Come in un drammatico gioco dell’oca, siamo ad aprile 2021 e siamo tornati quasi al punto di partenza nella lotta contro l’emergenza pandemica. In Italia soprattutto, ma anche in paesi simili come la Francia, le cose non vanno meglio, anzi.
E a poco – per invertire la tendenza – sembra rivelarsi efficace una campagna di vaccinazione che stenta a decollare ai ritmi che sarebbero necessari. “Il ritmo delle vaccinazioni anti Covid in Europa è di una lentezza inaccettabile e sta prolungando la pandemia”, ha dichiarato l’Organizzazione Mondiale della Sanità.
In Italia a partire dal 27 dicembre è iniziata la vaccinazione di massa seguendo il piano vaccini elaborato dal Governo, ma al 1 aprile le dosi somministrate sono arrivate a 10.199.28.
Intanto i morti per Covid nel nostro paese sono saliti quasi a 110.000, mentre in dodici regioni e una provincia autonoma le terapie intensive sono ben sopra la soglia del 30%, superando la soglia di allerta individuata dal ministero della Salute oltre la quale il sistema sanitario va in crisi.
Un anno di “mezze misure”, di totale capitolazione davanti ai diktat della Confindustria e delle regioni a trazione leghista prima, e davanti alle multinazionali del Big Pharma poi, hanno fatto sì che dopo tredici mesi siamo ancora in “emergenza”.
Lo conferma la decisione del Consiglio dei Ministri di procedere per tutto aprile con zone rosse e zone arancioni rinviando ancora il miraggio di un ritorno alla zona gialla, cioè ad una parvenza di normalità.
Eppure, mentre le terapie intensive tornano a riempirsi, le persone muoiono a centinaia ogni giorno e continuano ad agire restrizioni parziali spesso incomprensibili – oltre che inefficaci – il partito trasversale del Pil (Confindustria e accoliti) può gioire. Nel trimestre novembre 2020-gennaio 2021, rispetto ai tre mesi precedenti, l’export è cresciuto dell’1,8% (solo verso la Cina del 54%, a febbraio, ndr).
Sul piano della produzione, la stessa Confindustria ammette che la produzione industriale italiana ha continuato a crescere anche in febbraio (+0,7%), dopo l’aumento già rilevato nel mese precedente (+1,3% congiunturale).
Quindi le chiusure e le restrizioni hanno riguardato solo alcune attività (soprattutto quelle legate alla socialità e la scuola), ma non quelle più legate ai grandi profitti privati. E i recenti dati dell’Inail confermano come, nella seconda ondata, il numero dei contagi nei luoghi di lavoro sia aumentata rispetto alla prima.
Mezze misure dunque che, in nome del modello “produci, consuma, crepa”, non hanno affatto ridotto come necessario la circolazione e l’assembramento delle persone per “motivi di lavoro”.
In Francia, comunque tardivamente, nel tentativo di arginare la “terza ondata” dell’epidemia che ha fatto collassare il sistema sanitario francese, arrivato al 90% dei posti occupati in terapia intensiva, il presidente Macron ha annunciato nuove restrizioni per tutto il Paese: zona rossa in tutta la Francia a partire da sabato e per quattro settimane, e la chiusura delle scuole per tre settimane, a partire da martedì.
Non siamo dei fanatici del lockdown, ma dopo un anno è ormai evidente che le mezze misure adottate per non scontentare Confindustria e regioni, soprattutto quelle leghiste, non hanno prodotto risultati, ed hanno logorato la tenuta complessiva della società di fronte ad un virus che è esattamente la carogna che abbiamo ancora parzialmente imparato a conoscere in questi quattordici mesi.
Aver rinunciato a chiudere completamente quando e dove era necessario, accompagnando le chiusure con una campagna a tappeto di tracciamento prima e di vaccinazioni poi, ci ha riportati quasi alla casella di partenza. Ma con risorse ed energie in fase di esaurimento.
Le risorse per i cosiddetti “ristori” sono ormai limitate e largamente insufficienti; e il governo Draghi già sta prendendo le misure sul come gestire la fase in cui questi cesseranno e occorrerà mettere mano al pagamento con “lacrime e sangue” del debito accumulato.
Infine, e non certo per importanza, la questione dei vaccini ha rivelato l’ulteriore “orrore” di sistema. I funzionari della Commissione europea che hanno negoziato con le multinazionali del Big Pharma, avevano in testa la stessa logica di quelle multinazionali – e non quella di uno Stato o di un soggetto pubblico – ragione per cui è sembrato loro “naturale” che i contratti firmati avessero quelle e non altre clausole.
Ed è sembrato altrettanto “normale” all’Unione Europea votare contro la socializzazione dei brevetti sui vaccini in sede di Wto – come chiedevano invece India e Sudafrica – per consentire una produzione di massa delle dosi necessarie, invece di essere subalterni alla chiusura e apertura dei rubinetti da parte delle multinazionali del farmaco.
Nonostante questo, in Europa e in Italia si è chiusa ogni sensata possibilità di utilizzare anche i vaccini russi, cinesi, cubani, che pure sono e saranno disponibili.
E qui si è compiuto il secondo disastro, quello che abbiamo davanti agli occhi. Se poi, oltre alle responsabilità delle classi dirigenti ci si mette anche la Legge di Murphy, l’incidente avvenuto alla Johnson & Johnson martedì, con 23 milioni di dosi da buttare, ecco che abbiamo davanti agli occhi la cifra di un sistema capitalista dominante e criminogeno.
Ad aprile 2021, dunque, potremo continuare solo ad andare a lavorare (produci), a fare un po’ spesa (consuma) e sperare di non contagiarsi o lasciarci la pelle (crepa).
È vero che dopo un anno vissuto in questo modo la società appare tramortita, ma la pazienza deve avere un limite che vada oltre la semplice impazienza.
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