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27/08/2021

Guerra alla Cina

This article has been republished from the author’s website with permission.

Translated by Giannetto Edoardo Marcenaro
“Siamo qui nel punto da cui la Lunga Marcia cominciò per ricordare il momento in cui l’Armata Rossa cominciò il suo viaggio. Ci stiamo imbarcando oggi in una Nuova Lunga Marcia, e dobbiamo cominciare di nuovo tutto da capo.”

Xi Jinping, Maggio 2019.
La propaganda che circonda il COVID-19 e la risposta della Cina è solo l’ultima escalation in una strategia geopolitica a lungo termine dell’imperialismo USA mirata a distruggerla. Poche persone di sinistra e del movimento socialista nel centro imperiale hanno fatto attenzione alla storica rottura nelle relazioni USA-Cina. Sin da Deng Xiaoping, le relazioni USA- Cina sono dipese da quello che io chiamo “Il Patto” tra il capitale USA e il sorgente stato socialista cinese.

La classe dominante degli Stati Uniti adesso sta comprendendo di avere in mano la carta perdente del Patto. Con la crescente produzione verticale e capacità tecnologica della Cina, il suo desiderio di sviluppare i paesi vicini e capovolgere, per mezzo della Belt-and-Road Initiative (BRI), l’ordine guidato da Washington emerso dopo la Seconda Guerra Mondiale, quel patto si sta dispiegando rapidamente. Le riforme di mercato del sistema cinese non hanno condotto a quello cui hanno condotto in Unione Sovietica – al contrario, la dirigenza del Partito Comunista della Cina si è rafforzata nell’abilità dello stato di cogliere le capacità tecnologiche, organizzative, e produttive del capitale USA.

Come conseguenza, un costante processo di “decoupling” è andato avanti sottotraccia ed è stato accelerato dal regime di Trump. Siamo adesso nell’epoca della guerra ibrida tra gli USA e la Cina.

Questo articolo tratteggerà la progressione storica di questa nuova epoca.

Parte 1. La strategia dell’imperialismo USA in Eurasia – Il piano Brzezinski

Zbigniew Brzezinski è morto il 26 maggio 2017, quasi tre anni fa esatti. Ben pochi nella sinistra capiscono questa persona o la sua importanza come pianificatore per l’impero USA. Brzezinski fu Consigliere per la Sicurezza Nazionale sotto Carter, un incarico che gli fu affidato nel 1977 dopo avere servito come consigliere capo sulla politica estera. Come membro del Council on Foreign Relations, un partecipante del Bilderberg e fondatore della Commissione Trilaterale, Brzezinski è stato più profondamente integrato nella struttura decisionale del centro imperiale di chiunque altro nella storia.

Brzezinski è noto soprattutto per il suo sostegno ai Mujahideen contro l’Unione Sovietica, l’“Operazione Ciclone”. Questa operazione – che ebbe un effetto a cascata in tutta la regione e stabilì collegamenti stabili tra la CIA e Bin Laden – rivela il grado in cui Brzezinski riteneva necessario fermare l’URSS e intervenire in Asia Centrale/Meridionale. Ma perché questa regione è così importante per l’impero USA?

Nel suo libro del 1997 “La Grande Scacchiera” Brzezinski espose in modo schietto l’importanza della massa continentale Eurasiatica e del controllo dell’America su di essa. Dalla descrizione del libro:
Il compito che si pone di fronte agli Stati Uniti, egli arguisce, è di diventare il solo arbitro politico nelle terre eurasiatiche ed impedire l’emersione di qualsiasi potenza rivale che minacci i nostri interessi materiali e diplomatici. La massa continentale eurasiatica, dimora della maggior parte della popolazione, delle risorse naturali, e dell’attività economica del globo è la “grande scacchiera” su cui la supremazia dell’America sarà ratificata e messa alla prova negli anni a venire.
A che somiglia questa strategia in pratica? Impedire l’emersione di una potenza rivale in Eurasia significa impiegare tutti i metodi di sovversione e attacco palesi e occulte. Come abbiamo visto con gli interventi USA in Iran, i ripetuti attacchi in Iraq, l’invasione dell’Afghanistan e una devastante guerra di procura in Siria, gli USA sono attenti a selezionare gli anelli deboli della catena di paesi che si allunga attraverso l’Asia centrale e meridionale.

È questa regione, dal Kazakhistan a nord, alla Palestina ad ovest, e fino all’India e la Cina occidentale, che forma un cuneo a figura triangolare a dividere l’espansione geopolitica meridionale della Russia e occidentale della Cina. Questa vasta area è dove l’impero USA ha per decenni mosso guerra contro i paesi che non si mettono in riga, nel mentre solidificando alleanze commerciali in posti come Israele, India, Arabia Saudita e le monarchie del Golfo. Sebbene un conflitto diretto con la Russia o la Cina sia improbabile date le implicazioni nucleari, controllare questo poligono politicamente, militarmente, ed economicamente restringerà di molto le opzioni di entrambi gli stati.


Figura 1: il “Triangolo di Controllo” dell’impero USA, un’area di bersaglio geopolitico che cerca di controllare per impedire avanzamenti geopolitici a sud della Russia e ad ovest della Cina così come l’emersione di qualsiasi potenza locale (per esempio: l’Iran).

Inoltre, gli USA hanno inteso dominare gli oceani del mondo come mezzo di controllo dell’Eurasia. Ciò deriva dll’affermazione del teorico navale americano Alfred Mahan, per il quale il controllo del mare porterebbe al controllo delle risorse mondiali e all’abilità di dominare qualsiasi avversario. Questa teoria si affidava alla nozione che una potenza navale necessita di distruggere la flotta nemica e porre un embargo sui porti nemici. Il suo pensiero influenzò Theodore Roosevelt e con la successiva applicazione della sua teoria gli USA sono diventati la potenza navale dominante nel mondo. Gli USA al momento hanno undici portaerei in servizio, molte più di qualsiasi altro paese (la Cina ne ha due) e la sua rete di basi e alleati nel Pacifico gli dà delle piattaforme di lancio in tutta l’Eurasia.

Dalla sua presente posizione, la Cina si trova di fronte ad un accerchiamento pressoché completo. Con una forza di occupazione USA di stanza in Corea del Sud, un regime compiacente in Giappone che ospita tre basi aeree, Guam e altre basi in stati clientelari, gli Stati Uniti hanno una posizione militare dominante nel Pacifico. Questo chiude il fianco orientale della Cina. A occidente, si trova l’India che ha stretti legami con gli USA, una forza di occupazione in Afghanistan e gli stati clientelari e interventi in tutto il Triangolo di Controllo di cui sopra. Questo chiude il loro fianco occidentale.

Quello che è cambiato negli ultimi anni e particolarmente sotto la direzione di Xi Jinping, è il desiderio della Cina di rompere questo accerchiamento da parte dell’impero USA. In modo assai simile a come il Partito Comunista negli anni ‘30 sfuggì all’accerchiamento da parte del Kuomintang grazie alla Lunga Marcia, la Cina si trova di fronte alla prospettiva di una “Nuova Lunga Marcia” contro l’imperialismo USA. Xi Jinping stesso ha usato questa frase nel maggio del 2019 per descrivere la via che la Cina avrebbe seguito nella guerra commerciale di Trump. Il riferimento alla Lunga Marcia è deliberato, e Xi Jinping nel suo discorso di commemorazione per gli 80 anni della Lunga Marcia ne ha eloquentemente esposto l’importanza per la moderna nazione cinese. Se è intenzionato a paragonare la situazione presente a tale atto eroico di sacrificio e determinazione, dovremmo prenderlo seriamente. Ma prima dobbiamo capire come siamo arrivati qui.

2. “Il Patto” tra capitale USA e Cina

Al tempo del suo ruolo ufficiale nell’impero USA, la preoccupazione principale di Brzezinski sulle “potenze rivali” in Eurasia era ovviamente l’Unione Sovietica. La Cina nel 1979 era ancora un paese molto povero, era appena uscita dalla Rivoluzione Culturale che ebbe un effetto paralizzante sul suo sviluppo, e stava appena incominciando le sue riforme di mercato.

Il periodo 1971-1979 fu un periodo cruciale per le relazioni USA-Cina (Brzezinski divenne consigliere per la sicurezza nazionale nel 1977). Il 1979 fu l’anno del “Secondo Comunicato” che stabilì relazioni diplomatiche normalizzate tra la Repubblica Popolare della Cina e gli USA ponendo fine al riconoscimento da parte di questi ultimi di Taiwan come sede del governo della Cina. Seguì il Comunicato di Shanghai del 1972 in cui USA e Cina concordarono (sulla carta) di rispettare la reciproca sovranità e integrità territoriali. Nel 1971, Nixon rimosse l’embargo commerciale in vigore da 21 anni sulla Cina che era stato posto quando essa sostenne la Repubblica Popolare Democratica della Korea nella Guerra di Korea. Nixon visitò notoriamente la Cina nel 1972, il primo presidente USA a recarcisi dalla rivoluzione del 1949. Queste mosse furono controverse tra le differente fazioni della classe dominante USA al tempo, ma la dirigenza dell’impero USA (soprattutto attraverso Kissinger) vide l’opportunità di aprire una divisione tra la Cina e l’URSS e la colse. Qualsiasi sforzo che gli USA potevano fare per indebolire i legami tra URSS, Cina, la Repubblica Popolare Democratica di Korea, e il Vietnam del Nord, sarebbe stato fatto. Il riassunto di questa strategia fatto da Winston Lord (membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale al tempo) è rivelatore:
La ratio di Kissinger, e di Nixon, includeva quanto segue: primo, un’apertura alla Cina ci darebbe maggiore flessibilità sulla scena mondiale in genere. Non staremmo trattando solo con Mosca. Potevamo trattare con l’Europa orientale, e potevamo trattare con la Cina, perché il blocco comunista non era più un blocco. Kissinger voleva maggiore flessibilità, generalmente. In secondo luogo, aprendo relazioni con la Cina avremmo catturato l’attenzione della Russia e avremmo ottenuto maggiore leva con loro giocando questa ovvia carta della Cina.

