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03/06/2020

Libia - ONU annuncia un nuovo tentativo di cessate il fuoco

I governi rivali libici, quello di Accordo Nazionale (Gna) di Tripoli e quello non riconosciuto internazionalmente di Tobruk (est Libia) hanno concordato a riprendere i negoziati per raggiungere un cessate il fuoco durevole. A dirlo è stata lunedì la Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil). L’Unsmil ha accolto con favore l’accettazione di Tripoli e Tobruk di tornare ai colloqui del Comitato militare 5 + 5, basato sul progetto di accordo che l’Onu aveva presentato alle due parti a febbraio. Sul suo sito, l’Unsmil ha anche precisato che il nuovo ciclo di colloqui avverrà tramite videoconferenza, esprimendo la speranza che la serietà e la responsabilità prevarranno durante i suoi lavori.

Segnali di conferma della ripresa del dialogo sono giunti da Tripoli che ha riferito di aver riavviato i negoziati con la Missione dell’Onu. “Il comitato del Gna mantiene ancora i suoi punti fermi per la ripresa dei colloqui che sono la richiesta di ritorno degli sfollati e il ritorno dell’Esercito nazionale libico (Enl) [guidato dal generale Haftar e che fa capo a Tobruk, ndr] a dove si trovava prima dell’offensiva su Tripoli”, ha spiegato una fonte dalla capitale riportata dall’Agenzia Nova. Il Gna ha anche affermato che i colloqui 5 + 5 “inizieranno presto” e che il loro ritorno ai negoziati “rientra nel quadro di fermare lo spargimento di sangue dei civili”. Un massacro di civili che, da quando Haftar ha avviato la sua offensiva contro Tripoli nell’aprile 2019, non si è mai fermato. Emblematico il fatto che una tregua raggiunta a gennaio da Russia e Turchia (che sostengono rispettivamente l’Enl e il Gna) sia fallita miseramente: l’Onu ha documentato infatti da allora più di 850 violazioni.

L’annuncio di una possibile ripresa del dialogo cambia però al momento ben poco la situazione sul terreno. Ieri le forze di Haftar hanno denunciato di aver individuato il 28 maggio a Misurata l’arrivo di una nave partita da Istanbul carica di mezzi blindati M60 della compagnia turca Cirkin. Al Mismari ha anche affermato che una nave italiana (“non parte dell’operazione navale europea Irini”) avrebbe localizzato quella turca senza fermarla. Il portavoce dell’Enl ha poi riferito di “importanti operazioni militari sul fronte a sud di Tripoli” da parte degli uomini di Haftar: l’Aeronautica militare dell’Lna ha fornito copertura aerea sopra la città di Gharyan verso la zona di al Aziziya per impedire alle forze di Tripoli di riunirsi. “Le nostre forze armate hanno effettuato un riposizionamento per costringere le milizie a ritirarsi”, ha detto al-Mismari. L’ufficiale libico ha anche osservato che “il popolo della città di al Asabia ha accolto con favore l’ingresso delle forze fedeli a Haftar nella sua città e che le forze del Gna “hanno iniziato a ritirarsi da Gharyan”, aggiungendo che “tutti i tentativi della milizia di entrare nella città di Tarhuna sono miseramente falliti”. Entrare a Tarhuna è settimane tra gli obiettivi principali delle forze del Gna sostenute dalla Turchia: dopo la presa dell’importante base aerea di al-Watiya, prendere possesso della città potrebbe voler dire spegnere del tutto le speranze dell’Enl di conquistare la capitale Tripoli.

Ma lo scenario libico si fa sempre più esplosivo anche per il coinvolgimento dei partner stranieri. Venerdì scorso il Comando degli Stati Uniti in Africa (Africom) ha detto di voler inviare una squadra di addestratori per l’esercito tunisino. L’annuncio ha scatenato non pochi malumori tra le forze politiche in Tunisia che leggono questa dichiarazione come un tentativo americano di coinvolgere Tunisi nel conflitto libico. Ipotesi smentita immediatamente dall’Africom che invece sottolinea come al centro del colloqui della scorsa settimana tra il ministro della Difesa tunisino Hazqui e quello di Africom Townsend vi sia stato solo l’arrivo di una unità per addestrare i soldati tunisini nell’ambito della formazione congiunta tra Tunisia e Stati Uniti. Una dichiarazione che però contrasta con quella iniziale di venerdì dove il target era stato esplicitamente la Russia. L’Africom, infatti, aveva parlato di utilizzare una brigata di assistenza alle forze di sicurezza alla luce delle attività condotte dalla Russia in Libia. “Mentre la Russia continua a soffiare sul fuoco del conflitto libico, la sicurezza regione in Nord Africa è di una preoccupazione crescente” aveva detto Townsend.

Che Washington guardi con sempre più preoccupazione alle mosse della Russia nello stato nordafricano dopo il presunto invio di quest’ultima di aerei da guerra per Haftar è evidente. La scorsa settimana il generale statunitense Gregory Hadfield, vice direttore del dipartimento intelligence di Africom, ha dichiarato che il sostegno russo potrebbe non incidere sullo stato della guerra civile libica in corso, ma potrebbe aiutare la Russia ad assicurarsi una roccaforte geostrategica in Nord Africa. “Se la Russia si assicura una posizione permanente in Libia o, peggio, impiega i suoi sistemi missilistici a lungo raggio – ha spiegato Hadfield – potrebbe esserci un cambio di passo in l’Europa, nella Nato e in molti paesi occidentali”.

Mentre la guerra continua in Libia con il suo carico di morti (almeno 5 civili uccisi domenica in un bombardamento presumibilmente di Haftar), c’è chi dall’estero ne approfitta. Ankara, il cui contributo militare è stato fondamentale negli ultimi due mesi per far passare il Gna da forza assediata a forza assediante, vuole infatti battere cassa. E così due giorni fa il ministro dell’Energia turco, Fatih Donmez, ha detto che il suo governo sta pianificando di iniziare l’esplorazione petrolifera tra 3 o 4 mesi entro i confini marittimi stabiliti da un memorandum d’intesa firmato da Ankara e Gna lo scorso novembre.

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