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22/08/2022

Covid, le vittime senza voce. I lavoratori fragili e il ricatto tra salute e lavoro

La crisi sanitaria ha fatto da cartina di tornasole circa l’atteggiamento dello Stato e degli esecutivi riguardo alla tutela della classe lavoratrice in generale, prima mandata a contagiarsi sui posti di lavoro senza troppi scrupoli per via dei ritardi nella chiusura delle produzioni non essenziali (come da volontà di Confindustria), poi oggetto dello sblocco dei licenziamenti che ha concesso ai padroni tutti i possibili pretesti per attuare una ristrutturazione industriale sulla pelle di operai e impiegati. In questo contesto, il disagio vissuto dai lavoratori fragili rappresenta un caso speculare rispetto a quello generale: molti di essi avrebbero preferito, per la situazione in cui sono stati messi dai governi, usufruire dei sussidi di disoccupazione piuttosto che essere alla mercè delle coperture limitate dell’INPS, effetto del primo provvedimento del governo che, oltre a permettere lo smart working, prevedeva la malattia equiparata a ricovero per i casi più gravi.

Durante i peggiori picchi della pandemia l’attenzione dei media è stata focalizzata soprattutto sulle contestazioni delle frange più individualiste e anti-scientifiche della società (no vax, no mask, promotori delle tesi dell’apertura indiscriminata). Molto spesso a rimanere nell’anonimato sono state proprio le categorie che portavano avanti lotte del tutto legittime e che hanno vissuto sulla propria pelle l’inadeguatezza delle istituzioni a tutelare – nell’aspetto sanitario e nell’aspetto economico – l’insieme dei soggetti particolarmente deboli di fronte al virus. Parliamo oggi con Daniela Briuglia, attivista per i diritti dei lavoratori fragili e responsabile del gruppo Facebook Immunodepressi tutela contro il Coronavirus. Daniela da due anni porta avanti una battaglia per il riconoscimento di speciali prerogative per questa parte di proletari. Parleremo poi con Luisa (nome di fantasia), lavoratrice fragile del settore privato.

Daniela, quando è cominciato il vostro impegno? Come avete vissuto l’esordio della pandemia?

Abbiamo creato due anni fa, allo scoppio dei contagi, il nostro gruppo, primo gruppo sull’argomento, credo. All’epoca le tutele erano, fortunatamente, già riservate a chi possedeva i criteri della 104 comma 3, ma si escludevano gli immunodepressi o chi aveva altre patologie, oggetto del comma 1.[1] Il comma 1 riguarda chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Non aver tenuto subito conto di questa circostanza è stato il primo errore del governo. A marzo 2020 il governo ha emanato il primo decreto dove per noi malati fragili (oncologici, autoimmuni, immunodeficienti, asmatici gravi, cardiopatici eccetera) veniva inserito l’articolo 26. Questo articolo di fatto ci ha permesso di stare a casa, in smart working o – solo a seguito della conversione del decreto legge – in malattia equiparata a ricovero, il che aveva molto più senso visto che, ad esempio, un’infermiera non può andare in smart working. Equiparata a ricovero significa che non venivamo licenziati e la malattia non andava nel comporto.[2]

Perché tutto questo non è stato assolutamente risolutivo?

Le tutele non sono state molto costanti in questi due anni. Purtroppo tutti i lavoratori in malattia dipendono dall’Inps, la quale paga solo per 180 giorni all’anno. Ciò significa che il governo ci ha tutelato solo sei mesi all’anno: da marzo ad ottobre del 2020, da gennaio a giugno del 2021. Questo “singhiozzo” è stato come un cappio al collo perché superati i 180 giorni dell’anno in corso noi siamo rimasti senza tutele, come stiamo rimanendo quest’anno. Infatti, con il decreto 24 del 24 marzo 2022 per la prima volta i lavoratori fragili sono stati messi fuori sia dallo smart working che dalla malattia esclusa dal comporto, permanendo soltanto la “sorveglianza sanitaria”,[3] anche se nel Protocollo d’Intesa fra le parti sociali datato 30 giugno, oltre stilare alcuni obblighi in capo all’azienda come favorire orari di ingresso/uscita scaglionati in modo da evitare assembramenti nelle zone comuni (ingressi, spogliatoi, sale mensa), si auspica che la possibilità del lavoro agile venga reinserita. Questa, tuttavia, lascia il tempo che trova, perché alla fine le aziende o le amministrazioni non applicano tutte le tutele per i lavoratori fragili. Spesso non sanno proprio come applicarla, tale sorveglianza. Se non è più previsto lo smart working, peraltro, chi è che ti mette a lavorare da solo in una stanza? E, inoltre, che tutela ci può essere se per andare a lavorare devi comunque prendere i mezzi? All’atto della conversione del decreto, a maggio, è stata prevista una malattia esclusa dal comporto di poco più di un mese, un’elemosina che ci hanno voluto elargire. Infine, la sorveglianza sanitaria stessa scade il 31 luglio 2022: a partire da quella data ogni lavoratore fragile può essere messo a lavorare in una stanza con tutti gli altri senza mascherina (e conosco già persone che si sono contagiate tornando in ufficio). A poco serve il bonus di 1000 euro una tantum di recente istituito dal governo ai lavoratori fragili del settore privato che nel 2021 hanno visto interrompersi l’erogazione dell’indennità INPS.

