L’idea di una moneta comune era già in circolazione nella precedente ondata di governi progressisti in America Latina, negli anni in cui furono creati il Banco de Sur (2007) e Unasur (2008), tuttavia, non si è mai concretizzata.
Il rovesciamento dei governi progressisti e l’installazione di una nuova ondata neoliberista hanno seppellito l’intero processo. Tuttavia, durante l’attuale campagna presidenziale in Brasile, il candidato Luis Inácio “Lula” da Silva ha messo ancora una volta sul tavolo la discussione su una moneta comune.
La sinistra brasiliana, il cui Paese fa anche parte del gruppo di nazioni che compongono i BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), cerca di anticipare il contesto economico e commerciale che emergerà a livello internazionale dopo la guerra in Ucraina.
Per il momento, ciò a cui punta il candidato è la costruzione di una moneta comune sudamericana, che riduca il protagonismo del dollaro nel commercio regionale ma allo stesso tempo garantisca la sovranità delle valute nazionali.
L’idea è diversa dall’euro, la valuta di 19 paesi dell’Unione Europea (UE) che ha sostituito le valute nazionali e che dipende da un’unica Banca Centrale Europea: nel caso del Sud, la proposta è che ogni paese mantenga la sua valuta nazionale e si stabilisca il cambio internazionale.
Il progetto prende spunto dalla proposta di una moneta internazionale che l’economista inglese Keynes presentò alle potenze che stavano per vincere la Seconda Guerra Mondiale alla conferenza di Bretton Woods (Stati Uniti, 1944), per superare le crisi del sistema aureo.
In prima linea in questa idea, che Lula ha proposto ai governi della regione, ci sono Gabriel Galípolo, professore all’Università Federale di Rio de Janeiro e presidente dal 2017 al 2021 della banca di investimento Fator, Fernando Haddad, ex candidato alla presidenza per il PT in Brasile, oltre all’ex ministro degli Esteri ed ex ministro della Difesa Celso Amorim.
Uno dei fatti che ha favorito questa politica annunciata da Lula è soprattutto lo scenario aperto dalla decisione di Stati Uniti e Unione Europea (UE) di sanzionare la Russia per aver invaso l’Ucraina rimuovendola dal sistema di pagamento internazionale (Swift) .
Il tasso di cambio tra le valute nazionali e il sud sarebbe fluttuante e dovrebbe essere creata una Camera Sudamericana di Compensazione per ridurre le asimmetrie e impedire che il Brasile, la più grande economia dell’America Latina, trascini i suoi pari in una dipendenza.
Paesi come Venezuela, Messico, Argentina e Colombia si sono già dimostrati favorevoli al provvedimento, dopo il viaggio e insediamento di Petro in Colombia, mentre Gabriel Boric ha fatto notare di non essere chiuso all’idea, che sta guadagnando ogni giorno sempre più consensi in America Latina.
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