Se vogliamo misurare il tasso di fetenzia della “classe politica” italiana si possono usare molti parametri. Ma quello della “coerenza” dovrebbe essere sempre il principale. Difficile da usare, visto che la memoria del discorso pubblico è minore di quella dei pesci rossi, ma comunque qualcosa si può fare.
Ricordate quella di Matteo Salvini che diceva ai suoi parlamentari «Votate per mandarmi a processo e la chiariamo una volta per tutte. Portatemi in Tribunale e sarà un processo contro il popolo italiano, e ci portino tutti in Tribunale. Così la decidiamo una volta per tutte se difendere i confini dell’Italia, la sicurezza e l’onore dell’Italia è un crimine oppure se è un dovere di un buon ministro»?
Non è passato poi troppo tempo, solo 20 giorni; siamo sicuri che ve lo ricordate bene. Pancia in fuori, petto in dentro, il Truce si mostrava fiero e coraggioso, certo delle sue ragioni nel vietare per giorni ad una nave militare italiana con qualche decina di naufraghi a bordo di attraccare in un porto italiano. Nessun giornalista mainstream, va aggiunto, gli ha mai chiesto: “scusi, ma che c’entra la ‘difesa dei confini’ con il divieto di attracco ad una propria nave militare?” Ma fa niente... la qualità del giornalismo italico fa il paio esatto con lo spappolamento della qualità della classe politica.
Però ora quegli stessi giornalisti una domanda normale potrebbero fargliela: “scusi, ma perché ora ha deciso di non farsi processare?”
Già il prode Matteo Secondo è passato a più miti consigli e ha dato ordine ai suoi senatori di votare contro l’autorizzazione a procedere, rovesciando quanto fatto in Commissione.
Il testa-coda è ufficiale, ma affidato alle parole di Giulia Bongiorno – ex avvocato di Andreotti al processo di Palermo, ex parlamentare di Alleanza Nazionale con Fini, ora senatrice con la Lega nonché avvocato del Truce – in una intervista al Corriere.
“Spero davvero che Matteo Salvini decida di non avallare la linea dell’autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Il mio timore non è l’esito del processo ma i tempi. L’idea che un uomo possa rimanere per anni e anni a processo non dovrebbe piacere a nessuno. E questo certamente lo farò presente a Matteo Salvini. Lui pensa di andare in aula e dimostrare davanti a tutti in tempi brevi che ha ragione. Però, questo rischia di non succedere. I tempi potrebbero essere lunghissimi e c’è il problema di restare bloccati per anni, ostaggi del processo”.
Insomma, la valutazione sarebbe soltanto politica: stare lì a fare l’imputato per anni non sarebbe un buon viatico per chi sta in campagna elettorale permanente e non sembra neanche capace di far altro.
Quindi, argomenta il suo avvocato, “io ribadirò a Salvini che deve essere orgoglioso di quello che ha fatto e capisco che lui voglia dimostrare che non scappa dal processo. Ma deve tutelare il dovere del ministro di difendere i confini. La strada giusta non è rinunciare alla valutazione sull’interesse pubblico: compete solo al Senato”.
“Resto convinta dell’insussistenza del sequestro di persona. Non significa che si tratterà di un processo che si risolverà in breve né è possibile prevederne l’esito. Il mio maestro, il professor Coppi, mi ha insegnato che la legge è uguale per tutti, ma i giudici no”.
Per quanto la si voglia buttare in caciara, però, non sfugge a nessuno che l’avvocato Bongiorno è prima di tutto un avvocato di esperienza. E che quindi, prima delle preoccupazioni politiche, dia ascolto a quelle giuridiche. Le quali, per chi ha letto le carte messe insieme dalla magistratura, consiglierebbero la “massima prudenza” sull’esito del processo.
Insomma: se si riesce a convincere il Senato a votare contro ed evitare di andare in Tribunale, è meglio. Non sarà eroico, non sarà in linea con la barzelletta dell’“uomo solo al comando” che chiede “i pieni poteri”. Ma è meglio schivare il giudizio.
Però, magari, i senatori potrebbero avere un moto d’orgoglio e mandarlo a processo egualmente, così impara a “scoattare” davanti alle telecamere e a fuggire quando si spengono...
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