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25/08/2022

Sussuri e grida sul palco di Comunione e Liberazione

Parlano le immagini, parlano i dettagli, parlano i fatti. Sul palco dell’annuale meeting di Rimini – vera e propria esegesi del tributo ai potenti – abbiamo visto tutti insieme i rappresentanti politici dell’establishment e del partito unico (o del Puag come lo definisce Cremaschi in altra parte del giornale).

Possono essere di destra, di centro, liberali, cattolici, un po’ di sinistra, si strillano e twittano contro a esclusivo vantaggio delle telecamere e degli allocchi, ma pensano sostanzialmente le stesse cose, mangiano negli stessi piatti, obbediscono agli stessi padroni italiani o stranieri – dalla Nato alla Bce – si riconoscono come simili e pretendono di rappresentare in esclusiva gli interessi del paese.

Hanno sfilato tutti insieme sul palco del Meeting di Rimini dei fondamentalisti di Comunione e Liberazione perché questa omaggia e riconosce solo chi ha potere e gli invitati sono lì ad assicurare le prebende pubbliche su scuola, sanità e assistenza ad una parte di “mondo cattolico” più sensibile alla materialità che allo spirito. Un voto di scambio all’ennesima potenza celebrato davanti alle telecamere.

Su quel palco o a confabulare nei bar del centro congressi c’erano alcuni leader politici, altri ne sono stati apertamente esclusi.

Meloni, Letta, Lupi, Tajani, Rosato, Salvini, Di Maio e i loro progetti politici sono questo, sono solo questo. Ne sono talmente consapevoli che quando il segretario del Pd cinguetta con la Meloni lo fa coprendosi la bocca per non far leggere il labiale e magari lasciarsi sfuggire qualche parola imbarazzante dentro la campagna elettorale.

Quella sfilza di leader politici su quel palco di Rimini ci dice chi sono i nemici da combattere in questa campagna elettorale senza fare sconti ad alcuno dei presenti. Fissatevi negli occhi e nella testa quelle immagini per evitare svarioni, ripensamenti o vergognosi accomodamenti.

Con gli assenti da quel palco forse si potrà ragionare di una alternativa a tutto questo ma non ora. Il polverone della campagna elettorale e di irricevibili pregressi dovrà depositarsi prima di poterne discutere, senza le strumentalità e le ipocrisie che il gioco truccato delle elezioni ha imposto per troppo tempo a questo paese e alle sue dolorose domande sociali, di pace e di giustizia. Per questo occorre una rottura.

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