L’idea era quella di migliorare le relazioni con Mosca, sperando di soffiare un po’ sulla sua paranoia trattando con la Cina, senza mai impegnarsi tanto con quest’ultima da rendere la Russia un nemico ostile, ma abbastanza per ottenere l’attenzione dei russi. Questo sforzo, in effetto, funzionò in modo drammatico dopo il viaggio segreto di Kissinger in Cina.

In terzo luogo, Kissinger e Nixon volevano aiuto per risolvere la Guerra in Vietnam. Trattando con la Russia e con la Cina speravamo di mettere pressione su Hanoi per negoziare seriamente. Al massimo, cercavamo di fare rallentare almeno un poco a Russia e Cina i loro rifornimenti di aiuti al Vietnam del Nord. Più realisticamente, al minimo, cercavamo di persuadere Russia e Cina ad incoraggiare Hanoi a fare un accordo con gli Stati Uniti e dare ad Hanoi un senso di isolamento perché i loro due grossi sostenitori stavano trattando con noi. In effetti, con la loro disponibilità a organizzare incontri congiunti con noi, con Nixon che andò in Cina nel febbraio 1972, e a Mosca nel maggio 1972, i russi e i cinesi stavano incominciando a porre una priorità maggiore alle loro relazioni bilaterali con noi piuttosto che sui loro affari con i loro amici ad Hanoi...
È importante comprendere che la volontà della Cina di normalizzare le relazioni con gli USA a quel tempo era, in parte, un risultato della crisi sino-sovietica, in cui la Cina vedeva l’URSS come una potenza revisionista e una minaccia per se stessa ai propri confini. Sebbene le relazioni con l’URSS incominciarono a riscaldarsi durante gli anni ‘80, ciascuna parte vedeva l’altra con sospetto. Entrambi i lati certamente continuavano a risentire degli effetti dello scontro di confine del 1969 che si concluse quasi in guerra tra due potenze nucleari (una interessante nota a margine: questo conflitto si estese anche al confine occidentale della Cina in Xinjiang). Dalla prospettiva USA, la crisi sino-sovietica fu un dono che impedì ai due più potenti paesi comunisti un’azione anti-imperialista unita. Al termine della Rivoluzione Culturale, la Cina rimase estremamente isolata e debole sia politicamente che economicamente. La lotta con gli USA avendo a che fare con un’URSS potenzialmente ostile non era una linea di condotta attraente. Allo stesso tempo, l’economia della Cina stava faticando in rapporto ad altre potenze asiatiche capitaliste. Erano necessari dei cambiamenti radicali nella strategia dove necessario, di conseguenza il “patto.” Sebbene la Cina vedesse un incremento nel PIL per capita a partire dal 1960, alla metà degli anni ‘70 stavano emergendo dei segni di crisi. La produzione divenne volatile e stagnante e nel 1978 il PIL per capita era tornato ai livelli del 1973. E questa era una diminuzione di un PIL che era già ben al di sotto dei suoi competitori capitalisti locali.


Figura 2: Il PIL per capita della Cina durante gli anni precedenti alle riforme economiche. Notate l’instabilità nel periodo 1974-78.

Non si tratta soltanto di una nota a margine. È centrale per la comprensione delle mosse geostrategiche della Cina negli ultimi 50 anni capire l’importanza posta sullo sviluppo delle “forze produttive.” Consentitemi di fare una breve divagazione teorica (se il concetto di forze produttive vi è familiare sentitevi liberi di passare oltre).

Le forze produttive, un concetto chiave nella teoria del materialismo storico e dell’economia politica di Marx ed Engels, sono essenzialmente il come una società combina il lavoro umano con gli strumenti di lavoro (attrezzi, macchinari, infrastrutture, ecc.). Il livello delle forze produttive, che può essere visto a grandi linee come la produttività di una società, aumenterà fino a un punto in cui entra in conflitto con il modo di produzione di quella società. Nel modo di produzione feudale pre-capitalista, le forze produttive si trovavano a un livello basso data la natura diffusa e individualista della produzione, per la maggior parte allo scopo del consumo – la produzione di merci come tale esisteva soltanto in modo embrionale. Nel capitalismo, le forze produttive sono liberate concentrando il lavoro umano e gli strumenti del lavoro in imprese sociali (la moderna società capitalistica è in effetti spesso composta da centinaia o migliaia di individui che cooperano, i quali sotto un altro modo di produzione avrebbero potuto non associarsi mai) e applicando modi di produzione scientifici. La contraddizione emerge nel fatto che la stessa natura cooperativa e sociale dell’impresa capitalista è controllata da capitalisti privati che estraggono il plus-valore dai lavoratori, e prendono il prodotto del lavoro per venderlo sul mercato. Il prodotto del lavoro collettivo è trafugato dai capitalisti privati per il proprio guadagno. Una contraddizione aggiuntiva emerge quando l’anarchia della competizione tra capitalisti incentiva un ulteriore avanzamento delle forze produttive di ciascun capitalista, che a sua volta crea crisi economiche di varie forme. Le crisi economiche spingono il capitalismo verso il monopolio – meno capitalisti controllano imprese, cartelli, e intere industrie, sempre più grandi. Mentre queste crisi si approfondiscono e diventano più frequenti, smascherano il ruolo superfluo dei capitalisti stessi e la natura realmente sociale e cooperativa delle forze produttive. I capitalisti si sono resi superflui da se stessi in questo stadio avanzato del capitalismo monopolistico e in effetti si sono trasformati in un ostacolo per l’avanzamento delle forze produttive. La situazione è adesso matura perché lo stato, comandato dai lavoratori, prenda il controllo dei mezzi di produzione ed essi diventino i padroni della produzione.

Engels sposò questa teoria dello sviluppo delle forze produttive del capitalismo nel suo seminale lavoro, L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza:
Il fatto che l’organizzazione socializzata delle produzione dentro la fabbrica si è sviluppata a tal punto da essere diventata incompatibile con l’anarchia della produzione nella società, che esiste di pari passo con essa e la domina, è realizzato dagli stessi capitalisti per mezzo della violenta concentrazione di capitale che occorre durante le crisi, che vedono la rovina di molti grossi capitalisti, e di un numero ancora maggiore di quelli piccoli. L’intero meccanismo del modo di produzione capitalista si frammenta sotto la pressione delle forze produttive, la sua stessa creazione. Non è più in grado di trasformare tutta questa massa di mezzi di produzione in capitale. Giacciono inutilizzati, e per questa stessa ragione anche l’esercito industriale di riserva deve rimanere inattivo. I mezzi di produzione, di sussistenza, i lavoratori disponibili, tutti gli elementi della produzione e del benessere generale, sono presenti in abbondanza.

Ma “l’abbondanza diventa la fonte di afflizione e bisogno” (Fourier), perché è proprio ciò che impedisce la trasformazione dei mezzi di produzione e sussistenza in capitale. Poiché nella società capitalistica, i mezzi di produzione possono funzionare solamente quando hanno subito una trasformazione preliminare in capitale, in mezzi di sfruttamento della forza-lavoro umana. La necessità di questa trasformazione in capitale dei mezzi di produzione e di sussistenza si erge come un fantasma tra questi e i lavoratori. Da sola essa impedisce la convergenza delle leve personali e materiali di produzione; da sola impedisce i che i mezzi di produzione funzionino, che i lavoratori lavorino e vivano.

