23/05/2020
Roba da pazzi... Pure Benetton batte cassa!
Gli imprenditori italiani, piuttosto scarsi – in media – quanto a idee innovative e voglia di rischiare capitali propri – hanno fiutato il vento che tira e alzano il prezzo ogni giorno.
Con l’elezione di Carlo Bonomi – ex bocconiano diventato amministratore delegato di una piccola società di elettromedicali grazie a un contorto sistema di scatole cinesi – ritengono di aver trovato il loro Napoleone.
Il già generosissimo “Decreto rilancio” non basta più, ognuno – specie se con fatturati miliardari cerca di passare all’incasso sfruttando il momento dei finanziamenti a pioggia, spesso a fondo perduto. Abbiamo visto pochi giorni fa il signor Fiat Elkann pretendere una “garanzia” da 6,3 miliardi su un prestito che le banche faticano a concedergli.
Ma che nei primi posti della fila dei questuanti si trovi anche la famiglia Benetton, patron di Atlantia e dunque di Autostrade, con sulle spalle la responsabilità del crollo del Ponte Morandi e di 43 morti (oltre a 566 sfollati)... beh, supera ogni macabra fantasia.
Il cda del gruppo ha emesso un allucinante comunicato che arriva a minacciare “azioni legali contro lo Stato” se non verrà concessa anche a loro una “garanzia” da 1,2 miliardi su un prestito che – anche a loro – le banche esitano dall’elargire.
Il dato oggettivo è la crisi di tutto il “sistema automobile” in seguito alla pandemia – dalla produzione automobilistica vera e propria a tutto l’indotto, rete autostradale compresa, per ovvio crollo del traffico causa lockdown.
Ma qui siamo all’improntitudine più sfrontata, con Atlantia che accusa lo Stato per una perdurante “situazione di incertezza” sul proprio futuro, che sarebbe legata al (lentissimo e cautelosissimo) procedimento di esame per l’eventuale revoca della concessione.
Ricordiamo che la rete autostradale, di cui Atlantia gestisce una gran parte, è stata costruita con soldi pubblici e poi, nel 1999, data in concessione ai Benetton tramite la privatizzazione della società Autostrade per l’Italia. Il contratto di concessione prevede un “canone di affitto” e ovviamente la responsabilità di Atlantia per quanto concerne la manutenzione.
Tocca, come si dice, alla magistratura accertare le responsabilità penali (societarie e individuali) per il crollo del Ponte e la strage. Ma che il Ponte sia crollato per errori o “eccessi di risparmio” sulla manutenzione è cosa certa dal primo minuto. Se affittate casa a un estraneo e quello ve la fa trovare devastata, non è che ci sia molto da discutere sul fatto che sia responsabilità sua o meno (a meno di irruzioni di rapinatori e/o polizie)...
Da due anni, insomma, Atlantia vivrebbe “nell’incertezza” sulle sorti della concessione (che Lega e Pd, in primo luogo, si sono rifiutati di revocare immediatamente, per palese violazione contrattuale). E dunque pretende dallo Stato questa “garanzia” miliardaria altrimenti blocca 14,5 miliardi di investimenti (nella manutenzione, com’è ovvio) e lascia andare in malore il bene pubblico a lei (incautamente) affidato.
Incertezza accresciuta dalla cancellazione – nel decreto Milleproroghe – della clausola che prevedeva il pagamento di penali, da parte dello Stato, in caso appunto di revoca della concessione.
Insomma: che i Benetton, a quasi due anni dalla strage di Genova, siano ancora gestori di gran parte della rete autostradale, è già uno scandalo. Che ora pretendano “garanzie” altrimenti fanno crollare tutto e promuovono pure una causa civile contro lo Stato, è inascoltabile.
In qualsiasi paese minimamente serio sarebbero stati estromessi e costretti a pagare risarcimenti miliardari (allo Stato, ai parenti delle vittime, agli abitanti che hanno perso la casa nel crollo e poi nei lavori di demolizione/ricostruzione). In un Paese anche giusto ma severo guarderebbero il sole a scacchi fin dal ferragosto del 2018.
Però il comunicato del loro cda merita alcune citazioni, per consentire anche al più pacioso dei lettori di farsi un’idea orrenda della famiglia del “golfino” (che in Patagonia considerano comunque massacratori tramite esercito e mercenari).
I due anni di battaglia legale (per evitare la revoca e pagare il meno possibile per la ricostruzione del Ponte, disegnato ora da Renzo Piano), l’incertezza sulla revoca e le mosse del governo col Milleproproghe avrebbero “determinato gravi danni all’intero gruppo” e generato “preoccupazione sul mercato e a tutti gli stakeholder” (sono coloro che hanno a che fare a vario titolo con l’azienda: azionisti, clienti, dipendenti, fornitori, ecc. ma fa figo dirlo in inglese).
Soprattutto la cancellazione per legge delle eventuali penali, secondo i Benetton, ha cambiato “il quadro di riferimento” per gli investitori e le banche, e “hanno determinato il downgrade del rating” da parte di Moody’s nei primi giorni di gennaio.
Soffermiamoci su questo punto: Atlantia rappresenta sui mercati un cadavere che cammina fin dal ferragosto del 2018, perché nessuno al mondo avrebbe scommesso un centesimo sul fatto che la concessione potesse non essere inevitabilmente revocata in tempi stretti.
Grazie alle “entrature” dei Benetton nel mondo politico (tutti, tranne forse i Cinque Stelle), sono due anni che il tira-e-molla va avanti e i Benetton continuano a guadagnare con i pedaggi autostradali (l’unica attività del Gruppo che porti profitti...).
Ma è un gioco che deve arrivare a una conclusione. E anche se il Pd ha fatto di tutto – dopo la Lega, che era al governo al momento del crollo e per un anno successivamente – per evitare di buttar fuori a calci i Benetton, questi provano a giocare in contropiede. “Se i mercati non ci considerano certamente solvibili è colpa dello Stato”...
È infatti diventato “particolarmente difficile l’accesso ai mercati finanziari”, il che ha determinato una “grave tensione finanziaria”, ovviamente “aggravata anche dai pesanti effetti della pandemia”.
Seguono i pianti sul crollo del traffico nel periodo di lockdown: “un tracollo con punte massime dell’80%, generando una perdita di ricavi stimata in oltre 1 miliardo di euro per il solo 2020″.
Conclusione ricattatoria tipica del “prenditore” italico: se non ci garantite quel prestito da 1,2 miliardi dovremo tagliare i posti di lavoro.
Uno Stato serio risponderebbe in modo semplice ma fermo: “fallisci sereno, i lavoratori li prendiamo in carico noi, così come la gestione di tutta la rete di Autostrade per l’Italia; così guadagniamo noi qualcosa al tuo posto e teniamo in piedi l’infrastruttura, che tu hai dimostrato di non saper mantenere“.
Per avidità esagerata...
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