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30/08/2021

Sabin, per non dimenticare perché si vaccina

Il 26 agosto di 113 anni fa, Albert Bruce Sabin nasceva nel ghetto di Bialystok, città polacca allora sotto il dominio zarista. A 15 anni emigrò con la famiglia negli Stati Uniti, perché il padre, artigiano, cercava miglior fortuna e voleva sottrarre la famiglia al pesante clima antiebraico di cui aveva rischiato di fare le spese Albert stesso, quando, ancora bambino ma già individuabile dai tratti semitici che lo caratterizzano nelle foto da adulto, era stato fatto oggetto di una sassaiola in quanto “deicida”.

In America, il giovane Sabin mise a frutto il suo talento e la sua volontà negli studi cominciati nella facoltà di odontoiatria, ma terminati in quella di medicina dopo essersi scoperto un interesse speciale per la microbiologia e la virologia. Epidemie ricorrenti

Tuttavia, fu quasi per caso che Sabin si mise a studiare la poliomielite: “Fu il mio maestro, dottor Park, famoso per aver debellato la difterite, a consigliarmi di studiare la polio – ebbe a dire Sabin - quindi non fu una mia scelta: fu l'unica volta che feci qualcosa dietro suggerimento di un altro". Era il 1931, Sabin si era appena laureato e negli Stati Uniti era scoppiata una delle ricorrenti epidemie di polio. La precedente, del 1916 nel Nordest degli Stati Uniti, aveva registrato più di 27.000 casi con 6.000 morti.

La poliomielite colpisce soprattutto i bambini sotto i cinque anni di età, ma non solo: per esempio, aveva colpito il presidente Franklin Delano Roosevelt a 39 anni, lasciandolo semi-paralizzato. Il libro di Philip Roth “Nemesi” è interamente dedicato alla tragedia dell’estate del 1944 nella sua città natale, Newark, flagellata dalla poliomielite:
Il bollettino della polio, che veniva trasmesso quotidianamente dalla stazione radiofonica locale, teneva aggiornati i newarkesi sul numero e la localizzazione di ogni nuovo caso in città [...] Ovviamente, l’impatto di quei numeri era sconfortante, terrificante e defatigante. Perché quelli [...] erano gli spaventosi numeri che certificavano l’avanzata di un’orribile malattia e che, nelle sedici circoscrizioni di Newark, equivalevano ai numeri dei morti, feriti e dispersi della vera guerra. Perché anche quella era una vera guerra, una guerra di annientamento, distruzione, massacro e dannazione, una guerra con tutti i mali della guerra: una guerra contro i bambini di Newark
Perché la poliomielite era così diffusiva? Questa malattia, descritta per la prima volta dal medico britannico Michael Underwood nel 1789, è causata da tre tipi di enterovirus, con l’uomo come unico serbatoio naturale. Il contagio avviene per via oro-fecale, attraverso l’ingestione di acqua o di cibi contaminati o di microgocce di saliva (le cosiddette goccioline di Flügge) emesse da soggetti ammalati o portatori sani. Il virus attacca il sistema nervoso (soprattutto i neuroni motori del midollo spinale) e causa una paralisi di vario grado di gravità: dalla paralisi flaccida degli arti (soprattutto delle gambe) all’interessamento dei muscoli respiratori (negli anni cinquanta del secolo scorso erano molto diffusi i polmoni d’acciaio). Poiché solo l’1% dei contagiati con i virus della polio sviluppa la paralisi e il 10% sviluppa una forma di meningite asettica, il restante 90% circa, che presenta sintomi simil influenzali e perciò non viene isolato, è in grado di far circolare velocemente l’infezione in una comunità non vaccinata.

Storia di un vaccino

Sabin si mise a studiare la malattia avendo ben chiare le prerogative di un ricercatore, che egli sosteneva essere un’enorme curiosità, una grande tenacia e l’onestà: “Se una sua scoperta sembra troppo bella per essere vera, ci sono buone possibilità che non lo sia”. Al suo rigore professionale (oltre che al suo caratteraccio) erano da addebitare le frequenti scenate verso chi, in laboratorio, gli pareva non avesse condotto a dovere un esperimento.