Da una parte, di conseguenza, il modo di produzione capitalista risulta condannato dalla sua stessa incapacità di dirigere oltre queste forze produttive. Dall’altra parte, queste stesse forze produttiva, con energia crescente, spingono innanzi la rimozione delle contraddizioni esistenti, all’abolizione della loro qualità come capitale, al riconoscimento pratico del loro carattere come forze sociali di produzione.2
Marx, in Miseria della Filosofia, fu esplicito riguardo al ruolo centrale delle forze produttive nella struttura di un dato modo di produzione:
Le relazioni sociali sono strettamente legate alle forze produttive. Nell’acquisire nuove forze produttive gli uomini cambiano il loro modo di produzione; e nel cambiare il loro modo di produzione, nel cambiare il modo in cui si guadagnano da vivere, cambiano le loro relazioni sociali. La macina genera una società con il signore feudale; il mulino a vapore, una società con il capitalista industriale.3
Comunque, come la storia ha dimostrato, questo processo non è così immediato. Il capitalismo si è dimostrato in grado di respingere potenziali rivoluzioni e l’era dell’imperialismo ha fornito ulteriori mezzi al capitale di evitare le crisi e mantenere parti del mondo in uno stato arretrato con un basso livello di forze produttive. Questa è la situazione in cui la Cina si è trovata al momento della fondazione della Repubblica Popolare nel 1949. Come Mao chiarì abbondantemente nel suo fondamentale lavoro Sulla nuova democrazia, la rivoluzione in Cina era innanzitutto diretta a concludere la sua lunga storia come nazione semi-feudale e semi-coloniale con la sconfitta dell’imperialismo come nucleo cruciale. In effetti, Mao espose i principi della Nuova Democrazia come l’alleanza di tutte le classi rivoluzionarie, compresa la borghesia nazionale, contro l’oppressione feudale e coloniale. Mao spiegò ulteriormente l’unità del “popolo” nel suo Sulla dittatura democratica popolare:
Chi è il popolo? Allo momento presente in Cina, il popolo è la classe lavoratrice, i contadini, la piccola borghesia urbana e la borghesia nazionale. Queste classi, guidate dalla classe lavoratrice e dal Partito Comunista, si uniscono per formare il loro proprio stato ed eleggere il loro proprio governo; applicano la loro dittatura sui cani da riporto dell’imperialismo – la classe fondiaria e la burocrazia-borghesia, così come i rappresentanti di queste classi, i reazionari del Kuomintang e i loro complici...4
Questo è riflesso nella bandiera della stessa RPC, con le sue quattro stelle più piccole che rappresentano le classi rivoluzionarie e la stella grande che rappresenta la dirigenza del Partito Comunista della Cina. Tutte e quattro le stelle puntano verso il PCC, indicando il suo ruolo di guida. Questa è la natura della Dittatura Democratica Popolare della Cina. Può essere una sorpresa per molti comunisti occidentali che Mao, come Deng Xiaoping, comprendesse pienamente quanto arretrata fosse l’economia della Cina alla fondazione della RPC e la necessità di unità con la borghesia nazionale mantenendo allo stesso tempo la dirigenza del PCC.
La borghesia nazionale allo stato presente è di grande importanza. L’imperialismo, un nemico terribilmente feroce, è ancora al nostro fianco. L’industria moderna della Cina forma ancora una proporzione assai piccola dell’economia nazionale. Nessuna statistica affidabile è disponibile, ma si stima, sulla base di certi dati, che prima della Guerra di Resistenza contro il Giappone il valore della produzione dell’industria moderna costituiva soltanto circa il 10 per cento del valore totale della produzione dell’economia nazionale. Per fronteggiare l’aggressione imperialista e sollevare la propria economia arretrata ad un livello maggiore, la Cina deve utilizzare tutti i fattori del capitalismo urbano e rurale che sono benefici e non dannosi per l’economia nazionale e per il sostentamento del popolo; e dobbiamo unirci alla borghesia nazionale in una lotta comune. La nostra politica presente è di regolamentare il capitalismo non distruggerlo. Ma la borghesia nazionale non può essere a capo della rivoluzione, né dovrà avere alcun ruolo chiave nelle istituzioni statali. La ragione per cui non può essere a capo della rivoluzione e non dovrà avere ruoli chiave nelle autorità statali è che la posizione sociale ed economica della borghesia nazionale determina la sua debolezza; manca di visione e coraggio sufficiente e molti dei suoi membri sono spaventati dalle masse.
Senza addentrarci troppo nei dettagli della teoria di Deng Xiaoping (un soggetto vasto abbastanza che meriterebbe un articolo a parte), è importante comprendere che la dirigenza del PCC ha consistentemente visto lo sviluppo delle forze produttive come obiettivo centrale della costruzione socialista (sebbene con implementazione dilazionata grazie alla Rivoluzione Culturale). Deng Xiaoping semplicemente espanse e rese concreta questa idea implementando riforme orientate al mercato che liberarono le forze produttive latenti del paese, mantenendo il ruolo guida dello stato e delle imprese di stato guidate dal PCC. Per Deng e la dirigenza del PCC, l’obiettivo era di consentire lo sviluppo delle forze produttive per mezzo di un capitalismo limitato, altamente controllato, nello stesso tempo mantenendo la proprietà statale delle “leve di comando” dell’economia. Forse sorprendentemente, questa idea non si origina con Deng Xiaoping ma con Mao Zedong nel suo Sulla nuova democrazia del 1940:
Se una tale repubblica dovesse essere stabilita in Cina, deve essere della nuova democrazia non solo nella politica ma anche nella sua economia. Possiederà grandi banche e le grandi imprese industriali e commerciali.

Le imprese, come banche, ferrovie e compagnie aeree, che siano di proprietà cinese e straniera, che siano di carattere monopolistico o troppo grandi per la gestione privata, dovranno essere operate e amministrate dallo stato, così che il capitale privato non possa dominare i mezzi di sostentamento del popolo: questo è il principio fondamentale della regolamentazione del capitale […] Nella repubblica della nuova democrazia sotto la direzione del proletariato, le imprese di stato avranno carattere socialista e costituiranno la forza trainante dell’intera economia nazionale, ma la repubblica non confischerà la proprietà privata capitalista in generale né proibirà lo sviluppo di tale produzione capitalista che non “domini i mezzi di sostentamento del popolo”, poiché l’economia della Cina è ancora molto arretrata.
Il socialismo non è definito dal modo di distribuzione (un sistema orientato al mercato o pianificato), ma nel ruolo guida dello stato diretto dai lavoratori che pone i bisogni sociali al di sopra e oltre alla legge del valore. Finché quest’ultimo si mantiene, i vantaggi di un’economia semi-aperta e lo sviluppo delle forze produttive per mezzo di capitalismo privato può essere sfruttato per rafforzare l’intera base materiale del paese. È importante ricordare che non solo la Cina sta tentando di costruire la base materiale necessaria per il socialismo, ma anche di renderla forte abbastanza da sopportare le pressioni concorrenti dei rivali capitalisti esistenti. Nel suo discorso del 1963, Siamo realistici e guardiamo al futuro Deng lo spiegò chiaramente5:
Qual è l’obiettivo che dobbiamo ottenere? Vogliamo che il nostro paese sia tra i paesi avanzati del mondo grazie a quarant’anni di duro lavoro. Ovvero, vogliamo che il nostro paese diventi una delle principali potenze industriali nel mondo, ma non per sorpassare tutti gli altri paesi. Non siamo sicuri di potere essere in grado in futuro di sorpassare tutti gli altri paesi, perché i nostri fondamenti economici sono differenti da quelli di altri paesi e anche loro stanno avanzando. Certamente, potrebbero non essere necessari quarant’anni perché la Cina diventi una delle principali potenze del mondo.
Il metodo per cui la Cina, un vasto paese con una popolazione assai numerosa che parte da una base economica estremamente bassa, raggiunga questo fine non si applicherà ad altri paesi con differenti livelli di produzione. Invece, è richiesto un approccio scientifico basato su “实事求是”(shí shì qiú shì, ricavare la verità dai fatti) – questa è l’essenza del Socialismo con caratteristiche Cinesi. È Marxismo per come è applicato alle condizioni della Cina. Possiamo vedere l’essenza di questo approccio pragmatico per tutta la storia della rivoluzione cinese, specialmente nel trattamento della borghesia nazionale. Deng sottolineò in questo modo l’importanza storica di resistere sia all’opportunismo di sinistra che a quello di destra durante la rivoluzione nel suo Costruire un partito maturo ed efficace nella lotta del 19656:
L’attitudine da adottare verso la borghesia nazionale è un’altra questione assai importante nello stadio della rivoluzione democratica nazionale. Non riuscire a maneggiarla in modo appropriato potrebbe portare all’errore dell’opportunismo di “sinistra” o di destra. Come classe indecisa, la borghesia nazionale ha mille collegamenti con l’imperialismo e il feudalesimo. Su tale questione il nostro Partito ha commesso errori opportunistici sia di “sinistra” che di destra. I primi si sono prolungati più dei secondi e ci hanno inflitto maggior danno. Nei primi tempi della Grande Rivoluzione il nostro Partito gestì la questione in modo appropriato lavorando insieme ai borghesi rivoluzionari rappresentati dal dr. Sun Yat-sen e dando vita alla cooperazione Kuomintang-Comunisti per promuovere la rivoluzione, e abbiamo anche cooperato con Chiang Kai-shek. Sarebbe stato un errore se, nel corso di questa cooperazione, avessimo solo mantenuto delle relazioni con la borghesia. Quando siamo entrati in una alleanza con la borghesia in modo da guidare la rivoluzione democratica, una questione di suprema importanza era sviluppare le forze progressiste, le forze dei lavoratori e dei contadini, sotto questa alleanza. Più avanti durante la Grande Rivoluzione il nostro Partito fu sviato dall’errore opportunista destrorso di Chen Duxiu, quando avevamo timore di imbarcarci in una lotta politica con la borghesia, temendo di irritarla, e non osando sollevare le masse all’azione. Di conseguenza, la Grande Rivoluzione si concluse con una sconfitta non appena Chiang Kai-shek la tradì. Allora occorsero nel nostro Partito tre volte errori opportunistici di “sinistra” che furono caratterizzati dalla pratica di rovesciare tutto. A quel tempo stavamo soprattutto attaccando la borghesia, i suoi intellettuali e i partiti della piccola borghesia, il che risultò nel nostro isolamento. Molte persone nelle città, compresi intellettuali e giovani, furono alienati da noi per molto tempo. Fu difficile lanciare i movimenti dei lavoratori; gli scioperi furono indetti senza scopo e, inoltre, le richieste erano così esagerate che i movimenti finirono in fallimento. La nostra forza nelle città continuò a scemare finché alla fine fu quasi scomparsa. Delle politiche corrette vennero adottate, comunque, nelle aree rurali che erano sotto il comando del compagno Mao Zedong. In quei giorni l’Armata Rossa proteggeva l’industria e il commercio. Alcuni capitalisti industriali e commerciali stavano praticano uno sfruttamento feudale, che fu completamente eradicato. Non abbiamo fatto nulla riguardo ai loro negozi o fabbriche e non gli abbiamo confiscato nulla; invece abbiamo fornito protezione per la loro proprietà. Beneficiando assai da politiche come queste, siamo stati in grado di rompere il blocco economico imposto dal Kuomintang sulle nostre aree di base. Dopo, quando i capi della linea opportunista di “sinistra” giunsero all’area del Soviet centrale, opposero le politiche corrette del compagno Mao Zedong e attaccarono l’industria nazionale e il commercio. Come risultato, sotto il blocco di Chiang Kai-shek, anche il sale era introvabile nelle aree di base. Anche quando l’opportunismo destrorso di Chen Duxiu era prevalente, vennero fatti errori di “sinistra” nel lavoro urbano. Per esempio, il governo di Wuhan a quel tempo era guidato dalla corrente di sinistra del Kuomintang che stava cooperando con il nostro Partito in opposizione a Chiang Kai-shek. Là organizzammo scioperi e stabilimmo richieste economiche che erano più di quanto la borghesia poteva sopportare. Di conseguenza, il mercato si arrestò, a detrimento della base economica del regime rivoluzionario. Nel trattare con la borghesia nazionale, il nostro Partito ha fatto errori sia di “sinistra” che di destra. È essenziale adottare politiche corrette. Senza dubbio, la borghesia nazionale tende a vacillare, ma dovremmo, ciononostante, fare uso del suo lato positivo, unendoci con esso così come lottando contro di esso. Non possiamo stabilire regole rigide riguardo alle circostanze sotto cui in generale unirci ad esso e alle circostanze sotto cui in generale lottare contro di esso. Questa è una questione che richiede flessibilità e soluzione basata sull’analisi concreta della borghesia nazionale nel proprio paese.

