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08/02/2020

Irlanda - Oggi si vota. Il Sinn Fein in crescita con un programma sociale

Secondo gli ultimi sondaggi, il Sinn Féin – il fronte politico-legale dell’Ira (Irish Repubblican Army) durante la guerra civile irlandese – potrebbe ottenere il 25% dei consensi nelle elezioni che si svolgono oggi in Irlanda. Per molti aspetti, se confermato, sarebbe una svolta storica, ma che porrebbe non pochi problemi di governabilità.

La nuova leader del Sinn Fein, Mary Lou McDonald, ha detto che il partito entrerà in una coalizione di governo solo a patto che entro il 2025 si tenga un referendum per la riunificazione dell’isola.

A due anni dalla sostituzione alla leadership del Sinn Fein di Gerry Adams, volto storico del della lotta di liberazione nazionale irlandese, Mary Lou McDonald è un’altra generazione politica. Ha incrociato solo la coda della guerra civile che tra gli anni ’60 e la firma degli Accordi del Venerdì Santo nel 1998, provocò nelle sei contee dell’Irlanda del Nord oltre 3000 morti, una repressione feroce e centinaia di prigionieri politici. Negli ultimi cinque anni, il Sinn Fein si è concentrato sulle disuguaglianze create dal boom economico, dall’aumento dei costi delle abitazioni e degli affitti, al welfare e ai costi della sanità. Ed è concentrandosi sui temi sociali che ha costruito il consenso che oggi potrebbe portarlo a diventare la prima o seconda forza politica del paese.

Secondo un sondaggio dell’Irish Times, l’assistenza sanitaria è la questione più urgente per il 40% dei votanti. L’Irlanda ha un sistema sanitario pubblico che fornisce assistenza medica gratuita a persone a basso reddito e agli anziani. Ma gli ospedali sono ormai sovraffollati, con centinaia di pazienti lasciati in attesa di cure nei corridoi. Segue l’emergenza abitativa, una priorità per il 32% degli intervistati. A Dublino gli affitti sono più che raddoppiati dal 2010, mentre molti non possono permettersi di affittare casa in aree urbane e i giovani faticano a comprare casa. I senzatetto hanno raggiunto livelli record superando quota 10.000 (su una popolazione di 4 milioni e mezzo) che vivono in alloggi di emergenza in tutto il paese.

Il programma del Sinn Fein parla di stop alle agevolazioni fiscali che hanno fatto del paese il paradiso delle multinazionali in Europa, no alla speculazione edilizia, maggiore redistribuzione e più spesa sociale per scuole e ospedali pubblici.

La regressione sociale dell’Irlanda pesa come un macigno su chi ha governato il paese negli ultimi anni, ossia il Fine Gael di Leo Varadkar, che rivendica invece un’economia che formalmente dichiara un tasso di crescita l’anno scorso del 5,6%, il più alto dell’Eurozona.

Varadkar ha ritenuto di poter spendere con gli elettori il capitale politico ottenuto negoziando contro una Brexit senza accordo fra Londra e Bruxelles. Ma non ha fatto i conti con i contraccolpi dell’austerity varata a causa dei vincoli di bilancio e le misure antipopolari adottate dopo lo scoppio della bolla immobiliare e il bailout del 2011. L’Irlanda, come altri Pigs, fu costretta ad “accettare” dall’Unione Europea un prestito da 67 miliardi di euro per evitare la bancarotta. Per ripagarli il governo ha tagliato progressivamente 30 miliardi di spesa pubblica, introdotto nuove tasse e decurtato i salari del 20%. I benefici sociali del welfare sono stati ridotti e lo standard di vita degli irlandesi è calato inesorabilmente.

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