Puntuale come una cambiale è già iniziato il battage propagandistico intorno al voto utile e al meno peggio. Ci sentiamo di affermare che questo sarà l’unico argomento di cui si discuterà nelle prossime settimane nel campo “progressista”. Niente sulla fuoriuscita dell’Italia dalla guerra e dai vincoli della Nato, niente sui salari e sul salario minimo, niente sulla marcia indietro nella transizione ecologica, niente di niente sulle questioni sociali complessive. Quando arrivano le elezioni si dovrebbe ingoiare il rospo del meno peggio e basta.
Ultima in ordine di tempo è Norma Rangeri che su Il manifesto ripropone, attualizzando alcuni dettagli, la solita solfa utilizzata a piene mani dai tempi dell’antiberlusconismo. Il risultato sono stati una serie di rospi da far ingoiare al “popolo della sinistra”, talmente velenosi da essersi trasformati in draghi e averla devastata.
Quando arrivano le elezioni scatta sistematicamente l’invocazione alla catarsi, a mettere da parte ogni responsabilità passata e presente del Pd (ieri dell’Ulivo) sulle scelte guerrafondaie e antipopolari perché se fatte dal Pd queste sono potabili, mentre quelle della destra – sulle quali il Pd è convenuto spesso dentro e fuori le aule parlamentari – sono indigeribili.
Insomma se in guerra e al fianco della Nato ci trascina il Pd va bene, se lo fa la Meloni no. Se i sacrifici, le privatizzazioni, i tagli alla spesa sociale li fa il PD ci lamentiamo un po’ ma non si vede l’ombra di un’ora di sciopero, se le fa la destra siamo dentro al baratro.
Vogliamo dire a Norma Rangeri e a tutti gli ascari del meno peggio che ci perseguitano da anni e che ci hanno trascinato su un piano inclinato passo dopo passo, che con questa trappola psico/politica abbiamo rotto da tempo e non ci cascheremo certo in questa occasione.
E l’articolo della Rangeri appare ancora più irricevibile e capzioso quando afferma che: “Non ha davvero senso giocare una partita sapendo di perdere in partenza. Non porta a nulla una sconfitta con onore. Queste destre non fanno prigionieri. Si tratta della battaglia più dura che deve affrontare il nostro mondo democratico e progressista. Per ulteriore chiarezza: non ci piace per niente il tanto peggio tanto meglio”.
In quattro righe in pratica c’è l’invito alle formazioni politiche della sinistra alternativa come l’Unione Popolare di sbaraccare il campo e rassegnarsi a votare Pd oppure a portargli l’acqua con le orecchie. Insomma di non entrare neanche in partita.
Inoltre i toni apocalittici, utilizzati sistematicamente in questi anni, dovrebbero servire a smobilitare anche chi le destre e i fascisti li affronta quotidianamente da anni sul territorio, in quei momenti di affrontamento sul campo nel quale gli antifascisti da cabina elettorale diventano ectoplasmi.
La scoperta che la destra dispone nel paese di vasti consensi e di un blocco sociale di interessi corporativi e definiti – in alto e in basso – è la scoperta dell’acqua calda. Al contrario non ci si pone mai il problema di quali sono gli interessi sociali cui risponde il Pd e l’insopportabile campo liberal/progressista. Ed è questa ambiguità diventata nel tempo allineamento agli interessi di imprese, soggetti privati e business del terzo settore che ha allontanato il Pd e il centro-sinistra da quei settori sociali che la destra intercetta e a cui dà rappresentanza.
Questo paese non ha più bisogno di palliativi ambigui, di alleanze spurie e strumentali per “fermare le destre”. Questo paese ha bisogno di rotture – come ha ripetuto più volte l’esponente de La France Insoumise all’assemblea di presentazione di Unione Popolare (ed anche lì c’era la destra della Le Pen in competizione), ed ha bisogno dell’individuazione e organizzazione di un blocco di interessi sociali definiti e alternativi al sistema dominante, un sistema di cui il PD e le forze con cui la Rangeri ci invita a ingoiare sono parte integrante, né più né meno delle destre.
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