Nel dare questi due esempi ho cercato di illustrare che allo scopo di formulare programmi e politiche corrette, è necessario ottenere una piena comprensione delle condizioni attuali nel proprio paese. Questo non è un compito facile, specialmente quando si arriva alla comprensione dei contadini.
Ho citato questo passaggio lungamente per sottolineare la brillantezza pragmatica del PCC nel riconoscere la necessità di proteggere l’industria capitalista allo scopo di rompere il blocco economico del KMT. Ci si può immaginare come questa esperienza pesi assai sul pensiero strategico del PCC oggi dato il suo accerchiamento da parte dell’imperialismo USA. Adesso possiamo comprendere in modo più completo i metodi del PCC e la sua volontà di imbarcarsi nella creazione di ciò che noi oggi chiamiamo Economia Socialista di Mercato. Una pietra angolare del pensiero di Deng Xiaoping è il concetto di Stadio Primario del Socialismo. Questa teoria afferma che la Cina è entrata nello “stadio primario” del socialismo che durerà all’incirca dal 1956 alla metà del 21° secolo nel quale la Cina deve superare il livello arretrato di forze produttive e raggiungere la modernizzazione socialista. Questa umile e realistica valutazione della posizione della Cina nel mondo e della sua debolezza paragonata ai paesi capitalisti avanzati è un punto essenziale necessario per comprendere la visione del PCC riguardo allo sviluppo socialista contro il mondo capitalista. La rotta lungo cui la Cina ha proceduto nel corso di questa modernizzazione socialista è complessa, ma importante da capire per apprezzare la situazione presente.

Nel 1977, la Cina finalmente implementò sotto Deng Xiaoping le “Quattro Modernizzazioni”, una teoria dello sviluppo in origine sposata da Zhou Enlai negli anni ‘60. Questa teoria cerca di porre importanza nazionale primaria sullo sviluppo di industria, agricoltura, difesa e scienza&tecnologia. L’inizio del periodo di riforma vide importanti cambiamenti nell’agricoltura, passando da un sistema basato su comuni a uno di “responsabilità familiare” o sistema dei “contratti”. Questo cambiamento avvenne per risolvere le carenze agricole, e fu originariamente concepita dai membri di una comune nella provincia di Anhui. Essenzialmente, il sistema agricolo altamente centralizzato stava faticando ad affrontare carenze ed inefficienze. La mossa verso una produzione agricola più localizzata, basata sulle unità portò a significativi guadagni nella produzione agricola e potrebbe avere evitato una seria crisi alimentare.

Il successo di questa riforma aprì la strada per una ulteriore riforma orientata al mercato dell’economia cinese, che si è dispiegata progressivamente e per mezzo di molte fasi di collaudo. Ciò che ne è seguito è quello che io chiamo “Il Patto” tra la RPC e il capitale estero. Per tutti gli anni ‘80 e ‘90 e fino agli anni 2000, la RPC ha aperto ciò che è conosciuto come Zone Economiche Speciali e ha consentito gli investimenti del capitale straniero nell’economia. Questo ha avuto l’ovvio effetto di attirare il capitale straniero – una vasta forza-lavoro relativamente a basso costo che poteva essere usata per produrre merci per l’esportazione a prezzi più bassi dei concorrenti. Ciò fu reso possibile da un avanzamento nel sistema dei container, nei trasporti e nei moderni metodi di produzione, rendendo possibile spedire merci globalmente in tempi da primato.

Comunque, non si trattò semplicemente di una concessione al capitale straniero. È estremamente importante ricordare che richieste e restrizioni cruciali vennero poste alle compagnie che investivano in Cina. Esse includevano:

1) Rendere obbligatorio che gli investitori stranieri formassero iniziative imprenditoriali congiunte con aziende cinesi (essenzialmente, un partenariato tra un’azienda straniera e una cinese, sia di stato che privata), di conseguenza facilitando il trasferimento di tecnologia e metodo ad entità cinesi.

2) Completa restrizione su settori chiave considerati le “leve di comando” dell’economia – comprese difesa, infrastruttura, finanza, costruzioni, telecomunicazioni, ecc. Queste sono le industrie tipicamente dominate dalle Imprese di Proprietà Statale (IPS).

3) A tutte le compagnie è anche sempre imposto di aderire alle leggi e regolamenti della RPC. Benché alcune aziende straniere abbiano ricevuto un trattamento preferenziale, nessuna ha mai operato senza la supervisione dello stato.

Questa situazione ha dato molti vantaggi nella costruzione dell’economia socialista di mercato. Primo, ha garantito alla Cina accesso ai più nuovi e avanzati metodi di produzione e tecnologia del tempo. Questo sarebbe stato perlopiù impossibile con una economia chiusa. Secondo, ha fornito una fonte immediata di impiego non statale, alleggerendo significativamente il peso sul SASAC (l’istituzione centrale responsabile della supervisione delle imprese di stato del paese) di assicurare impiego. Terzo, ha consentito un collegamento diretto economico e diplomatico con i concorrenti capitalisti di conseguenza riducendo la possibilità di un conflitto diretto. Quarto, ha aperto un immenso flusso in entrata di riserve di valuta estera rafforzando ulteriormente la posizione finanziaria internazionale del paese. E infine, le restrizioni poste sul capitale straniero (la maggior parte delle quali sono ancora in essere oggi) combinate con la posizione dominante del potere del PCC nelle industrie monopolizzate per mezzo del sistema IPS, ha assicurato che alla classe capitalista in Cina venissero asportate le zanne, fosse monitorata (tieni i tuoi nemici vicini) e incapace di assicurarsi il controllo del sistema politico. Lo stato, con il controllo su costruzioni, terra, finanza, infrastrutture, educazione e tutte le principali leve dell’economia è in grado di dirigere e controllare lo sviluppo del capitale in Cina come meglio crede – questo è in forte contrasto con i paesi capitalisti dove il capitale dirige lo stato e il popolo. In Cina, il popolo dirige lo stato e l’economia, e non viceversa. Ciò è sostenuto dai robusti sistemi democratici interni della Cina e da una estesa rete di organizzazioni di base a livello di comunità. Quel che è risultato da questo patto, per come è controllato dallo stato, è il “miracolo economico” di cui sono sicuro voi siate a conoscenza – crescita senza precedenti nella produzione economica e immensi miglioramenti nel tenore di vita del popolo con una imponente riduzione della povertà. Benché vi siano senza dubbio problemi e conseguenze negative prodotti da tali sforzi, compresi uno sviluppo diseguale e l’inquinamento, la dirigenza attuale è concentrata sul risolvere queste contraddizioni.


