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31/05/2020

Itesa segreta USA-Iran? Il perno potrebbe essere il nuovo primo ministro iracheno

di Michele Giorgio – Il Manifesto

«Dovessimo tener conto solo delle posizioni e delle dichiarazioni ufficiali delle due parti, l’ipotesi di una tregua tra Usa e Iran ci apparirebbe del tutto infondata. Il quadro però è in continua evoluzione e non escluderei che questa possibilità passi per l’Iraq, al momento il terreno di scontro principale tra Washington e Tehran».

È stato questo il commento dell’analista Mouin Rabbani alla nostra domanda sul «cessate il fuoco» politico e diplomatico non dichiarato in atto tra Iran e Usa di cui si sussurra in Medio Oriente. Tehran avrebbe ordinato alle milizie sciite irachene sotto il proprio controllo di placare, per il momento, la sete di vendetta per l’assassinio, compiuto dagli Usa lo scorso 3 gennaio, del generale iraniano Qassem Soleimani e del vice comandante delle Brigate Hezbollah irachene Abu Mahdi al Muhandis. E di contenere gli attacchi alle basi militari Usa in Iraq. In cambio Washington chiuderà un occhio sul rispetto da parte di alcuni paesi delle sanzioni che ha varato contro l’Iran, consentendo così a Tehran di respirare.

Secondo Middle East Eye, un giornale online sul Medio Oriente ben informato, al centro di questa presunta soluzione ci sarebbe Mustafa Al Kadhimi, primo ministro iracheno da qualche settimana, gradito a Washington e decisamente meno a Tehran. Al Khadimi, ex capo dell’Inis, l’intelligence dell’Iraq, è considerato ostile dall’Hezbollah iracheno. Abu Ali al Askari, il comandante di questa milizia, ha accusato Al Kadhimi di essere coinvolto nell’attacco a Soleimani e Al Muhandis.

Alcuni hanno ricordato la storia di collaborazione del nuovo capo del governo con la Cia e i suoi rapporti con Ahmed Chalabi un «oppositore» dell’ex leader iracheno Saddam Hussein che nel 2003 chiese con forza agli Usa di attaccare e invadere l’Iraq, sostenendo il possesso da parte di Baghdad di armi di distruzione di massa che in realtà non esistevano.

Al Kadhimi intende stringere i rapporti con l’Arabia Saudita nemica dell’Iran. Il premier iracheno ha subito inviato l’influente ministro Ali Allawi a Riyadh per siglare un accordo per la fornitura di energia elettrica, in vista della scadenza della proroga delle sanzioni Usa sulle importazioni dall’Iran; per sviluppare la produzione di gas nel giacimento di Okaz e per sbloccare l’invio di un ambasciatore saudita in Iraq. Allawi ha anche incontrato il ministro degli esteri saudita, Faisal bin Farhan al Saud, il quale ha espresso sostegno al governo iracheno e i suoi sforzi «per superare la difficile situazione contro il terrorismo». Ed ha affermato la disponibilità del suo paese a sostenere l’Iraq «in tutti i campi».

In sostanza Riyadh si propone di prendere il posto dell’Iran che mantiene una forte influenza sull’Iraq portandogli però scarsi benefici economici. E proprio mentre Kadhimi va ripetendo la volontà di porre tutte le milizie irachene filo-Iran sotto il pieno controllo del governo e delle forze armate, Faik Sheikh Ali, segretario del Partito popolare per la riforma, ha denunciato davanti alle telecamere della tv saudita Al Arabiya che le Pmu – la coalizione di forze paramilitari a maggioranza sciita creata nel 2014 per combattere l’Isis dalla massima autorità sciita irachena, l’ayatollah Ali al Sistani – pagano salari per 130 mila uomini avendone in realtà solamente 48 mila.

Tehran guarda a questi sviluppi con preoccupazione ma, sottolinea Middle East Eye, deve fare buon viso a cattivo gioco pur di vedere allentate le sanzioni Usa che penalizzano la sua economia. Un tribunale lussemburghese il mese scorso a sorpresa ha scongelato beni iraniani bloccati dalle misure statunitensi. Il presidente iraniano Hassan Rohani ha salutato con enfasi «la vittoria» contro «la prepotenza» della Casa Bianca.

Da parte sua una fonte autorevole ma anonima citata da Mee ha commentato: «Gli americani hanno ottenuto il loro uomo a Baghdad (Al Kadhimi, ndr) e gli iraniani i loro soldi». Altre fonti parlano di intese dietro le quinte per scongelare beni iraniani e fondi della Banca centrale iraniana, ufficialmente per aiutare Tehran nella lotta al coronavirus. E non è passato inosservato il recente ritiro da parte degli Usa di missili Patriot posizionati in Arabia Saudita.

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