Il rappresentante della Russia alle Nazioni Unite, Vasily Nebenzya, ha dichiarato nel corso della riunione di ieri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu che i combattimenti vicino la centrale nucleare di Zaporizhzhia comportano “ogni giorno il rischio di un incidente radioattivo” che “avrebbe conseguenze catastrofiche per l’intero continente europeo”. “La situazione si è ulteriormente deteriorata, gli ucraini bombardano il territorio della centrale praticamente ogni giorno”, ha affermato il diplomatico russo, secondo il quale i soldati della quarantaquattresima brigata d’artiglieria ucraina stanno colpendo i dintorni della struttura con obici da 150 millimetri.
Il generale Igor Kirillov, comandante delle forze di difesa dalle radiazioni, dalle armi chimiche e biologiche della Federazione Russa nel corso di un briefing questa mattina ha dichiarato che se i bombardamenti messi in atto dall’Ucraina contro la centrale nucleare proseguiranno, potrebbe essere presa in considerazione la disattivazione delle unità di potenza numero 5 e 6 che causerebbe lo spegnimento dell’impianto.
Con un contorcimento logico e fisico, il governo ucraino accusa invece la Russia di bombardare la centrale nucleare che occupa da marzo ed in cui sono presenti i propri soldati e i propri tecnici. Il governatore regionale ucraino di Zaporizhzhia, Oleksandr Starukh, ha riferito invece che le forze russe hanno lanciato razzi sul quartiere centrale di Shevchenkivskyi e hanno colpito le infrastrutture. Un dipendente della centrale e il suo autista sono rimasti uccisi nell’esplosione di un colpo di mortaio all’esterno dell’impianto, riferisce il presidente dell’azienda nucleare statale ucraina Energoatom.
Insomma secondo gli ucraini i russi avrebbero bombardato le proprie posizioni per fare uno sgarbo al governo di Kiev.
Ma sulla sicurezza della centrale di Zaporizhzhia, gli esperti riportano tutti con i piedi per terra smontando gli allarmismi sulla sicurezza. Sulle pagine del nostro giornale lo aveva fatto alcuni giorni fa il prof. Zucchetti, oggi l’Agenzia Nova intervista due esperti del Politecnico di Milano e dell’Enea.
Anche una centrale spenta può comportare qualche rischio residuo, ma il paragone fra l’impianto di Zaporizhzhia con quanto accaduto a Chernobyl e Fukushima è azzardato. È questo il parere espresso da due esperti sentiti da Agenzia Nova, secondo cui proprio dopo l’incidente in Giappone, la sicurezza degli impianti, compreso quello nella città ucraina, è aumentata e non basta qualche missile sfuggito al controllo.
Secondo Marco Ricotti, professore ordinario di impianti nucleari al Politecnico di Milano, in ogni caso, la fuga radioattiva si limiterebbe a poche decine di chilometri dalla centrale. Su questa valutazione concorda anche Alessandro Dodaro direttore del Dipartimento fusione e sicurezza nucleare dell’Enea. “Se si decide di bombardare la centrale, volendola colpire intenzionalmente, ci potranno essere dei rilasci radioattivi. Il reattore ha un contenitore d’acciaio di 6 centimetri, e quindi molto resistente, ma bombardandolo intenzionalmente è chiaro che questa protezione non sarebbe sufficiente. Tuttavia, anche in questo caso, i rilasci si ridurrebbero a pochi chilometri intorno alla centrale”, ha detto Dodaro. È chiaro che, date queste condizioni, “un’ipotesi Chernobyl non è replicabile”.
“Con una centrale spenta ci sarebbe ancora qualche rischio residuo – afferma Ricotti –. Una centrale spenta è molto meno problematica rispetto a un centrale in piena potenza, ma bisognerebbe comunque mantenere raffreddato il combustibile del reattore così come le piscine di stoccaggio del combustibile esaurito”.
Anche su questa valutazione l’ing. Dodaro esprime la medesima posizione dell’esperto del Politecnico di Milano: “I pericoli diventano ancora più bassi qualora la centrale dovesse essere spenta. Quando una centrale è in funzione avviene una certa produzione di elementi di fissione, ovvero dei gas che sono contenuti all’interno degli elementi di combustibile. Un eventuale bombardamento con possibile fusione del nocciolo, farebbe sì che questi gas potrebbero fuoriuscire e depositarsi nelle zone limitrofe. Spegnendo la centrale il rischio sarebbe ancora minore”, ha detto l’ing.Dodaro, secondo cui “lo spegnimento di una centrale nucleare sarebbe estremamente rapida come procedura”.
Sulla possibilità poi che le sostanze radioattive rilasciate possano arrivare fino in Polonia, Germania e Slovacchia, il prof. Ricotti solleva dubbi ancora maggiori: “Ci sono un sacco di ‘se’ da mettere davanti, in caso di un incidente severo con danneggiamento diffuso del combustibile e penetrazione, un eventuale dispersione di radioattività, come si è visto a Chernobyl, ma soprattutto a Fukushima, coinvolgerebbe un’area nell’intorno della centrale all’incirca di venti o trenta chilometri. Che era la zona ritenuta pericolosa che fu fatta evacuare ai tempi di Fukushima, tra l’altro con qualcuno che dubitava della necessità di evacuare le persone di quella zona”. “La ricaduta di materiale radioattivo in quantità seria – sottolinea – sarebbe nell’intorno di poche decine di chilometri dalla centrale. Che ci sia radioattività che possa andare in giro e che possa essere monitorata ed evidenziata da rilevatori questo è abbastanza facile poiché la radioattività si rileva molto bene anche a notevole distanza, nel caso di rilasci, però questo non significherebbe un problema”.
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