Figura 3: l’esplosivo PIL per capita della Cina a partire dall’epoca delle riforme, un’impresa economica virtualmente senza precedenti.

Di seguito un breve sguardo su alcuni dei risultati di questa economia socialista di mercato:

1) l’aspettativa di vita è cresciuta dai 43.7 anni del 1960 ai 76.7 del 2018;

2) la povertà estrema è stata virtualmente eliminata sin dal 1990, con il numero di chi vive con $1.90 al giorno in caduta dal 66.2% del 1990 allo 0,5% del 2016, e il numero di chi vive invece con $3.20 al giorno è caduto dal 47% all’1%. Altre misure di povertà sono in rapido declino.

3) l’alfabetizzazione degli adulti è cresciuta dal 65% nel 1982 al 96% nel 2018.

4) i salari annuali medi sono cresciuti rapidamente negli ultimi 25 anni, passando da 5,348 yuan nel 1995 a 74,318 yuan nel 2017 per i lavoratori nelle imprese urbane di stato, collettive e altre non private. Per l’impiego urbano privato, i salari medi sono più che raddoppiati tra il 2009 e il 2017. I salari medi nel settore non privato sono più alti del settore privato di circa il 47%, indice che il sistema statale sta in larga parte trainando la crescita dei salari.

5) la Cina è adesso di gran lunga il leader mondiale nell’energia rinnovabile con oltre 788,000 MW totali di capacità installata nel 2019. il più vicino concorrente, gli Stati Uniti, hanno circa 1/3 di tale capacità. La produzione di elettricità dalle rinnovabili (esclusa l’idroelettrica) è cresciuta del 9,054% dai 3.1 miliardi di kWh del 2000 ai 283.8 miliardi di kWh del 2015. Il settore dell’energia in Cina è dominato da IPS.

6) la Cina è diventata un leader mondiale nella scienza&tecnologia. Per dare una misura, la richiesta di brevetti da parte di residenti in Cina è esplosa da circa 4,000 nel 1985 a 1.3 milioni nel 2018. Come paragone, il Giappone ne ha contate appena 253,630 nel 2018. Il supercomputer cinese TaihuLight è stato il più veloce del mondo tra il 2016 e il 2018. Si prevede che la Cina lascerà indietro gli USA nella STEM, formando un numero di persone cinque volte maggiore tra il 2015 e il 2030.

7) i guadagni nella scienza&tecnologia si sono tradotti in importanti avanzamenti militari e di difesa. Nel 2014 la Cina è diventata uno dei primi paesi a collaudare con successo un veicolo ipersonico a planata, lo DF-ZF. Questo è un progresso cruciale che, combinato con altre tecnologie missilistiche avanzate, potrebbero seriamente limitare le opzioni navali USA nel territorio cinese.

8) la Cina è oggi il leader mondiale nelle infrastrutture dei trasporti. Nel 2018, la Cina aveva 17,000 miglia (circa 30,000 chilometri, ndr) di ferrovie ad alta velocità o il 60% del totale mondiale.

9) Le IPS cinesi sono leader mondiali nelle loro industrie. Queste includono le più grandi o quasi le più grandi aziende mondiali in: telecomunicazioni, energia, banche, infrastrutture, ferrovie, compagnie metallurgiche, spedizionieri, automobili e telecomunicazioni mobili . Le quattro più grosse banche nel mondo sono IPS cinesi.

Il settore statale cinese conta per circa il 50% della produzione quando si tiene conto di IPS sub-nazionali, investimenti esteri diretti di andata-e-ritorno da parte delle IPS e società sussidiarie che sono sostanzialmente controllate dallo stato. Una stima conservativa dell’economia statale la pone a circa due volte la dimensione dell’intera economia della Russia (solo contando le IPS principali). In aggiunta, Xi Jinping ha supervisionatp negli ultimi anni la più ampia e sensibile espansione del potere del PCC nell’economia privata nella storia del paese. Ricordate come Mao specificamente precisò che certe imprese, anche se di proprietà estera, avrebbero dovuto essere “condotte e gestite dallo stato.” Mentre il PCC ha esercitato una sofisticata strategia a più livelli per impedire al capitale di formare una coscienza di classe o di esercitare controllo politico (favorendo associazioni imprenditoriali controllate e approvate dallo stato, misure d’inclusione, campagne anti-corruzione, ecc.), ha anche perseguito la strategia diretta di stabilire dei comitati del PCC dentro le compagnie private. Questo sforzo ha attraversato diverse fasi, ed è accelerato rapidamente sotto Xi Jinping. Nel 2012, venne pubblicata una nota del Comitato Centrale che espandeva grandemente l’invito alla costruzione del partito da parte PCC nelle compagnie private. Nel 2017, il numero dei comitati del PCC nelle compagnie private ha raggiunto il 70%, e si stima che quel numero sia ancora cresciuto da allora. Non solo questi comitati sono assai diffusi, ma stanno anche cominciando ad assumere un ruolo attivo nelle decisioni strategiche delle aziende oltre al semplice sorvegliarle. Questo ha acceso un turbinio di voci preoccupate dai media occidentali e sta probabilmente contribuendo molto al presente atteggiamento strategico degli Stati Uniti verso la Cina.

Ho scritto in passato sulla natura del sistema socialista Cinese. Altri, come l’economista marxista Michael Roberts hanno scritto a lungo sul modello della Cina. Roberts arguisce in modo assai convincente che il modello della Cina non calza a un modello tradizionale capitalista e indica la sua risposta durante la grande crisi finanziaria. Raccomando fortemente la lettura di questi materiali, benché io sia parzialmente in disaccordo con Roberts sulla natura dei sistemi democratici cinesi, che io penso siano molto più robusti ed espansivi di quanto egli ammetta (una comprensibile mancanza dato che la maggior parte della sinistra non cinese non ha mai studiato seriamente il sistema politico Partito-Stato). Ciò che è importante comprendere è che questo patto con il capitalismo, invece di sovvertire il sistema socialista in effetti lo ha rafforzato. Oggi, le IPS cinesi sono tra le più grosse e più potenti imprese al mondo. Lo stato ha un controllo senza precedenti sull’economia per mezzo del sistema finanziario, delle sue IPS e più direttamente per mezzo dei comitati del Partito Comunista in imprese nominalmente “private”. A dispetto della retorica sull’“apertura” che è spesso rappresentata ingannevolmente ed esagerata in occidente come “liberalizzazione”, il controllo sull’economia si è stretto sotto la presente direzione di Xi Jinping. Questo ha generato libri come The State strikes back: the end of economic reform in China? del 2018 che specula sulla possibile fine dell’epoca delle riforme di mercato.

Per le potenze capitaliste, e specialmente per l’imperialismo USA, il fallimento delle riforme di mercato per rovesciare il PCC e bloccare la costruzione socialista è una questione principale (ignominiosamente commemorata da Gordon Chang nel libro del 2001 The coming collapse of China). Si supponeva che le riforme di mercato e un’economia semi-aperta in Cina non solo avrebbero consentito enormi benefici per il capitalismo USA ma avrebbero anche distrutto la base ideologica del PCC. Invece, è accaduto il contrario. Il PCC è uno dei partiti politici più popolari al mondo e gode di un vasto supporto di base. La dirigenza del PCC incluso Xi Jinping ha vigorosamente affermato l’importanza del pensiero di Mao Zedong e della teoria di Deng Xiaoping, espandendo l’educazione marxista in tutta la Cina. Nel frattempo, la Cina si è dimostrata in pratica impermeabile alle crisi capitaliste globali, grazie alla sua struttura economica unica e al persistente controllo da parte del PCC delle leve di comando e del sistema finanziario. Questo è in forte contrasto con gli Stati Uniti. Benché ancora una potenza economica dominante in relazione alla sua dimensione, gli USA affondarono in una imponente crisi nel 2008 grazie al declino secolare nel saggio di profitto e al capitalismo iper-finanziarizzato che ha gestito il paese sin dagli anni ‘80.

Negli ultimi anni, è diventato chiaro ai pianificatori dell’impero USA che il collasso della Cina non è dietro l’angolo, e che sono rimasti con il cerino in mano. In effetti, la Cina si sta muovendo per espandere ed esportare le lezioni del suo modello di sviluppo ad altri paesi – questa è l’epoca dell’iniziativa della Nuova Via della Seta sotto Xi Jinping.

3. La principale minaccia all’impero USA – L’iniziativa della Nuova Via della Seta

Con il consolidamento dell’economia domestica e la creazione di collegamenti con il mondo esterno, la RPC ha adesso il compito di guardare avanti e creare una base di supporto internazionale. Ancora più importante, la Cina vuole rompere l’accerchiamento dell’impero USA di cui ho parlato sopra. Solo con la disintegrazione dell’egemonia e dell’imperialismo USA la Cina può continuare a muoversi in avanti sul suo percorso di costruzione socialista. L’iniziativa della Nuova Via della Seta, annunciata per la prima volta da Xi Jinping nel 2013, è la parte principale di questo sforzo di creare legami politici e commerciali in tutta l’Eurasia con Beijing al centro.

