Il Tribunale di Roma ha emesso un sentenza su un contenzioso tra una lavoratrice e il datore di lavoro destinata a provocare serie conseguenze nell’immediato futuro. Senza vaccinazione, se non ci sono altre mansioni a cui destinare il lavoratore o la lavoratrice, non si può andare a lavoro e si rimane senza retribuzione. A stabilirlo è stato il Tribunale di Roma con la sentenza n. 18441/2021, approvando il comportamento di un datore di lavoro alle prese con una lavoratrice non vaccinata per rifiuto volontario.
La causa era stata promossa da una lavoratrice, alla quale il datore di lavoro aveva sospeso il rapporto di lavoro e, di conseguenza, anche la retribuzione, a motivo del fatto che era risultata non idonea alle prestazioni lavorative in seguito alla visita d’idoneità del medico. In particolare, il medico aveva dichiarato la lavoratrice “idonea con limitazioni” («evitare carichi lombari maggiori/uguali a 7 kg») e che «non può essere in contatto con i residenti del villaggio» a ragione del «rifiuto di sottoporsi a vaccinazione contro il virus Sars Cov-2». A seguito di tale giudizio, con decorrenza dal 1° luglio scorso, il datore di lavoro ha sospeso il rapporto e la retribuzione alla lavoratrice, fino a eventuale giudizio di revisione di idoneità o alla cessazione delle limitazioni per pandemia. Il datore di lavoro ha preso questa decisione dopo aver ritenuto impossibile un diverso reimpiego, cioè l’impiego in altre mansioni.
La lavoratrice si è rivolta al tribunale sostenendo che il comportamento del datore di lavoro non fosse altro che un «provvedimento disciplinare per il rifiuto di sottoporsi a vaccinazione» contro il Covid. Ma il Tribunale ha prodotto una sentenza diametralmente opposta alla richiesta della lavoratrice. La sentenza afferma che non si tratta di una sanzione disciplinare, «bensì di un doveroso provvedimento di sospensione, adottato stante la parziale inidoneità alle mansioni». In questi casi, scrive il Tribunale, il datore di lavoro «ha l’obbligo di sospendere in via momentanea il dipendente dalle mansioni a cui è addetto, ai sensi dell’art. 2087 del codice civile».
Inoltre, secondo la sentenza del Tribunale, va tenuto presente quanto previsto dal Tu Sicurezza (dlgs n. 81/2008), all’art. 20: «Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro».
Pesanti le conseguenze anche per quanto riguarda l’obbligo retributivo da parte del datore di lavoro. Qui il tribunale, ritiene che “se le prestazioni lavorative vengono vietate dalle prescrizioni del medico competente con conseguente legittimità del rifiuto del datore di lavoro di ricevere, lo stesso datore di lavoro non è tenuto al pagamento della retribuzione”.
Insomma una sentenza che sposa in pieno tutte le richieste del padrone.
Di un provvedimento simile sancito per legge, al momento si ha notizia solo in Uzbekistan dove i dipendenti non vaccinati contro il Covid potranno essere sospesi dai datori di lavoro. A stabilirlo è una legge firmata dal presidente Shavkat Mirziyoyev. Sono esclusi dalla norma i lavoratori in condizioni di salute che impediscono la vaccinazione.
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