Sinceramente, da parte mia, avrei potuto definire “ricca di contenuti
filosofici” una colazione fatta con Gilles Deleuze o Michel Foucault.
Evidentemente non è la stessa cosa per la ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, estasiata da una colazione insieme a Diego Fusaro (“Una colazione ricca di contenuti filosofici. Bisognerebbe iniziare tutte le mattine così”),
accompagnata per di più da un selfie. E, intendiamoci, non importa se
questa foto o questa dichiarazione sono di una settimana o di un anno
fa: non cambia assolutamente nulla. I “contenuti filosofici” sono sempre
gli stessi, evidentemente considerati ‘arricchenti’ da chi sta alla
guida del ministero della Pubblica Istruzione.
Ma di che si tratta?
Ebbene, come è stato dimostrato in un articolo su Codice Rosso (Fusaro, poco rosso molto bruno), la tendenza culturale e politica di cui Fusaro è sostenitore possiede diverse caratteristiche. Cerchiamo di riassumerne i punti principali (si rimanda comunque alla lettura dell’articolo): il punto di partenza delle tesi di Fusaro è la convinzione che esista un “perverso
disegno” che avrebbe come obiettivo “la sostituzione programmata della
popolazione europea con il nuovo esercito industriale di riserva dei
migranti provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo”.
Promotore del complotto sarebbe un gruppo di finanzieri capeggiato da
George Soros, che utilizzano come manovalanza le ONG.
Insomma, di fronte a questo complotto sarebbe più che giusto chiudere le frontiere. Fusaro si scaglia inoltre contro ogni multiculturalismo e contro i progetti Erasmus, definendo i “giovani” come “femminilizzati”. In tale etichetta risiede una misoginia di fondo che si incanala nel disprezzo generalizzato verso qualsiasi ideologia “gender”, considerata come una nuova arma “utilizzata dai malvagi per la distruzione delle identità culturali nazionali in quanto «disgiunge
la sessualità dalla funzione procreativa e contrabbanda il nuovo mito
omosessualista, transgenderista e post familiare come paradigma glamour
per le masse precarizzate e indotte all’abbandono del modello familiare
borghese e proletario mediante riti di normalizzazione post moderna (gay
pride, sfilate arcobaleno, Pussy Riot)»”.
Tale ideologia avvicina Fusaro agli ambienti integralisti religiosi e alla destra. Tra l’altro, le sue dichiarazioni sull’antifascismo (“nobile categoria che legittima pratiche fasciste”) lo rendono simpatico a Casapound e Fratelli d’Italia
che, quando possono, lo invitano volentieri. Più che filosofo, Fusaro
sembrerebbe quindi un esperto nel dire tutto e il contrario di tutto, di
rigirare il discorso a proprio vantaggio utilizzando un pensiero
spicciolo e adattato alla velocità dell’era digitale.
Io, con chi fa
dichiarazioni simili, non ci prenderei nemmeno un caffè.
Ma veniamo adesso agli imbuti: cosa c’entra il pensiero di Fusaro con gli imbuti? Apparentemente nulla, eppure, riempire
uno studente con tale pensiero equivarrebbe a riempire un imbuto. Nel
senso che scorre via, non resta niente: come un pensiero digitalizzato,
adattato alla velocità e all’inautenticità di un mondo modello “Matrix”.
Forse, è proprio pensando a queste idee che la ministra ha detto che
gli studenti non sono imbuti da riempire. Inutile qui stare a rivangare
su questa dichiarazione che, giustamente, è già stata oggetto di
abbondante ironia. Se la ministra voleva fare riferimento al cosiddetto “imbuto di Norimberga”
(una incisione del XVII secolo in cui si vede un maestro con un imbuto
sulla testa di un bambino), come poi ha dichiarato, è evidente che non
poteva paragonare gli studenti a imbuti da riempire (azione, come è
noto, impossibile a realizzarsi perché gli imbuti sono bucati). In
questo senso bisognerebbe dire che la ministra si è espressa male oppure
che è stata vittima di un lapsus, pensando all’imbuto di Norimberga. Ma
forse sì, è stata vittima di un lapsus, non riguardo all’imbuto di
Norimberga, ma riguardo alla DAD.