L’iniziativa della Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative – BRI) è lo sforzo geopolitico più significativo della storia, un piano pluridecennale da $4-8,000 miliardi che ha un impatto sul 79% dell’umanità con lo scopo di sviluppare le forze produttive in tutta l’Eurasia ed erodere costantemente la potenza USA nell’emisfero. Il significato di questo sforzo non può essere sopravvalutato, come Henry Kissinger avvertì:
L’iniziativa della Nuova Via della Seta da parte della Cina, nel tentare di collegare la Cina all’Asia Centrale e infine all’Europa avrà il significato pratico di spostare il centro di gravità del mondo dall’Atlantico al Pacifico.
La BRI collegherà l’Asia e infine l’Europa per mezzi di porti, ponti, ferrovie, energia verde, e commercio. Aiuterà i paesi storicamente ipersfruttati a colmare il divario di sviluppo e ridurre o eliminare la loro dipendenza dagli USA e dal dollaro. Forse ancora più importante, ridurrà significativamente l’efficacia di uno degli strumenti preferiti dell’imperialismo USA – le sanzioni economiche. Più paesi sono in gradi di reggersi in piedi da sé economicamente e avere accesso ai propri vicini e alla Cina come partner commerciale, meno potere hanno gli USA per imporre la loro volontà politica su quei paesi per mezzo della coercizione economica.

Ci sono molti elementi in questo piano, ma essenzialmente comprende sia infrastrutture individuali che progetti d’investimento in altri paesi e la creazione di istituzioni internazionali non-USA. Ironicamente, l’eredità storicamente negativa delle istituzioni dominate dagli USA come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale (FMI) combinata con l’aggressione USA contro i paesi che non si conformano all’egemonia USA ha incoraggiato anche paesi improbabili a partecipare a progetti cinesi.

Un esempio molto significativo di questo è la Asia Infrastructure Investment Bank (AIIB), un’alternativa alla Banca Mondiale e all’FMI centrata intorno a Beijing. La Russia è stato uno dei primi paesi ad unirsi come membro effettivo nel 2015, durante un periodo in cui le relazioni USA-Russia si trovavano ad un livello molto basso, e in procinto di affondare ulteriormente in seguito alle elezioni del 2016. La AIIB include anche molti paesi della UE, il Canada e paesi altrimenti devoti alleati USA come India, Arabia Saudita e Australia. La Cina ha il più ampio blocco di voti nella banca, seguita da India, Russia, Germania, Corea del Sud e Australia. La mappa dei membri dell’AIIB è essenzialmente una mappa dell’Eurasia, più molti altri membri non-regionali (verde e blu scuro sono i membri effettivi):


Figura 4: Mappa dei membri dell’AIIB da Wikipedia 28

Negli ultimi anni la Cina si è mossa in modo aggressivo per firmare accordi con paesi come il Pakistan e l’Iran su progetti e investimenti BRI. Con l’Iran gli accordi si sono succeduti per anni, giungendo a un totale di decine di miliardi di dollari in sostegno – un ammontare imponente considerando l’immensa pressione economica a cui l’Iran è soggetto dalle sanzioni USA.

Il grado in cui la Cina e l’Iran si stanno legando è visibile nei vari progetti infrastrutturali che sono in corso d’opera. Questi includono:

(1) La linea merci ferroviaria della Nuova Via della Seta che ha aperto nel 2016, e collega Teheran ad Urumqi nella Regione Autonoma Uighura dello Xinjiang nella Cina occidentale. La linea merci collega anche Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Turkmenistan. Il tempo di trasporto delle merci si è ridotto da 45-50 giorni via mare a 14-15 giorni. Questa linea ferroviaria passa direttamente attraverso il “triangolo di controllo” sull’Asia centrale ed occidentale dove l’imperialismo USA è pesantemente attivo.

(2) La ferrovia di 926 km da Teheran alla città orientale di Mashhad. Questa ferrovia elettrificata sarà costruita da una IPS cinese, la China National Machinery Import and Export Corporation. Taglierà il tempo di trasporto tra le due città a metà e aumenterà la capacità.

(3) La linea ferroviaria ad alta velocità di 415 km da Teheran a Ishafan via Qom, in corso di costruzione dalla IPS China Railway Engineering Corp.

(4) La ferrovia di 263 km tra Kermanshah e Khosravi, in corso di costruzione dalla IPS China Railway Construction corp.

(5) Il sistema ferroviario che collega Teheran, Hamedan e Sanandaj in corso di costruzione dalla IPS China National Machinery Industry Corp.

Indicativamente, la linea merci della Nuova Via della Seta non si fermerà a Teheran. I piani sono di estendere questo sistema ferroviario fino in Europa. Per gli altri progetti, gli iraniani otterranno maggiore connettività economica tra le regioni. Tutto questo sta accadendo mentre l’Iran sta fronteggiando dure sanzioni da parte degli USA.

Un altro elemento chiave della BRI in Asia centrale è stato il Corridoio Economico Cina-Pakistan o CECP. Il CECP è una pietra angolare della BRI, e il suo elemento più importante è lo sviluppo del porto di Gwadar nella provincia del Balochistan. Questo porto, reso operativo nel 2016, è un elemento critico nel trasportare le merci alla e dalla rete BRI, che potrebbe trasformare Gwadar in un centro nevralgico economico regionale. Diversifica anche le rotte di spedizione dalla Cina, il che è un elemento chiave nell’abbattere un potenziale blocco USA. Benché sia al di là dello scopo di questo articolo, l’asportazione del Pakistan dagli USA è una rilevante vittoria geopolitica per la Cina. Ricordiamo che l’Operazione Ciclone – l’operazione di supporto dei mujahideen condotta dagli USA contro l’URSS – fu largamente organizzata per mezzo dell’agenzia di intelligence dal Pakistan, l’ISI.

Forse ugualmente di disturbo per l’impero USA è la volontà di paesi altrimenti stretti alleati di partecipare nei progetti della BRI. Nel marzo del 2019, l’Italia ha firmato una serie di accordi con la Cina come parte della BRI. I media occidentali, specialmente negli USA, sono immediatamente piombati sulla notizia, e la CNBC ha dichiarato che “esacerberà soltanto le tensioni tra l’Italia e i suoi vicini”. Le reazioni sono state a gran maggioranza negative nei media USA e nella sfera politica negli USA e nella UE.

Gli Stati Uniti hanno tentato di screditare la BRI, e molti commentatori hanno arguito che sta gettando i paesi che vi partecipano in una “trappola del debito”. La accuse di “trappola del debito” non sono supportate da alcuna prova disponibile, ed è disputata persino dagli studiosi borghesi. La cancellazioni del debito da parte della Cina sono state ben documentate, incluse frequenti cancellazioni per l’Africa e una grossa cancellazione per Cuba. La Cina rinegozia frequentemente il credito con termini favorevoli al debitore.

4. Il collasso del Patto – la guerra ibrida alla Cina

L’ansia americana a proposito dell’emersione della Cina come potenza regionale e mondiale, in particolare in quanto potenza dichiaratamente comunista, ci riporta dritti a Brzezinski. Non solo la Cina è una potenza rivale in Eurasia (ciò che “deve essere evitato”), sta anche emergendo rapidamente come potenza con un sistema che sembra impermeabile alle crisi economiche o alla sovversione politica. È un sistema che sta adesso rapidamente espandendo la sua portata per mezzo di uno dei più ambiziosi progetti geopolitici nella storia umana. Come risponde l’impero USA a questo?

È difficile precisare il punto esatto in cui la presente guerra alla Cina è cominciata. Sebbene il famigerato programma “Pivot to Asia” di Obama nel 2012 cominciò a muovere i pezzi della scacchiera verso la Cina, gli USA e la RPC non sono mai stati alleati o anche amichevoli (ometto in questo articolo qualsiasi menzione dell’oppressione coloniale occidentale sulla Cina prima della fondazione della RPC). Anche dopo i Tre Comunicati, gli USA hanno continuato a vendere miliardi di dollari di armi a Taiwan. Questo è un pilastro della strategia dell’impero USA in tutte le amministrazioni, a cui spesso ci si riferisce come al “Bilanciamento di potenza oltre-stretto” che cerca di bilanciare Taiwan contro la Cina. Gli USA hanno mantenuto un embargo sulla Cina per 21 anni dopo la rivoluzione, una tattica ancora usata tutt’oggi contro Cuba. Adesso sappiamo che la CIA fu coinvolta attivamente nelle proteste di piazza Tiananmen nel 1989 per mezzo dell’operazione Yellowbird e informatori posti tra i manifestanti. Contenere la Cina è stata a lungo una strategia chiave dell’impero USA, anche militarmente. Questa strategia venne pianificata in modo succinto nella redazione di una nota del 1965, scritta dal Segretario della Difesa Robert McNamara al Presidente Johnson:
Ci sono tre fronti in uno sforzo a lungo termine per contenere la Cina (realizzando che l’URSS “contiene” la Cina a nord e a nord-ovest): (a) il fronte Giappone-Corea; (b) il fronte India-Pakistan; e (c) il fronte del sudest asiatico. La decisione di fare grossi investimenti oggi in uomini, denaro e onore nazionale nel Vietnam del Sud ha senso solo in congiunzione con sforzi costanti di efficacia equivalente nel resto del sudest asiatico e sugli altri due fronti principali. La tendenza in Asia corre in entrambe le direzioni–sia a favore che contro i nostri interessi; non c’è ragione di essere eccessivamente pessimisti sulla nostra abilità nei prossimi uno o due decenni di stringere alleanze e combinazioni (che includano specialmente Giappone e India) che impediranno alla Cina di raggiungere i suoi obiettivi, finché il suo zelo scemerà. Il lavoro, comunque–anche se possiamo trasferire alcune responsabilità a qualche paese asiatico–continuerà a richiedere attenzione, denaro, e di quando in quando sfortunatamente, anche vite americane.

