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25/05/2020

Covid-19 e spettri della movida

Il decorso della pandemia covid nella vita sociale ha ultimamente mostrato due tendenze tra loro contraddittorie. La prima è quella dell’immediato desiderio del ritorno al “prima” alla “normalità” qualsiasi cosa effettivamente questo significhi. La seconda è la consapevolezza che non solo qualcosa è cambiato ma che i cambiamenti intervenuti sono destinati a permanere ma, anche qui, senza una reale percezione di cosa sia effettivamente mutato. Questo genere di contraddizioni è visibile nel nostro paese sulla questione del governo della vita notturna, che, oltre alla questione del virus, investe il tema della vita urbana, del consenso politico e anche della difficile connessione tra economie.

Già perchè quella che viene chiamata movida, trapiantando il termine spagnolo nel linguaggio giornalistico italiano, è tutto fuorché una abitudine frivola e senza conseguenze: è una night-time economy molto sviluppata tanto che, non molto prima della crisi covid, veniva stimata in poco più del 4 per cento del pil nazionale praticamente il doppio del peso dell’agricoltura (2,2 per cento del Pil nel 2019).

La night-time economy, come tutte le economie, subisce due tipi di regolazione: giuridica e morale. Per quanto possa essere incerta e contraddittoria la regolazione giuridica su questo settore è molto forte la pressione morale che, nelle nostre società, si misura con i comportamenti dell’opinione pubblica (media e social assieme). Arriviamo così al fatto che ogni aspetto della night-time economy subisce una pressione morale dettata da criteri di valore provenienti dalla società agricola (la vita regolata, il risveglio mattiniero) già trasmessi alla società industriale (di qui l’archetipo dell’operaio operoso e puntuale) e che si ripropongono, virulenti, sui media e sui social nella nostra società. E funziona tanto che oggi si è fatto persino pressante il discorso di chi chiede i droni per tutto: dal controllo degli aperitivi a quello di chi getta la carta nei cestini.

Già molto prima della crisi covid, prima ancora delle codificazione di tutto questo come movida, il potere politico e l’opinione pubblica si sono gettati sulle difficoltà strutturali della connessione tra day-time e night-time economy. Del resto l’occasione è troppo ghiotta: nella difficile coesistenza nello spazio urbano di differenti stili di vita ed economie, la pressione su giovani e sulla vita notturna, l’affermazione del primato di un certo tipo di vita regolata crea consenso politico sui territori, e quel senso di superiorità morale che fa rating sui social e pubblico sui media.

Con la crisi covid la situazione è persino più complicata: nella grande incertezza legata alle modalità di cambiamento degli stili di vita, e dell’economia, del dopo pandemia, tutto il sistema di valori della day-time economy prova a imporsi per sopravvivere. Ovviamente stiamo parlando di un sistema di valori, e di comunicazione, che rimuove i comportamenti diffusi pericolosi in materia di prevenzione da contagio nella sfera produttiva e si concentra nel trovare bersagli nelle possibilità di contagio della sfera postproduttiva, per quanto economicamente importante, tra i runner, i bagnanti e la movida. Ed è il modo con il quale riemerge, in nuove vesti da social e da media mainstream e a difesa della fabbrica diffusa, il sistema profondo di valori di un’Italia rurale archetipica che prova a censurare ciò che si allontana dal suo cerchio di interesse: esibizione del corpo, promiscuità e piacere.

In questa maniera la day-time economy sopravvissuta alla pandemia prova a imporre le proprie emergenze, i propri sistemi di comunicazione, le proprie priorità nel modo che sa fare meglio da prima della pandemia: attaccando lo stile di vita della night-time economy, compresi comportamenti affini, approfittando delle oggettive difficoltà create dal decorso dell’epidemia, dei dubbi reali sul tipo di società che abbiamo davanti.

Naturalmente quando si muove un potere disciplinare, e da tempo questo tipo di potere ha fatto il salto sia nei media sia sui social, il controllo sulla vita, sull’educazione e sui giovani rappresenta un classico, che permette la legittimazione di questo tipo di potere. Con questo modo di operare, in una situazione di epidemia come la nostra, la movida viene rappresentata, con efficacia, come uno spettro, quello della vita non regolata, notturna, dai confini incerti che trasforma il problema della regolazione odierna nella night-time economy in una bomba fatta di ansia sociale che viene dal profondo. In questa ansia, piuttosto, di galleggiamento di una day-time economy che non vuol strutturalmente cambiare (infatti ripesca in un immaginario da Italia rurale) la censura morale pressante sulla movida come spettro rappresenta  una società che non riesce né a cambiare né a regolare sé stessa anche di fronte a questioni epocali come quelle poste dal virus covid. Oltretutto è legittimo, e anche sensato, pensare che nel prossimo futuro, sia per motivi sanitari che economici, gli stili di vita debbano cambiare. Ma nessuna società trova un proprio equilibrio se nei confronti della rappresentazione simbolica dell’esibizione del corpo, della promiscuità e del piacere trova solo occasione di censura, di imposizione ansiogena di una economia e uno stile di vita messi in discussione dagli eventi, e non possibilità di politiche adatte per vivere pienamente la vita sociale nella nuova dimensione.

per Codice Rosso, nique la police

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