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26/08/2021

30 anni Linux: come il "free" ha destritturato l'organizzazione del lavoro

Il 25 Agosto i LUG (Linux User Group) di mezzo mondo hanno festeggiato il 30esimo compleanno di Linux. All’evento ha dato risalto anche Der Spiegel, il più diffuso settimanale tedesco, con un ampio articolo dal titolo roboante: Das System der Systeme.

Alle 20:57 del 25 Agosto del 1991, Linus Benedict Torvalds, giovanissimo studente dell’università di Helsinki, scrive la famosa mail al Minix Newsgroup (comp.os.minix), in cui annuncia appunto il lancio di Linux.

“Ciao a tutti voi là fuori che usate Minix – scrive Torvalds – sto realizzando un sistema operativo (gratuito) (solo per hobby, non sarà grande e professionale come GNU)“. [Hello everybody… I’m doing a (free) operating system].

All’epoca, scrive Spiegel, nessuno poteva immaginare che 30 anni dopo Linux sarebbe stato presente su circa l’80% degli smartphone, in quasi tutte le automobili di nuova concezione, su milioni di gadget elettronici, e su quasi tutti gli apparecchi IoT.

Che una versione di Linux avrebbe equipaggiato Ingenuity e Perseverance, l’elicottero e l’autoveicolo laciniati su Marte. Oppure che Linux sarebbe stato installato sui 500 computer più veloci attualmente in funzione nel mondo. O che avrebbe tecnicamente superato Unix, il sistema operativo dal quale Richard Stallman aveva tratto ispirazione per un sistema indipendente.

Il 29 gennaio del 1992, Andy Tanenbaum, professore di informatica alla Libera Università di Amsterdam, inventore di Minix, posta sul Minix Newsgroup parole pesanti. “Per me“, dice, “scrivere un sistema monolitico [come Linux] nel 1991 è una pessima idea“.

Anche se la storia del successo di Linux lo smentirà, il professore non aveva tutti i torti nel difendere un sistema a Micro Kernel.

Tanenbaum torna sull’argomento il 5 Febbraio del 1992, con un monito e una previsione che si dimostreranno totalmente errati, su un tema di interesse capitale, quasi universalmente sottovalutato in questa vicenda di software e sistemi operativi. Un tema del quale si trascura l’aspetto di innovazione nell’organizzazione del lavoro.

Negli anni Ottanta in Italia (e nel mondo) si parlava solo di sistema Toyota, di Qualità totale o di altri sistemi di organizzazione del lavoro o di divisione del lavoro implementati in oriente, trascurando completamente ciò che stava avvenendo, sin dai primi anni Ottanta, nel mondo del software.

“Penso che“, scrive Tanenbaum nel ’92, “coordinare 1.000 primedonne che vivono in tutto il mondo sarà facile come allevare gatti. Non credo che, dice, il problema del copyright sia davvero il problema. Il problema è coordinare le cose. Progetti come GNU, MINIX o LINUX tengono solo se una persona è al comando.

Durante gli anni ’70, quando è stata introdotta la programmazione strutturata, Harlan Mills ha sottolineato che il team di programmazione dovrebbe essere organizzato come un team chirurgico – un chirurgo e i suoi assistenti -, non come un team di macellazione di maiali – dove si dà un’ascia a tutti e si lascia libertà di macello“.

Tanenbaum, anche se la storia gli darà torto, centra perfettamente il problema. Non si tratta di copyright, di libertà o di gratuità. La vera sfida lanciata da GNU (e, a ruota, da Linux) è all’organizzazione del lavoro – al sistema di fabbrica tradizionale (toyotista).

La Qualità Totale aveva fatto un primo timido passo per riprendere la domanda nella produzione. Nei progetti GNU-Like si sfonda la barriera. Cambia profondamente l’organizzazione del lavoro. Persino certi aspetti dell’università e della ricerca vengo meccanizzati o proletarizzati, in ogni caso organizzati in maniera distribuita, collaborativa, con una forma di cooperazione sconosciuta sia al fordismo sia al toyotismo.

Negli anni, la lettura di questi cambiamenti nell’organizzazione del lavoro di fabbrica (della fabbrica diffusa, della quale il telelavoro è solo un aspetto), della proletarizzazione del lavoro intellettuale, della proletarizzazione dell’Università, eccetera, ha preso quella piega estetizzante, tipica delle avanguardie artistiche, nella quale in Italia siamo dei fenomeni.

Lo scontro tra rapporti di produzione e forze produttive è stato usato come fronte sul quale spingersi in avanscoperta.

Nella prima ondata i tecno-entusiasti tifavano Free Software. Free voleva dire gratuità, voleva dire redistribuzione della ricchezza (e della conoscenza), voleva dire orizzontalità dei rapporti, parità, democrazia.

Nella seconda ondata, in maniera altrettanto unilaterale, si sono scagliati contro la macchina, contro il Free e il gratis, accusati ora di privare proprio di quella libertà promessa.

Il tema della dialettica tra forze produttive e rapporti di produzione è stato trasformato in una questione intorno alle “libertà individuali”.

Anche lo Spiegel asseconda questa lettura quando, in modo davvero superficiale, scrive che Linux è stato libero fin dall’inizio in due sensi: libero come libertà di parola e libero come birra gratis (frei im doppelten Wortsinn: frei wie freie Rede und frei wie Freibier), azzerando l’appello della Free Software Foundation e di Richard Stallman a non considerare «Free» come Free beer (not free beer).

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