Qualsiasi decisione di proseguire il programma di bombardamento del Vietnam del Nord e qualsiasi decisione di schierare delle forze nella Fase II–che implicano come fanno una perdita sostanziale di vite americane, rischi di ulteriore escalation, e un maggiore investimento del prestigio USA–deve essere predicata su queste premesse riguardo ai nostri interessi di lungo termine in Asia.
Questa nota rende chiaro anche il fatto che l’occupazione militare USA in Giappone e Corea, e i suoi stretti legami con India e Pakistan hanno lo stesso obiettivo in mente. Ciò che è degno di nota è quanto coerente sia stata questa politica da parte dell’impero USA, a dispetto della sua incapacità di rovesciare la Repubblica Democratica Popolare di Corea e il suo fallimento in Vietnam. Ad aggiungersi all’ansia dell’impero USA, la Cina ha avuto un grande successo nell’asportare il Pakistan dall’egemonia USA (come notato sopra). Se McNamara credeva nel 1965 che lo “zelo” della Cina sarebbe scemato in 10-20 anni, sarebbe seriamente disturbato dai successi che la Cina ha ottenuto da allora.

La strategia USA contro la Cina oggi può essere categorizzata come avente tre pilastri centrali, che formano la base della guerra ibrida:

(1) contenimento: gli USA stanno attivamente costruendo alleanze (India, Giappone, Australia, Corea del Sud) mentre intervengono militarmente e politicamente in paesi vicini (il “triangolo di controllo”) allo scopo di mettere pressione sui fianchi geopolitici della Cina.

(2) balcanizzazione: per mezzo di sovversione dichiarata o occulta, gli USA hanno tentato di sostenere movimenti separatisti in Cina, particolarmente a Hong Kong, Xinjiang, e Tibet. Lo Xinjiang è di cruciale importanza per la strategia USA dato il suo ruolo centrale nell’iniziativa Belt and Road.

(3) sabotaggio economico: restringendo gli investimenti cinesi negli USA, prendendo di mira aziende specifiche, e certamente con la guerra commerciale, si stanno compiendo sforzi per arrestare la rapidissima crescita dell’economia cinese che è sulla strada di eclissare gli USA su numerosi fronti.

Di seguito evidenzierò alcuni dei principali punti chiave di questa guerra ibrida. Benché queste situazioni varino a seconda di luogo e tempo, una costante è stata la tendenza verso un sentimento quasi unanime anti-Cina in tutti i mezzi di informazione occidentali. Diventare un corrispondente anti-Cina (alle volte chiamati “China watchers”) è adesso un importante percorso di carriera nel giornalismo USA. Ci sono corrispondenti oggi la cui intera carriera è stata costruita sul presentare la Cina nella peggiore luce possibile, ripetendo a pappagallo gli argomenti della CIA e del Dipartimento di Stato, come “notizie”. Questi “corrispondenti” condividono tutti circoli sociali largamente sovrapposti, e alcuni dei più virulenti membri chiave dei think-tank sulla politica estera USA come il Council on Foreign Relations. Ho scritto altrove a proposito delle carriere tipo-Operazione Mockingbird di Melissa Chan e Bethany Allen-Ebrahimian.

2007 – presente: Dialogo di sicurezza quadrilaterale o alleanza “Quad”

Nel 2007, il Giappone ha formato un’alleanza con Australia, India e Stati Uniti con lo scopo implicito di contenere l’influenza geopolitica della Cina. Sebbene i differenti partiti dell’alleanza hanno negato che l’obiettivo sia la Cina, gli ufficiali cinesi hanno immediatamente riconosciuto il significato dell’incontro e si sono lamentati con ciascuno di loro. Insieme alla fondazione del Quad, il 2007 vide l’espansione delle esercitazioni militari Malabar con l’inclusione di Giappone, Australia e Singapore (si trattava originariamente di un’esercitazione bilaterale USA-India risalente al 1992). L’esercitazione venne anche tenuta, per la prima volta, al largo della costa di Okinawa invece che nell’Oceano Indiano – una provocazione non così sottile verso la Cina.

Dalla formazione del Quad, l’attività è variata di anno in anno. È da notare come l’Australia si ritirò dall’alleanza nel 2008 sotto Kevin Rudd. Comunque, sarebbe tornata all’ovile più avanti e nel novembre del 2017 tutti i partiti si sono incontrati nuovamente. Tra il 2017 e il 2019, l’attività ha subito un notevole incremento con il Quad che si è riunito ben cinque volte.

2010 – 2012: rete di spionaggio CIA in Cina smascherata e smantellata

Il New York Times ha riferito che tra il 2010 e il 2012, la Cina “ha sistematicamente smantellato operazioni di spionaggio CIA nel paese” uccidendo o arrestando almeno una dozzina di fonti. Secondo il rapporto, la CIA “considera lo spionaggio in Cina una delle sue priorità maggiori.” Si dice che l’operazione abbia paralizzato le operazioni CIA nel paesi per “anni a venire”. È possibile considerare questo uno dei principali sviluppi della guerra di intelligence tra la Cina e gli USA, ed è collegato alla scoperta di una imponente operazione CIA di spionaggio informatico in Cina.

2008 – 2019 (presente?): estesa operazione CIA di spionaggio informatico contro le industrie e il governo cinesi

Nel marzo del 2020 – persa nel mezzo della frenesia mediatica intorno al COVID-19 – una ben nota azienda di sicurezza cinese, Qihoo 360, ha annunciato di avere scoperto una imponente operazione CIA di spionaggio informatico contro la Cina almeno a partire dal 2008. In parte grazie alla fuga di notizie sugli strumenti di attacco informatico Vault 7, l’azienda di sicurezza è stata in grado di identificare gli attacchi CIA contro l’aviazione, le aziende petrolifere, e le compagnie informatiche così come istituzioni di ricerca scientifica e agenzie governative. L’azienda di sicurezza ha speculato sugli obiettivi potenziali di questo attacco:
Riteniamo che negli scorsi undici anni di infiltrazioni ed attacchi, la CIA possa già avere trafugato le informazioni industriali più classificate della Cina, e anche di molti altri paesi del mondo. Non è nemmeno da escludere che adesso la CIA sia in grado di seguire lo stato dei voli globali in tempo reale, le informazioni sui passeggeri, le spedizioni commerciali e altre informazioni correlate. Se la nostra ipotesi fosse vera, quali cose inaspettate farà la CIA se ha informazioni tanto importanti e confidenziali? Ottenere l’itinerario dei viaggio di importanti figure, e poi porre delle minacce politiche, o soppressione militare?
2018 – Articolo di Bloomberg sul “Big Hack”

In una delle più bizzarre e sfacciate operazioni mediatiche in stile Operazione Mockingbird di cui si possa pensare, Bloomberg pubblicò un articolo completamente infondato nel 2018 accusando la Cina di montare processori spia nei sistemi hardware dei server usate da molte importanti aziende USA. L’articolo fu confutato da praticamente chiunque venne interrogato a proposito e non gli fu mai dato seguito, ritrattato o, a mia conoscenza, aggiornato. Uno dei suoi co-autori, Jordan Robertson non ha pubblicato alcun tweet da quando l’articolo è stato pubblicato e rimane il suo “tweet in evidenza” al 17 aprile 2020. Non è chiaro quel che è accaduto esattamente con questa storia ed è una dei più grossi misteri nei mezzi di informazione moderni, specialmente del giornalismo sulla tecnologia. La mia ipotesi è che fu in qualche modo un raffazzonato pezzo scandalistico impiantato dalla CIA o le informazioni usate per scrivere l’articolo vennero fornite da individui privi delle adeguate autorizzazioni. In ogni caso, il fatto che un importante testata giornalistica come Bloomber sia stata disposta a pubblicare un articolo evidentemente falso sulla Cina con immani implicazioni se vero testimonia dello stato delle operazioni anti-Cina nei mezzi di informazione.

