I nodi alla fine vengono al pettine, anche in Lombardia e nella sua, fino a ieri, immutabile cricca di comando sulla Regione.
Mentre a Bergamo sono iniziati gli interrogatori della magistratura sulla strage di pazienti e malati di Covid-19 (ieri è toccato all’assessore Gallera, oggi al presidente Fontana), anche sui numeri forniti dalla Regione relativamente ai casi di contagio, la giunta è finita sotto il tiro di chi sa di cosa parla quando cita numeri e l’ha accusata esplicitamente di fare “magheggi”, un giudizio più che esplicito.
“In Lombardia è evidente che i casi sommersi sono 10-20 volte quelli esistenti" – ha affermato con sicurezza il prof. Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe che da anni si occupa di monitorare il sistema sanitario – “e se non li vado a identificare, tracciare e isolare questi continuano a girare e contagiare. E’ un cane che si morde la coda: da una parte non si vogliono fare troppi tamponi per evitare di mettere sul piatto troppi casi, dall’altro non identificando questi casi si alimenta il contagio tanto che, secondo la valutazione che pubblichiamo oggi, negli ultimi 23 giorni, dal 4 al 27 maggio, la Lombardia ha il 6% di tamponi diagnostici positivi, e sottolineo ‘diagnostici’, perché se mettiamo al denominatore tutti i tamponi fatti è chiaro che questa percentuale artificiosamente scende”.
Ma in un altro passaggio il prof. Cartabellotta è stato anche più contundente: “La nostra grossa preoccupazione è che in questo momento la situazione lombarda sia quella che uscirà per ultima da questa tragedia, perché se si chiude troppo tardi e si vuole riaprire troppo presto, e si combinano anche dei magheggi sui numeri, allora è ovvio che la volontà politica non è quella di dominare l’epidemia ma è quella di ripartire al più presto con tutte le attività, e questo non lascia tranquilli”, ha detto il presidente della fondazione Gimbe per il quale “non si sta effettuando un’attività di testing adeguato”.
La Giunta della Regione Lombardia ha reagito a queste accuse annunciando una querela contro il prof. Cartabellotta, trincerandosi dietro il fatto che nessuno, a partire dall’Istituto Superiore di Sanità, “ha mai messo in dubbio la qualità del nostro lavoro che, anzi, proprio l’Iss ha sempre validato ritenendolo idoneo per rappresentare la situazione della nostra regione”.
A inizio settimana poi c’è stato un altro incidente che ha avuto forti ripercussioni anche sul piano sociale e psicologico tra la popolazione.
Alcuni cittadini dell’area metropolitana di Milano, lunedì scorso si sono visti arrivare sul telefonino un sms in cui venivano avvertiti di avere avuto contatti con casi di coronavirus. A confermarlo è la stessa Ats (azienda territoriale sanitaria) di Milano Città Metropolitana che precisa di avere poi rettificato l’informazione ieri, sempre via sms.
Questo il testo completo della “comunicazione urgente ai cittadini“: “Gentile Sig/Sig.ra lei risulta contatto di caso di Coronavirus. Le raccomandiamo di rimanere isolato al suo domicilio, limitare il contatto con i conviventi e misurare la febbre ogni giorno. Se è un operatore sanitario si attenga alle indicazioni della sua Azienda”. Nelle nuova comunicazione si precisa che “agli interessati è stato inviato un ulteriore sms di rettifica nella giornata di martedì 25 maggio”. Insomma un errore informatico, ma di quelli che lasciano tracce pesanti.
Infine cominciano a muoversi anche le piazze, e qui le preoccupazioni della cricca di comando lombarda si intersecano e coincidono con quelle del governo centrale.
Mercoledì un corteo della Cub che chiedeva anche le dimissioni della giunta, ha cercato di raggiungere il palazzo della Regione fronteggiandosi a muso duro con la polizia.
Oggi l’Usb, nel quadro di una giornata nazionale di mobilitazione, manifesta sotto l’assessorato regionale alla Sanità chiedendone il commissariamento e non solo. “Senza un’indicazione chiara degli obiettivi e delle riforme da attivare, il commissariamento rischia di essere un’inutile e ingannevole chimera o un ritorno a quella “normalità” che invece si è dimostrata essere il problema” – scrive l’Usb – “La sanità in Lombardia, così come altrove, deve tornare ad essere pubblica, universale e gratuita”.
Ma forse il segnale più forte di questa crisi della cricca di comando in Lombardia, è quel sindaco di un piccolo paese della bergamasca, leghista anche lui, che ha aspettato Gallera e Fontana davanti al tribunale di Bergamo, accusandoli delle loro responsabilità per la morte di tante persone tra cui suo padre. È un aspetto dello scricchiolìo estremamente significativo.
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