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16/08/2021

L’Asia, una civiltà sconosciuta

Che gran bella e piacevole serata ieri alla pizzeria Regina Scalza di Pontecagnano con Sergio e Teo. Ste pensava di annoiarsi, pensava che parlassimo di macroeconomia, invece ne siamo usciti arricchiti.

Sergio, bolognese verace amante del sud e della Calabria, già collaboratore della rivista La Contraddizione, si è trasferito alla fine degli anni novanta in Malesia dove lavora come general manager di una multinazionale asiatica.

Per lavoro ha girato Vietnam, Cina, Singapore, Indonesia, India, ecc. Mi segue dall’Asia da vari anni leggendomi sui vari siti, ha letto il mio libro “Piano contro mercato“. 10 mesi fa volle contattarmi e ci siamo conosciuti. Ha voluto conoscermi di persona e così ci è venuto a trovare.

Sergio ha raccontato dell’Asia, dell’India, dove le metropoli sono attraversate da gran povertà ma anche da una grande classe media e tutti, tutti, si danno da fare. Gli asiatici lavorano come matti, certo, per far soldi, ma anche per cultura; il parassitismo non è nella loro linea.

I genitori fanno studiare i figli (a proposito: a scuola tutti con la divisa, per non esaltare le divisioni in classi sociali, fino all’Università, come era da noi un tempo), ma poi i figli mantengono i genitori, c’è un culto degli anziani.

Il figlio dell’industriale inizia dalla gavetta (ci ha raccontato del figlio di un magnate di supermercati, incontrato mentre spazzava un supermercato), mentre da noi partono con Ferrari, alcol e droga.

Mi dice che molti industriali italiani non stimano i propri figli, che dissipano ricchezze, non vogliono lavorare, e fanno i parassiti. Un’altra cultura, i figli degli industriali italiani dissipano ricchezze mentre pagano poco la gente (“se tu dai noccioline avrai una scimmia al lavoro”, proverbio cinese).

In Asia negli affari dominano gli indiani e i cinesi, i ristoranti italiani in Cina sono finanziati dai cinesi che si prendono il 50% degli utili (logico che il ristoratore poi dia il massimo assieme ai suoi collaboratori).

In Asia prima viene la comunità, poi l’individuo, non solo in Cina, ma in tutto il continente. Fa parte della loro cultura, ecco perché in alcune aree riescono a controllare meglio il covid.

In alcune aree c’è un forte senso dello Stato, in altre di meno. Persino la spazzatura viene controllata a livello di condominio; se qualcuno sgarra fanno la multa all’intero condominio. Ogni condominio ha il portiere che controlla per il covid.

Ci ha raccontato di un magnate malesiano cinese che scelse come direttore del personale un indiano con la quinta elementare. Perché? Spiegò a Sergio: “se lui è umile allora si comporterà bene con i miei collaboratori”. Chi fa questo da noi?

Abbiamo due cose in comune, con Sergio: culto della tradizione e preferenza per il contante (a favore dei piccoli operatori economici, la grande evasione la fa chi porta i soldi all’estero, la piccola olia l’economia).

Piacevolissima serata, ora attendo nei prossimi mesi gli altri amici.

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