioni del 2001, 2008 e 2013 (quelle le hanno “non vinte”, quanto a quelle del 2006, le vinsero di strettissima misura per poi dare vita ad un governo che era un circo equestre, poi si sono fatti scalzare dal più democristiano dei margheritini, mugugnando hanno votato le peggiori riforme di Renzi: job act, buona scuola, riforma istituzionale...), poi, dopo aver coscienziosamente perso tutta la loro base, ridottisi a tre gatti e mezzo, hanno deciso di fare una scissione con i rimanenti parlamentari che non hanno saltato il fosso per arruolarsi fra i renziani.

L’unica cosa buona che hanno fatto è stata schierarsi per il No nel referendum del 4 dicembre, ma solo perché D’Alema (unico che capisca la politica in quell’infelice gruppo) li ha costretti a calci negli stinchi.

Dopo la scissione, non hanno fatto assolutamente nulla, né per elaborare una linea politica degna di questo nome, né per organizzare la loro base, né per promuovere una qualsivoglia campagna politica (visto che fra poco si vota): zero, più zero, più zero. Hanno cincischiato per sette mesi appresso a Pisapia (del quale si parlava come di in possibile segretario e, incredibilmente, nessuno rideva), poi Pisapia ha scelto il Pd (che forse lo compenserà con uno scranno alla Corte Costituzionale) e, dall’alto del suo seguito di massa, ha fatto i suoi auguri a Speranza ed “al suo partitino del tre per cento” (sic!).

C’era da sperare che, tramontata l’infatuazione per Pisapia, iniziassero finalmente a fare politica e, invece no, adesso è il turno di Grasso del quale si parla come di un possibile segretario. Si, perché da quelle parti, prima si decide chi è il segretario, poi chi è il gruppo dirigente, poi chi deve rientrare in Parlamento e, alla fine e se avanza il tempo, si organizza la base che, ovviamente, trova il piatto pronto (che democrazia!).

Io non dico che si debba realmente far votare alla base i dirigenti ed i parlamentari (troppa democrazia fa male!) ma almeno far finta che sia così. Insomma, almeno non facciamola così spudorata. Ed allora, una volta per tutte, convinciamoci che le case non si costruiscono dal tetto, ma dalle fondamenta.

Quanto poi alla scelta di merito, Grasso, se possibile, è anche peggio di Pisapia. Diventato Presidente del Senato per caso e con i voti dei 5 stelle che, nel loro immaginario, lo credevano un campione della lotta antimafia, è stato poi un ligio esecutore delle indicazioni del Pd, dando il meglio di sé nel dibattito sulla riforma istituzionale, quando combinò cose da pazzi (se è il caso posso ricordare un po’ di episodi) per battere l’ostruzionismo dei 5 stelle e di Sel (oggi, con SI, possibile alleata di Mdp). Poi, all’improvviso, realizzato che non c’è speranza di essere rieletto Presidente del Senato, scopre che il Pd ha fatto violenza al Parlamento con la fiducia e si dimette... dal Pd, non dalla Presidenza del senato (le dimissioni da un posto importante? Non sia mai! Potrebbe venire la sinusite).

E con gran faccia di corno, dice che si è dimesso ora dal Pd e non prima, per rispetto delle istituzioni! Lui come Presidente del Senato aveva l’obbligo morale e politico di difendere il Parlamento (ed il ramo che lui presiede) cercando di non ammettere la richiesta di fiducia del governo. Ad esempio sostenendo che essa è inopponibile in caso di leggi elettorali o che non è ammissibile una richiesta che obbliga un ramo del parlamento ad accettare una legge senza possibilità di nessun emendamento. E , magari avrebbe potuto utilizzare l’argomento della contraddizione contenuta nella legge, già segnalata da D’Attorre, sostenendo la necessità di emendare almeno quello sconcio. Magari avrebbe potuto invocare un intervento arbitrale del Capo dello Stato.

Forse non sarebbe servito a nulla, ed al quel punto, se davvero riteneva che si stesse facendo una violenza al Parlamento, gli restava il gesto estremo delle dimissioni dalla Presidenza. La cosa avrebbe avuto ben altro rilievo politico, creando non poco imbarazzo a Mattarella per la firma. In fondo, il Presidente del Senato è il suo vice e se se ne va sbattendo la porta perché la legge è incostituzionale, non è che si possa far finta di niente. Invece, l’eroico Presidente ha lasciato che la violenza si compisse e, diciamolo, con la sua complicità e dopo, solo dopo, si è dimesso dal partito (non dalla Presidenza di Palazzo Madama, insisto) per prepararsi a sedere sulla sedia di segretario del Mdp. E voi ci proponete un segretario del genere?

Infine: Mdp non scioglie una ambiguità che si porta appresso dalla fondazione, la domanda è questa: cosa vuol fare da grande Mdp? Le scelte possibili sono due: o il gruppo di pressione esterno, che punta a rovesciare la segreteria Renzi per poi rientrare, o l’alternativa di sinistra al Pd. Entrambe scelte lecitissime, per cui, se si tratta della prima, è possibile una alleanza elettorale con il Pd, ma se si tratta della seconda, l’alleanza è esclusa in via di principio, perché non puoi allearti con uno a cui vuoi fare le scarpe. E’ così difficile da capire?

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