Questi comitati, nati su un obiettivo specifico, hanno cominciato a coordinarsi per continuare il movimento. Dopo gli arresti di Jordi Sanchez e Jordi Cuixart, stanno lavorando insieme per valutare le diverse proposte.
L’11 giugno, con l’estate che doveva ancora iniziare e il governo che aveva annunciato la data e la questione del referendum, migliaia di persone hanno partecipato alla cerimonia di apertura della ANC, Omnium e AMI al Montjuic. Queste entità avevano richiesto alla società civile di difendere il referendum. Pochi immaginavano allora che il livello di auto-organizzazione della società civile raggiungesse i livelli che ha raggiunto il 1 ottobre.
In diverse parti del paese, senza una parola d’ordine generale, hanno cominciato a germogliare Comitati di Difesa del Referendum (CDR), gruppi di persone che si sono coordinate con il solo scopo di difendere e garantire l’apertura dei seggi elettorali durante il 1 ottobre. Ora, questi comitati che finora avevano agito da soli, hanno iniziato a coordinarsi uno con l’altro per mobilitare la società civile per le strade e, quindi, puntellare il risultato del referendum.
In questo momento stiamo assistendo alla nascita di un movimento sociale sconosciuto anche a se stesso. Per questo motivo nei giorni scorsi il CDR di Sabadell ha organizzato una riunione congiunta con gli altri CDR del paese per cercare un coordinamento e una strategia comuni. Nel corso della riunione a Sabadell, hanno partecipato 291 CDR di tutto il paese. Non sono tutti quelli che hanno organizzato il referendum, e quindi hanno pubblicato una mappa di quelli presenti, affinché possano aggiungersi quelli mancanti.
Nel corso della riunione i rappresentanti dei comitati si sono riuniti non solo per conoscersi personalmente, ma per mantenere in vita il progetto proposto: ‘C’è stato un consenso generale per continuare il lavoro che avevamo iniziato nel referendum. Crediamo di poter essere uno strumento essenziale per tutte le situazioni che ci troveremo di fronte nei prossimi giorni”, ha detto al telefono il portavoce nazionale per i comitati, Helena Vázquez, alcune ore prima che arrestassero Jordi Sànchez e Jordi Cuixart.
Infatti, nel corso della riunione Sabato, si è concluso che, se fosse stata sospesa l’autonomia questa settimana o fosse stato colpito l’auto-governo, come ad esempio gli arresti, ci sarebbe stata una chiamata a scendere in piazza in massa. Gli eventi di lunedì hanno innescato questa possibilità e i CDR hanno chiamato a scendere per le strade. Nel frattempo lavorano insieme per valutare le diverse proposte e inaugurare l’unità di azione.
L’obiettivo comune di tutti è quello di creare una piattaforma coordinata e prendere decisioni insieme per difendere il referendum per le strade, ossia il suo habitat. Il meccanismo di come realizzarlo ancora non è stato deciso. Lo faranno sabato. E’ possibile che si costituisca un coordinamento nazionale con i rappresentanti di tutti i CDR, e con i rappresentanti provinciali, commissioni varie… Le opzioni sono diverse.
Influenza civica
Gran parte del successo di questo movimento sociale è il sostegno ricevuto. Le persone hanno risposto positivamente all’appello dei comitati non solo il giorno del referendum, ma anche nei giorni successivi. In effetti, nelle assemblee dei giorni successivi al 1 ottobre, si stanno raccogliendo sempre più persone. Di fatto i comitati stanno diventando il terzo soggetto oltre le organizzazioni storiche come l’ANC e Omnium. Infatti, in molte città catalane, i responsabili del coordinamento delle manifestazioni di massa del 3 ottobre (lo sciopero generale, ndr) sono stati i comitati.
L’ANC in riunioni interne comunali, ha già verificato di aver cessato di dirigere in esclusiva gli appelli alla mobilitazioni e per questo deve coordinarsi con i comitati in ogni momento. I progetti di ANC e il CDR non sono visti come rivali, ma complementari. Per questo motivo è molto comune trovare membri dell’ANC e Omnium integrati nei CDR che stanno prendendo forma in tutta la Catalogna.
Una delle ossessioni del CDR, che è stata condivisa in occasione della riunione di Sabadell, è quella di mantenere la trasversalità del movimento al quale partecipano persone di diversa provenienza: ‘Ci sono persone provenienti da partiti, sindacati, associazioni di quartiere, organizzazioni... ma l'intento che abbiamo è che le organizzazioni vengano diluite nel comitato’, spiega Helena Vázquez.
Ma se c’è un posto dove trovare l’origine dei comitati è nella militanza più attiva della sinistra militante, che aveva a lungo chiesto di creare comitati di difesa del referendum. Questo è il caso, per esempio, del CDR di Girona e Salt. La creazione di questo comitato è avvenuta nell’Ateneo Salvadora Catà da un amalgama di militanti dei collettivi di sinistra. Eppure, anche in questo caso non si è voluto dare rilievo ad alcuna organizzazione. Se la prima assemblea era stata di cinquanta persone, la famiglia è cresciuta e negli ultimi incontri hanno partecipato cinquecento persone.
Cambiare il nome?
La maggior parte dei CDR non erano ancora stati formati fino a una settimana o pochi giorni prima del 1 Ottobre. Ma la necessità di crearli utilizzando questo nome – molti dicono che il nome è un’analogia dei Comitati per la Difesa della Rivoluzione cubana – era circolata da mesi nei media della sinistra indipendentista. Ad esempio, a Sant Cugat del Valles, nel mese di aprile si era costituito un Comitato di Difesa della Repubblica, che si presentava come un gruppo di persone della sinistra disposti a difendere l’indipendenza e il referendum anche se non ancora era stata stabilita o non si sapeva la data. Ora, con il referendum fatto e con la difesa dei seggi elettorali da parte dei CDR, molti stanno valutando se rinominarli come Comitati per la Difesa della Repubblica. Questa proposta è stata fatta in occasione della riunione di Sabadell, ma non è stato deciso, in attesa di quantificare tutti i CDR e che ciascuno di essi esprima il proprio parere. È un movimento che sta crescendo.
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