A distanza di tre mesi dal primo caso di Covid-19 registrato nel
Paese, il premier tunisino Elyes Fakhfakh ha annunciato che la Tunisia
“ha vinto la sua battaglia contro il Coronavirus grazie all’unità
nazionale”. “Abbiamo compiuto degli sforzi – ha aggiunto il primo
ministro in un’intervista rilasciata al canale tunisino Attasia e
ripresa dall’agenzia Xinhua – e siamo stati capaci di vincere”. Fakhfakh
ha quindi spiegato che il Paese riaprirà i suoi confini terrestri,
marittimi e lo spazio aereo il 27 giugno e che, chi visiterà la Tunisia,
dovrà stare in quarantena in hotel per un certo periodo.
Domenica il ministro della Salute aveva registrato solo due
nuovi casi di Coronavirus, portando il numero totale dei contagiati a
1.096 (49 i decessi). La paura è stata tanta in questi mesi nel
Paese nordafricano perché dispone ufficialmente di soli 500 posti
di terapia intensiva: un’ampia diffusione del virus avrebbe potuto
mettere in ginocchio l’intero sistema sanitario. Ma i 1.000 contagi
riportati non hanno del tutto ingolfato gli ospedali e rappresentano un
numero di gran lunga inferiore agli 8.838 casi registrati in Marocco o
agli 11.031 in Algeria. Dal primo caso riscontrato in data 2
marzo, le autorità tunisine hanno applicato (22 marzo) misure di
confinamento a livello nazionale e hanno messo in quarantena negli hotel
e in strutture specifiche coloro che presentavano sintomi leggeri. Le misure restrittive si sono alleggerite a inizio maggio e il 4 maggio hanno riaperto moschee, hotel e ristoranti.
Ma superato il virus – almeno stando a cosa dice Tunisi – c’è
da risolvere un virus ben più grave e duraturo: quello della fame. Domenica
Fakhfakh ha fatto sapere che il suo governo non farà ricorso ad altro
debito esterno e che le nuove spese per il Paese saranno finanziate
attraverso prestiti interni. A pagare il prezzo saranno gli
impiegati pubblici i cui salari, ha spiegato, saranno congelati a causa
dello stato critico delle finanze nazionali che le misure draconiane
anti-Covid hanno aggravato. L’annuncio creerà molto probabilmente forti proteste tra governo e il potente sindacato Ugtt che potrebbe decidere di paralizzare il Paese con proteste e scioperi.
La Tunisia necessita di altri 4,5 miliardi di dinari di prestiti
(circa 1,6 miliardi di dollari) a causa della crisi dovuta dalla
pandemia e il governo li cercherà nel mercato interno. “Il
debito esterno ha raggiunto livelli pericolosi e ora ha raggiunto il 69%
del Pil. Era il 30% nel 2013 e perciò ho deciso che non si può
continuare così”, ha spiegato Fakhfakh ad Attesia Tv. Secondo alcuni studi, l’economia tunisina registrerà una contrazione del 4,3%, il dato più basso dall’indipendenza del 1956. A
incidere sono soprattutto le perdite derivanti dal crollo del settore
turistico causa pandemia (-50% nei primi cinque mesi del 2020 rispetto
allo stesso periodo dello scorso anno).
A fare pressioni sul taglio ai salari pubblici – la cui spesa è più
che raddoppiata in 10 anni passando dai 7,6 miliardi del 2010 ai 17 del
2020 – sono gli enti internazionali. L’Ugtt ha però più volte ribadito
come il salario medio di 250 dollari è tra i più bassi al mondo
considerata anche l’alta inflazione che ha raggiunto il 6,3% a maggio (1
dollaro corrisponde a 2.844 dinari tunisini).
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