Non se ne farà niente, ed è l’unica buona notizia. La proposta di mettere in campo sessantamila volontari come “guardie civiche” per i controlli sulla movida ha avuto la stessa durata di una droplets infetta sotto il sole di agosto. Seccata appena emessa dalla bocca sconsiderata del ministro Boccia, teoricamente a capo del dicastero per le Regioni, che si era catapultato a corpo morto su una richiesta dei sindaci.
I quali sono terrorizzati dalla possibilità che la massa di persone di nuovo in strada la sera, soprattutto giovani, possa alimentare una “seconda ondata” di contagi e quindi riportare la situazione al lockdown di partenza, con disastri ulteriori per commercianti e turismo.
Inutile dar conto nei dettagli delle comiche reazioni della cosiddetta “politica”, con la destra che urla alla “svolta autoritaria” (da che pulpito, per chi voleva i “porti chiusi” e le “ronde”), i “democratici” che minimizzano e tanti tontoloni che discettano.
In poche ore queste “guardie di complemento” sono state derubricate prima ad “assistenti civici”, incaricati di “consigliare” comportamenti di massa meno sbarazzini. Poi a “volontari” addetti a dare aiuto a chi non può uscire di casa per comprare cibo e medicinali o per aiutare nel contingentamento degli ingressi nei parchi, a metà strada tra la caritas e gli ausiliari del traffico davanti alle scuole materne.
Una evaporazione velocissima della prima formula, dove venivano presentati come una specie di “aiutanti vigili urbani”, incaricati di far rispettare il distanziamento sociale anche a chi viaggia con aperitivo o birra in mano.
Il che, sul piano concreto, sollevava diversi “problemini”. Se sarebbero stati assunti e retribuiti (o assicurati, perché si sa che le dinamiche di strada, dopo una certa ora, facilitano le “discussioni accese” e qualche sberla). Come sarebbero stati selezionati (vi immaginate una banda di Casapound o Forza Nuova con la “legittimazione” a rompere le scatole ai passanti “sgraditi” per ragioni estetiche e comportamentali?). Quali poteri sanzionatori avrebbero mai potuto avere (che è una prerogativa delle “forze dell’ordine”, richiedono un minimo di informazioni legali, una qualche “responsabilizzazione” trasmessa con una formazione più o meno seria, ecc). E tanti altri.
È sorprendente, comunque, che in un Paese tormentato dalla presenza di un numero spaventoso di polizie (carabinieri, polizia propriamente detta, guardia di finanza, vigili urbani, polizia penitenziaria, ecc), con centinaia di migliaia di uomini e donne in divisa e non, più altre decine di migliaia di vigilantes privati, si “senta il bisogno” di arruolare altri 60.000 “volontari” per disciplinare l’ora dell’aperitivo.
Il che solleva più di una riflessione sul livello di competenze della classe politica nella materia che in teoria meglio dovrebbe conoscere, ossia l’assetto istituzionale. C’è voluto il mormorio incazzoso dei vertici delle polizie vere, subito raccolto e fatto proprio dal ministro dell’interno Lamorgese (una “tecnica” issata al Viminale) per ricordare a tutti questi dilettanti che “l’ordine pubblico” è una materia complessa e pericolosa, che non può essere neanche in parte delegata a volenterosi ignoranti.
Che però sembra proprio la definizione giusta per la presente classe politica. Una posse di “parlamentari per caso” che apre bocca e spara “proposte” senza neanche chiedersi se possano avere un senso nell’equilibrio di poteri e contropoteri che costituisce lo Stato (quello che dovrebbero governare, poveri noi...).
Si capisce che siamo agli ultimi stadi di una degradazione della classe politica. Una situazione in cui chi ricopre un incarico pubblico non sa neppure quali siano le sue stesse prerogative (ossia: cose deve saper fare e cosa non si deve permettere neanche di pensare). Un dilettantismo parolaio – tipo quei “dietrologi” che riscrivono cento volte la storia d’Italia annaffiandola di “misteri” che devono rigorosamente restare tali – in cui tutto può esser detto a beneficio di telecamera e tutto può esser negato o dimenticato un attimo dopo.
Con il pericolo, sempre in agguato, che nessuno ci faccia lì per lì caso e quindi che quella corbelleria, sparata tanto per guadagnarsi un titolo di giornale, diventi legge. “L’orrore...”, direbbe Kurz...
Proprio l’“ordine pubblico”, non per caso, è diventato negli ultimi anni il terreno dove l’improvvisazione “che fa notizia” trova il suo massimo di applicazione. Si può capire facilmente il perché: le materie economiche e industriali sono di competenza Ue o affidate agli ordini di Confindustria. La politica estera, tranne alcune “pensate” anche interessanti (tipo il memorandum di adesione alla Via della Seta), sta in mano alla Nato e alla stessa Ue. Tutto il resto interessa poco e pochi (basti vedere come vengono trattati scuola, ambiente e sanità, da decenni).
Sull’ordine pubblico invece si possono guadagnare facilmente titoli e quindi voti, anche se si è obbligati a spararla sempre più grossa degli altri (su questo Salvini era quasi inarrivabile; e il non essere più ministro è stato per lui un disastro).
Una riflessione seria, però, alla fine di questa presa per i fondelli, ci sembra doverosa.
Che possano venir fuori “pensate” come questa – dei sindaci e di Boccia – è la dimostrazione fisica che tra “potere” (anche minimo, come quello residuale della classe politico-amministrativa) e popolazione non c’è più nessun “corpo intermedio”. Ossia partiti di massa, sindacati, associazionismo, “organismi di massa” in grado di recepire bisogni dal basso e sintetizzarli in “disegni di riforma” dotati di una qualche razionalità sistemica.
Quegli stessi corpi intermedi riuscivano bene o male a svolgere anche la funzione opposta, ossia far comprendere a tutti i propri membri le “disposizioni generali” che venivano dall’alto, per farle accettare oppure contrastarle secondo una logica politica altrettanto razionale e sistemica. Cioè politica in senso alto.
Oggi il potere sa che c’è un sacco di gente, quaggiù. Ma se ne ricorda, per rabbonirla, solo in campagna elettorale. Non la conosce, soprattutto non l’ascolta né vuole farlo. Perché non ha più molto da offrire in cambio di una partecipazione subordinata (anche le clientele sono meno estese, causa tagli faraonici alla spesa pubblica e ai “costi della politica”).
Quindi, quando deve preoccuparsi di far capire alla popolazione cosa bisogna fare, ha nel cervello solo il tasto del “comando”. Al massimo con la subordinata della “comunicazione”, che è poi la stessa supposta rivestita con molta vaselina.
E quindi ogni provvedimento che si sa in partenza essere impopolare si trascina dietro un “di più” in termini di forze dell’ordine.
Siamo arrivati ai “volontari”, anche su questo terreno. Significa che il fondo del barile è stato raggiunto. Perché un “volontario” non ha alcun titolo per imporre a nessuno alcunché. Anzi, stimola la voglia di farsi “volontari” a fare tutt’altro...
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