L’imprimatur alla prosecuzione del mandato governativo di Mario Draghi è arrivato dal principale giornale della finanza mondiale: il Financial Times.
In un lungo servizio di Ben Hall, si indica come nel quadro di incertezza europea dovuta alle prossime elezioni in Germania e Francia, l’insediamento e l’esecutivo di Draghi rappresentino oggi un punto di stabilità decisivo nell’Unione Europea.
Grazie a Mario Draghi, secondo il Financial Times, l’Italia “ha un governo che funziona”. Il maggiore merito del premier, ex presidente della Bce, è stato quello di mettere a tacere le difficoltà legate alla “litigiosità” dei partiti politici italiani, i quali non hanno potuto fare altro che garantire il loro sostegno al governo. Un primo effetto è che “i leader aziendali, gli investitori stranieri e i partner della Ue ne sono rimasti entusiasti”. Tanto che adesso il governo italiano “è un modello di stabilità” e “per la prima volta da decenni, l’Italia non è più vista come sinonimo di mal funzionamento della politica”.
Le incognite, diversamente che in Germania e in Francia, si spostano al 2023 ma, auspica e prevede il Financial Times, il presidente Mattarella dovrebbe essere convinto a rimanere in carica un altro anno, per dare modo a Draghi di completare il suo programma di controriforme strutturali. “In un mondo ideale, Mattarella verrebbe convinto a rimanere per un altro anno” in quanto “Draghi ha bisogno di più tempo per cambiare l’Italia”, aggiunge il quotidiano britannico.
Anche sul piano della governance, il Financial Times, forzando un po’ la realtà, sottolinea come nell’introduzione del green pass per l’accesso ai luoghi pubblici al chiuso, a differenza di quanto avvenuto in Francia, in Italia questo sia stato approvato dal governo senza provocare proteste di piazza o un malcontento eccessivo tra la popolazione. In realtà le cose non sono andate proprio così, ma per il FT è così che dovevano andare e andavano mostrate.
“L’idea del divino demiurgo che cambia le cose in Europa l’abbiamo già sperimentata con Monti e non andò benissimo e non andrebbe ripetuta” ha commentato l’economista Emiliano Brancaccio, “in realtà Draghi, diversamente da quanto scrive il Financial Times, potrebbe essere ricordato come colui che ha aperto il potere dell’establishment alle destre italiane”.
E se dovessimo aggiungere altro, occorre rammentare che Draghi porta enormi responsabilità nello smantellamento del welfare, dell’industria e delle reti di servizi strategici pubblici italiani fin dal 1992 con l’ondata di svendite, chiusure e privatizzazioni. Venti anni dopo, con la lettera della Bce nel 2011, impose l’assalto al sistema previdenziale pubblico e ai diritti del lavoro come “condizione di governo” ed infine, dopo dieci anni e come Presidente del Consiglio, sta completando l’opera nel quadro di una operazione di consenso bipartisan che comincia ad odorare fortemente di autoritarismo. Insomma una onorata carriera al servizio dei peggiori interessi materiali dei grandi gruppi capitalisti. La sua permanenza al governo non è una opportunità per il paese, è una jattura.
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