Cosa comporta nel dettaglio rimanere scoperti, per voi lavoratori fragili?

Restare senza tutele significa per noi tornare in presenza o restare senza stipendio. Il massimo del ridicolo lo abbiamo visto quando parecchi di noi si sono presentati nelle aziende e per legge hanno dovuto fare una visita prima di rientrare. Molti, prevedibilmente, si sono trovati l’amara sorpresa di essere stati dichiarati inidonei. Questo è peggio di una sentenza di morte: significa che parecchi disabili /invalidi /fragili non vedono né stipendio né altro compenso. Per rincarare l’accanimento essi non vengono nemmeno licenziati e quindi non possono percepire nemmeno la disoccupazione in quanto misura di sostegno che spetta solo in caso di licenziamento o perdita involontaria del lavoro, cosa che non ha a che fare con l’inidoneità temporanea, che prevede la permanenza in organico alle aziende.

Luisa, vista la tua esperienza nel settore privato, ci sai dire come mai le aziende non decidono di licenziare i lavoratori fragili?

L’unico motivo per cui essi stanno in organico è perché le aziende difficilmente licenziano un disabile, visto che hanno l’obbligo di assunzione e di certo festeggiano per avere un invalido in organico da non dover pagare! Anche dal 1° luglio di quest’anno, quindi, come per metà dei precedenti, siamo sempre con il dover scegliere tra lo stare a casa e senza stipendio e il rientrare con i casi in aumento. Aggiungo un’ulteriore beffa. Noi invalidi siamo a casa in malattia equiparata a ricovero, ma questi lunghi mesi sono solo figurativi e non aumenteranno la nostra pensione.[4]

Quali richieste avete fatto alle istituzioni?

Le nostre richieste (o meglio le nostre necessità) sono innanzitutto la proroga delle tutele di cui all’articolo 26, commi 2 e 2 bis (lavoro agile o qualora non possibile, assenza equiparata a ricovero ospedaliero e non conteggiata nel periodo di comporto) oltre il 30 giugno per tutti i lavoratori fragili e inidonei sia del settore pubblico che privato. Molto importanti sarebbero, poi, la proroga della sorveglianza sanitaria eccezionale con riferimento alla situazione epidemiologica e alle misure di contenimento del virus, la possibilità di accedere ad una pensione anticipata per i lavoratori considerati fragili, anche con il riconoscimento di contributi figurativi, l’incentivazione del lavoro da remoto sia nel settore pubblico che in quello privato e la precedenza nell’accesso ad esso per i lavoratori fragili, anche attraverso nuovi contratti integrativi, con una normativa che preveda misure efficaci ed inderogabili ed ogni altra tutela che possa garantire i fragili, l’adibizione dei lavoratori fragili ad altre mansioni della stessa area di inquadramento o predisposizione di luoghi di lavoro più sicuri ove possibile. Infine, abbiamo richiesto la concessione di mascherine ffp2 gratuite per i lavoratori a maggior rischio contagio e una procedura agevolata per il riconoscimento della Legge 104/92 art. 3, comma 3, il cui riconoscimento abbia la durata di 2 anni, con proroghe nel caso in cui la situazione epidemiologica non sarà mutata e la possibilità di usufruire per sé stessi di congedo straordinario (equiparato a livello economico e contributivo a quello previsto nel D.lgs 36-03-2001 n. 151, art. 42 come modificato dal D.lgs 119/2011), per la durata di 24 mesi anche nelle more dell’approvazione da parte dell’INPS.

Che forme di protesta avete intrapreso?

Il nostro problema è, appunto, che siamo impossibilitati per la nostra condizione anche a intraprendere forme fisiche di protesta: andare in piazza, fare scioperi visibili è precluso a noi proprio per via delle nostre patologie. Avremmo bisogno che gli altri lavoratori marciassero in solidarietà anche per noi. L’unica speranza che avevamo era la conversione in legge del decreto semplificazioni del 21 giugno, da convertire in legge, che prevedeva lavoro agile e malattia esclusa dal comporto fino al 31 dicembre. Purtroppo anche da questo decreto gli emendamenti a favore dei lavoratori fragili sono stati stralciati e un’ulteriore lettera aperta è stata inviata alle istituzioni, da parte del gruppo, a fine luglio. Da oggi, la strada per delle reali tutele nei confronti dei lavoratori fragili sembra decisamente in salita.

Note

1 – Il comma 3 dell’articolo 3 della legge 104, “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”, ha a che fare con il disabile lavoratore a cui è stato riconosciuto un handicap grave, il quale ha diritto ad un permesso retribuito di due ore al giorno o, in alternativa, di tre giorni di permesso al mese. Il comma 1 dell’articolo 3 riguarda chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

2 – Tempo massimo durante il quale, in caso di assenza per malattia o per infortunio, il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro.

3 – L’insieme degli accertamenti sanitari svolti dal Medico Competente finalizzati alla tutela dello stato di salute e alla sicurezza dei lavoratori, in relazione alle condizioni di salute degli stessi, all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio e alle modalità di svolgimento della mansione.

4 – I contributi figurativi sono contributi accreditati senza onere a carico del lavoratore, per periodi durante i quali non ha prestato attività lavorativa né dipendente né autonoma, ha percepito un’indennità a carico dell’INPS, ha percepito retribuzioni in misura ridotta. Il loro importo è spesso inferiore a quello che il lavoratore avrebbe maturato lavorando.

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