Agli inizi degli anni Cinquanta, Sabin riuscì a sviluppare un vaccino orale contro la poliomielite da virus vivi attenuati, più efficace di quello da virus uccisi sviluppato negli stessi anni da altri gruppi di ricerca, come quello di Jonas E. Salk. Dopo l’esito positivo dei controlli sugli animali, passò a sperimentarlo sugli esseri umani, cominciando dai suoi collaboratori e da se stesso, e infine sui bambini, cominciando dalle proprie figlie, cui aveva dato i nomi delle nipotine trucidate dalle SS: Amy, di cinque anni, e Debbie di sette anni.

Negli Stati Uniti, però, era già partita la campagna d’immunizzazione con il vaccino Salk; Sabin offrì, così, il proprio ai governi dell’est Europa (la prima nazione a produrre industrialmente il vaccino di Sabin fu la Cecoslovacchia, seguita da Polonia, Urss e Germania orientale), dove in un paio di anni, dal 1959 al 1961, furono vaccinati milioni di bambini. Nel 1963, finalmente, il Sabin divenne il vaccino di scelta anche negli Stati Uniti, e tra il 1962 e il 1965 più della metà della popolazione statunitense dell’epoca lo aveva ricevuto, con drastica diminuzione dei casi poliomielite, già molto ridotti dopo l'introduzione del vaccino Salk. L’ultimo caso americano risale al 1979.

Sabin non volle brevettare il vaccino, rinunciando ad arricchirsi, per mantenere un prezzo che consentisse una sua più vasta diffusione.

In Italia, che nel 1958 aveva registrato 8.000 casi di poliomielite, ma che aveva fatto scorta di vaccino Salk, il vaccino di Sabin fu autorizzato solo nel 1963 e reso obbligatorio nel 1966; secondo lo storico della medicina Giorgio Cosmacini, il ritardo nella sua adozione costò quasi 10.000 casi di poliomielite (oltre 1.000 morti e 8.000 paralisi). L’ultimo caso italiano è stato registrato risale al 1982.

Salk e Sabin a confronto

Il vaccino di Sabin è più facile da somministrare di quello di Salk: è in una sola dose da assumere per bocca (con la famosa zolletta) e, per di più, il virus vivo attenuato viene eliminato con le feci, ottenendo un'elevata copertura vaccinale di massa, anche nei confronti degli individui non vaccinati. Inoltre, i virus attenuati contenuti nel vaccino sono in grado di competere ecologicamente con i virus selvaggi presenti nell'ambiente costituendo un ulteriore fattore di protezione dal contagio.

Vi è, però, il rischio di una possibile retromutazione genetica, durante il transito intestinale, dei virus attenuati, con ripristino della loro virulenza e insorgenza di una paralisi flaccida in 1 caso ogni 2,2 milioni di dosi somministrate. Il rischio è più alto dopo la prima dose (1 caso ogni 550.000 bambini). Per queste ragioni, dei due vaccini antipolio disponibili, dove la malattia è ormai virtualmente debellata, si preferisce non correre il rischio di una paralisi iatrogena e si somministra il vaccino inattivo, mentre il vaccino Sabin resta raccomandato dall’Organizzazione mondiale della sanità per i Paesi ancora a rischio di epidemie.

Il termine “virtualmente” merita una spiegazione: la regione europea è stata dichiarata dall’OMS libera da polio nel 2002 e nel settembre del 2015 è stata annunciata l’eradicazione del poliovirus selvaggio (WPV) tipo 2, ma è ancora possibile che si verifichino casi da contagio con individui provenienti da Paesi dove la malattia è ancora endemica (soprattutto Asia centrale e Africa centrale). Occorre, quindi, mantenere l’allerta (continuando a vaccinare) fino a che il ciclo di trasmissione della poliomielite sarà interrotto a livello mondiale. Questo è l’obiettivo dell’OMS, simile a quello già raggiunto per il vaiolo, dichiarato eliminato nel 1980.

Anche in Italia, per decisione della Conferenza Stato Regioni, nel 2002, dopo l’eradicazione completa della polio in Europa, l’unica forma di vaccino somministrato è quello che contiene i tre virus della poliomielite uccisi (inattivati). Presso il Ministero della salute viene, però, mantenuta una scorta di vaccino orale attivo come misura precauzionale, in caso di emergenza e di importazione del virus. Da qualche anno si usa un vaccino Salk potenziato in antigeni che determina una protezione sovrapponibile a quella ottenuta con il vaccino Sabin, senza la necessità di numerosi richiami e con requisiti di grande sicurezza, con la rara eccezione di reazioni allergiche agli antibiotici in esso contenuti (neomicina, polimixina B, streptomicina).

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