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07/02/2020

Il Mes al traguardo, alla faccia della “logica di pacchetto”

Tutto come previsto. E non era difficile, perché nella definizione delle regole l’Unione Europea funziona sempre nello stesso modo. Negativo, ci mancherebbe...

Ricorderete la pesante questione del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes, o Esm secondo l’acronimo in inglese), su cui abbiamo scritto molte volte è che è stato al centro anche di iniziative di piazza. I governi europei si erano accordati per “riformarlo”, accrescendo enormemente i poteri del suo managing director (il falco tedesco Klaus Regling), fino al punto da sanzionare di fatto interi Stati senza alcun passaggio politico.

Tutto è nato dalla necessità di varare una più “efficiente” regolamentazione dei salvataggi bancari, cui ogni governo nazionale ha provveduto fin qui in modo completamente autonomo (i tedeschi, ovviamente) oppure secondo regole suicide (il bail in che ha danneggiato pesantemente azionisti, obbligazionisti e persino normali correntisti di istituti ciprioti, italiani, ecc).

Cuore della “riforma” è la valutazione da dare ai titoli di Stato posseduti dalle banche. Ed è chiaro che se si giudica “pericoloso” un titolo di debito emesso da uno Stato questo significa dare un giudizio pesantemente negativo sia sulla stabilità finanziaria di quel paese, sia sulla bontà degli asset di una banca privata. E non si tratta di un giudizio “tecnico”, anche se viene dipinto così, ma di un giudizio politico che espone interi paesi e sistemi bancari all’assalto della speculazione finanziaria.

In questo mondo di lupi, se si afferma per via istituzionale che un certo soggetto è “debole”, si dà il via all’assalto della preda. Non c’è possibilità di fregarsene (“è roba che riguarda lo Stato e le banche”), perché in questo Paese ci viviamo noi, e tra l’altra siamo anche tutti – perlomeno chi lavora – “clienti” di una banca.

Ricostruita la storia, veniamo alla notizia di questi giorni.

Il presidente dell’Eurogruppo, Mario Centeno, lo scorso 30 gennaio, ha inviato una lettera per informare il Consiglio Ue e tutti i premier nazionali che i lavori sul “nuovo Mes” si concluderanno «entro marzo». Specificando che l’unico tema ancora aperto riguarda i “meccanismi di ponderazione delle clausole collettive” (le Cacs single limb, su cui il governo Conte aveva preannunciato delle proposte di modifica). Per il resto, sostanzialmente, nulla verrà modificato.

Come si vede, la spinosissima questione della valutazione dei titoli di Stato è fuori dalle possibilità di revisione.

Vero è che lo stesso Centeno rinvia a successive discussioni aspetti importanti dell’Unione bancaria e del “meccanismo di ponderazione dei rischi”, ma questo riguarderà quasi soltanto le modalità di applicazione delle nuove regole, non i criteri fondanti.

In pratica, “l’accordo è chiuso”, sulla base di quanto stabilito nel dicembre 2018, confermato poi nelle riunioni del giugno 2019 e infine del dicembre scorso. Le promesse fatte in Parlamento da Giuseppe Conte e dal ministro dell’economia Gualtieri (che si presenta fra l’altro alle elezioni suppletive nel collegio 1 di Roma, con il Pd, per sostituire il neo-commissario europeo Paolo Gentiloni), di attivarsi in sede europea per “rivedere il Salva-Stati in una «logica di pacchetto», sono carta straccia.

Il che aprirebbe un problema politico in un Paese serio, con una classe dirigente credibile. Non in questo.

Ieri, alla Camera, la Lega ha inscenato una farsa con tanto di striscione (“dal pacchetto al pacco”, come peraltro titolato da diversi quotidiani economici specializzati), cercando di far dimenticare che era al governo – e dunque corresponsabile – quando l’accordo politico sul Mes è stato raggiunto (dicembre 2018 e giugno 2019). Ma questo conferma solo l’assoluta identità di fondo tra Lega e Pd (i Cinque Stelle non sembravano aver capito la gravità del Mes né prima, né ora), entrambi più che sottoposti alla “sovranità europea”, al di là delle parole.

Le parti che restano da discutere nella Ue sono davvero di ordine “tecnico” e relative alla sola Unione bancaria, come ricordano su StartMag.

1) Completamento dei fondi nazionali di garanzia dei depositi e graduale costituzione di un fondo comune di garanzia dei depositi.

2) Incentivare le banche a ridurre il rischio di concentrazione dei titoli governativi, attraverso la graduale introduzione della contribuzione al fondo in base al livello di rischio che tenga conto anche del livello di concentrazione di questi titoli. Graduale introduzione di un costo per l’eccessiva concentrazione di debito sovrano.

3) Gestione delle crisi bancarie: miglioramento degli strumenti esistenti ed introduzione di nuovi.

4) Potenziare l’integrazione transfrontaliera delle banche.

A nessuno che conosca i mercati può sfuggire che “Incentivare le banche a ridurre il rischio di concentrazione dei titoli governativi” significa spingerle a vendere quei titoli, provocando uno tsunami sulle successive aste (per “piazzare” Btp, Bot, Cct, ecc., bisognerà accettare riduzioni di prezzo e aumento dei rendimenti, con aggravio pesante degli interessi da pagare e quindi aumento del debito pubblico negli anni a venire).

Un saccheggio organizzato, di fatto, che il direttore del Mes Klaus Regling (e i successori) potranno scatenare quando vorranno, senza dover ascoltare né capi di Stato, né premier. E tra le potenziali “prede” l’Italia è certamente il boccone più succulento... Di sicuro, quella il cui Parlamento neanche immagina cosa va maturando nelle trattative europee fin quando “la partita è chiusa” e immodificabile.

Come i predecessori – tutti, Salvini compreso – Conte e Gualtieri hanno obbedito a Bruxelles mentre in Parlamento garantivano che “si sarebbero battuti come leoni”.

Ma tranquilli... è “per il nostro bene”...

Qui la lettera di Mario Centeno: 20200120-eg-inclusive-format-summing-up-letter

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