O, forse, non si tratta di un lapsus e qui, allora, si sottovaluterebbe enormemente la capacità analitica della ministra. La
frase: “gli studenti non sono imbuti da riempire” sarebbe una
inconfutabile dichiarazione contro la DAD. In effetti, con la didattica a
distanza, gli studenti diventano imbuti: le nozioni e le informazioni
loro offerte scivolano via, come dentro un imbuto. O, forse,
mentre consciamente ne tesse le più grandi lodi, è proprio a livello
inconscio che la ministra odia la DAD, la quale trasformerebbe gli
studenti in imbuti.
Comunque, parlando seriamente, la DAD è un
sistema che penalizza gli studenti più fragili e più in difficoltà.
Penalizza i più schivi, i più timidi, coloro che in classe si
sottrarrebbero a qualsiasi dialogo e a qualsiasi domanda ma che,
appunto, in classe, possono essere coinvolti maggiormente per mezzo
della presenza fisica. E allora potremmo domandarci perché
venga esaltata tanto questa didattica a distanza, perché, da parte del
ministero, venga investito così tanto per una modalità didattica che è e
che dovrebbe rimanere emergenziale.
Con le
scuole che crollano, con la mancanza degli strumenti più essenziali alla
didattica (dai PC alle cartine geografiche), con l’impossibilità, in
molti casi, di fornire i bagni dei più banali oggetti per l’igiene
personale (dalle saponette alla carta igienica), la scuola investe 850
milioni di euro per la DAD, una modalità di insegnamento che, ripetiamo,
dovrebbe rimanere limitata solamente all’emergenza.
Come abbiamo già affermato in precedenza, dietro questa esaltazione della didattica a distanza bisogna intravedere soltanto interessi economici (cfr. Virus e potere: la didattica a distanza e i corpi senza corpo). Sembra che della vera educazione e dei veri problemi degli studenti, ai piani alti, non interessi niente a nessuno. Durante la DAD, i ragazzi più deboli resteranno indietro e sarebbe un errore riproporla anche a settembre.
Perché anche un docente, in modalità a distanza, è portato a ‘correre
di più’, come si suol dire, cioè ad affrontare più argomenti in modo più
rapido.
Se, infatti, non si presentano le consuete
problematiche disciplinari (essendo gli alunni separati e a microfono
spento) la tendenza è quella di spiegare più argomenti in minor tempo. E
poi, l’impossibilità di poter guardare i ragazzi negli occhi durante
una spiegazione, mentre fanno una domanda, mentre il docente la fa a
loro (gli alunni minorenni devono infatti tenere spenta la telecamera
per motivi di privacy), non gioca certo a favore di una buona pratica di
insegnamento. Fermo restando che gli insegnanti, in questo
periodo, hanno lavorato enormemente e, forse, anche molto di più che
durante la didattica in presenza, ciononostante, il ministero,
in modo sprezzante, impone delle modalità di recupero in presenza a
settembre, come se il periodo della tanto esaltata DAD fosse stato
buttato via.
Insomma, l’impressione generale è che, in questo periodo, sia per
quanto riguarda la scuola, sia per quanto riguarda le più banali
prescrizioni dei vari DPCM, si sia detto tutto e il contrario di tutto.
Questa cosa si può fare, questa no, oppure sì solo a determinate
condizioni; si possono incontrare solo i congiunti ma chi cavolo sono
questi congiunti? Prima non si boccia nessuno poi si può bocciare, esami
di maturità solo online poi in presenza e a settembre chi lo sa...
L’impressione è che si sia giocato con le parole, come fa Fusaro,
prendendosi gioco dei cittadini e, quel che è peggio, di giovani
studentesse e studenti. Ci sarebbe da piangere ma, forse, è meglio riderci un po’ su, per sdrammatizzare, con Corrado Guzzanti e il suo personaggio di Vulvia (celebre la sua battuta sullo ‘mbuto), riadattato al discorso della Azzolina sugli alunni come imbuti (Corrado Guzzanti: il grande ritorno di Vulvia e degli Mbuti a Propaganda Live).
E allora, in fin dei conti, possiamo sicuramente fare nostra questa
frase, molto usata ai tempi del '68 e del '77: “La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà”.
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