2014 – presente: coinvolgimento USA nelle proteste a Hong Kong

Sin dalle proteste di “Occupy Central” del 2014 e il loro ritorno in episodi estremamente violenti nel 2019, il coinvolgimenti USA nel separatismo di Hong Kong è stato documentato dai mezzi di informazione cinesi e di altri paesi. In un articolo del 2014 sul People’s Daily la Cina accusò Louisa Greve, allora vicepresidente del National Endowment for Democracy o NED (la famigerata ong testa di ponte della CIA), di avere incontrato i capi della protesta. Greve, non sorprendentemente, è oggi un direttore del “Progetto Uiguro Diritti Umani” – un’altra organizzazione finanziata dal NED che ha base a Washington DC e sta promuovendo il separatismo nello Xinjiang. Radio Free Asia e Voice of America (testate di propaganda del governo USA) si sono apertamente vantate dei loro servizi in loco sulle proteste di Hong Kong e i metodi per evadere la censura.

Durante l’esplosione di proteste del 2019 a Hong Kong, la CCTV ha pubblicato una fotografia della diplomatica USA Julie Eadeh che incontrava i capi della protesta Joshua Wong e Nathan Law. L’interferenza USA a Hong Kong ha raggiunto il suo apice con l’approvazione della cosiddetta “Legge sui diritti umani e la democrazia a Hong Kong” nel 2019, che fu proposta per la prima volta nel 2014. La legge richiede agli USA di imporre sanzioni sugli ufficiali coinvolti in presunti abusi dei diritti umani a HK e, tra le altre cose, rivedere le relazioni commerciali favorevoli tra gli USA e Hong Kong.

2018 – presente: sovversione USA nello Xinjian

Organizzazioni dei “diritti umani” di base negli USA, la NED, i politici e mezzi di informazione USA incominciarono una imponente operazione psicologica con la provincia dello Xinjiang come bersaglio nel 2018. Questa operazione è incominciata con dichiarazioni del World Uyghur Congress (una organizzazione sponsorizzata dalla NED) in cui si affermava che la Cina stava mettendo i mussulmani in “campi di concentramento”. Queste affermazioni sono state completamente confutate da allora, in tanto che le strutture in questione sono create come centri vocazionali e alternative all’imprigionamento come parte dei rinnovati sforzi della Cina per la de-radicalizzazione dello Xinjiang. È stato pubblicato un esauriente documento che sfata le diverse affermazioni fatte a proposito dello Xinjiang.

Quello che i mezzi di informazione USA naturalmente non menzionano è che lo Xinjiang è stato obiettivo di numerosi attacchi terroristici da parte del “Partito Islamico del Turkistan” negli anni ‘90, e che questi attentati terroristici sono continuati fino al 2017 finché la Cina non si è vista forzata a rispondere con una approfondita campagna di de-radicalizzazione. Dal 2017 non si è avuta notizia di alcun nuovo attacco.

Vale la pena notare come l’organizzazione che precedette il World Uyghur Congress, che ha ricevuto il “Premio Democrazia 2019” del NED, ed ossia il World Youth Uyghur Congress, venne designato come organizzazione terroristica dalla Cina nel 2003. In altre parole, il governo USA sta attivamente sostenendo un’organizzazione che la Cina crede essere affiliata con dei terroristi. Come detto sopra, lo Xinjiang è un area cruciale di bersaglio per l’imperialismo USA data la sua importanza per la BRI e il collegamento che fornisce alla Cina con il resto dell’Asia centrale, meridionale, e occidentale (ricordate il treno che corre direttamente da Urumqi nello Xinjiang a Teheran?).

2009 – presente: il Mar meridionale della Cina e le incursioni della marina USA

Sebbene le dispute sul Mar meridionale della Cina siano state una questione internazionale per lungo tempo, gli USA si sono ripetutamente inseriti nel dibattito contro la Cina. Gli Stati Uniti hanno un ovvio interesse nel vedere che la Cina non è in grado di far rispettare la propria rivendicazione di sovranità nel Mar meridionale della Cina, dato che i vascelli della marina USA dalla costa occidentale e dalle basi del Pacifico passano attraverso il Mar meridionale della Cina per arrivare all’Oceano Indiano e al Golfo Persico. L’atteggiamento aggressivo degli USA in Asia orientale ha portato a numerosi testa a testa.

2018 – presente: guerra tecnologica contro Huawei e ZTE

Come parte della strategia USA per fermare la crescita economica della Cina, gli Stati Uniti stanno prendendo di mira alcune delle sue industrie di maggiore valore compreso il settore dell’alta tecnologia. Nell’agosto del 2018, l’NDAA annuale venne approvato completo di provvedimenti che proibivano al governo federale di acquistare equipaggiamento da Huawei e ZTE. Ha anche posto restrizioni su Dahua technology, Hytera, e Hikvision. La ragione fornita erano sospette questioni di “sicurezza”. L’intento di questa azione era chiaro: alzare una barriera tra le compagnie cinesi di alta tecnologia di maggior successo e il resto del mondo. Huawei è una delle compagnia di telefonia cellulare più grandi al mondo e una compagnia di punta cinese secondo diversi parametri. La situazione ha subito una drastica accelerazione nel 2018 quando Meng Wanzhou, la Direttrice Finanziaria di Huawei, venne arrestata in Canada su richiesta degli Stati Uniti. È accusata di avere presumibilmente violato le sanzioni contro l’Iran, tra altri capi d’imputazione.

2018 – presente: la guerra commerciale USA alla Cina

Forse il segno più indicativo del collasso del patto tra il capitale USA e la Cina è la guerra commerciale iniziata da Trump nel 2018. Per la prima volta dalle riforme economiche della Cina, il governo USA si è mosso per agire esplicitamente sui suoi reclami a proposito dei sistemi “iniqui” della Cina. La cosa importante da sapere riguardo alla guerra commerciale è che quello di cui gli USA si stanno in effetti lamentando è il sistema socialista della Cina. Quasi tutti i reclami che gli USA hanno espresso contro la Cina riguardano i meccanismi che quest’ultima ha usato per rafforzare il suo settore statale: trasferimento della proprietà intellettuale, trattamento preferenziale per le IPS, ecc. Questa guerra commerciale è in definitiva progettata per imporre alla Cina di abbandonare il suo sistema socialista.

Sebbene la “fase uno” di un accordo sia stata raggiunta tra USA e Cina, l’effettiva implementazione di quell’accordo e ulteriori negoziazioni sono incerte. La seconda fase dovrebbe avere a che fare con “questioni strutturali” (leggi: gli USA vogliono che la Cina privatizzi e smantelli il suo sistema socialista) ma finora non abbiamo visto alcun movimento in quella direzione. La crisi del COVID-19 potrebbe mettere un freno alla guerra commerciale e alle sue negoziazioni per l’immediato futuro.

Il Partito Democratico non ha fatto virtualmente nulla per opporsi alla guerra commerciale di Trump, e ha invece semplicemente asserito che gli USA dovrebbero prendere un approccio di “coalizione” per “mettere la Cina di fronte alle sue responsabilità” per le sue “pratiche commerciali inique”. Joe Biden ha detto esplicitamente questo a proposito della fase uno dell’accordo: “Non risolverà davvero le questioni reali al centro della disputa, e altre pratiche predatorie nel commercio e nella tecnologia.” C’è un consenso trasversale sul muovere guerra economica contro la Cina.

Conclusioni e guardando avanti

Spero che questo articolo abbia fornito un’utile panoramica sui retroscena e sulla situazione presente che la Cina deve fronteggiare nel mondo oggi. Quello che per me è chiaro è che gli USA si sentono sempre maggiormente minacciati dall’emersione della Cina e hanno concluso che il solo modo di rallentarla è impiegare le tattiche della vecchia Guerra Fredda usata contro paesi come URSS, Cuba, e la RDPK. Il patto tra il capitale USA e la Cina sembra essere arrivato ad una conclusione definitiva, e non vedo alcuna indicazione che questa situazione si risolverà in tempi brevi. Per il movimento socialista non-cinese, spero che queste informazioni forniscano una migliore comprensione del mondo in cui viviamo e del ruolo della Cina. Spero che più socialisti – anche se non concordano con la valutazione che la Cina è socialista – giungeranno a vedere l’emersione della Cina come una rottura decisiva con l’egemonia USA, qualcosa che non abbiamo visto dai tempi dell’URSS. La Cina è il futuro, e tanto prima ci educheremo da noi stessi su di essa tanto meglio saremo in grado di interagire con la Cina e con i suoi milioni di comunisti. La sinistra non-cinese ha molto da imparare dall’esperienza della RPC, sia dalla sua rivoluzione che dal suo governo post-rivoluzionario. Spero di avere contribuito a quella comprensione.

Questo articolo sarà revisionato e rivisitato di tanto in tanto quando vi sono nuovi sviluppi.

Vorrei ringraziare le molte persone che mi hanno aiutato a comprendere meglio la Cina, il socialismo e la geopolitica in generale. Ce ne sono troppi in lista e mi dispiacerebbe lasciarne fuori qualcuno, ma se avete mai condiviso del materiale con me o mi avete offerto le vostre osservazioni sulla Cina, sarò per sempre in debito con voi. Infine certo posso solo ringraziare tutto il popolo cinese e i loro compagni che hanno dato al resto del mondo speranza per un futuro migliore.

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