di Guido Salerno Aletta
Passo dopo passo, spesa dopo spesa, il PNRR si sta dimostrando un esercizio quanto mai poco coerente con i principi di democraticità nella allocazione delle risorse e di trasparenza dell'azione amministrativa.
Un punto deve essere chiaro: sono soldi che spettano all'Italia, o come rimborso del contributo finanziario pagato alla Unione europea, i Grants che non devono essere restituiti, o come Loans, debiti per somme che ci vengono anticipate. E che dovremo restituire.
Sono state messe una quantità inverosimile di condizioni che sovente non hanno nulla a che vedere con il Programma, focalizzato sulla transizione energetica e sulla digitalizzazione, mantenendo forte il valore della coesione sociale e territoriale: che cosa c'entrano le concessioni balneari, la cui liberalizzazione sta tanto a cuore a chi vuole mettersi in tasca un altro asset finanziario da cui estrarre valore investendo in Italia? Il PNRR è solo uno strumento per condizionare le scelte dell'Italia.
Il PNRR è una sorta di contratto: la Ue "ci dà i soldi" e noi li investiamo secondo gli accordi raggiunti. Ma è stato costruito sulla base di programmi che si dice siano immodificabili, dove alcune cordate si sono assicurate ritorni economici consistenti: dietro ogni programma ci sono lobby, interessi che fanno finta di competere alla pari sul mercato, mentre si sono aggiudicati lotti di miliardi di euro.
Il sistema è ben diverso dai soliti appalti pubblici, dove c'è uno stanziamento di spesa, un capitolato di gara ed i partecipanti: ci sono i programmi, gli affidamenti, i consorzi, gli affidatari. Una rete di relazioni che sta "a monte" rispetto alla gare.
La classica gerarchia delle norme è saltata: vale la costruzione bruxellese, che non è neppure stabilita a priori in modo generale ed astrato: sono le singole decisioni della Ue che di volta in volta stabiliscono le procedure da seguire, i vincoli che ne derivano, le condizioni di ammissibilità.
Tutto è stato deciso per metter l'Italia in condizioni di soggezione, ivi comprese le procedure amministrative che devono conformarsi a quanto deciso da Bruxelles, in termini di gestione, reporting e audit.
Bisogna rivendicare il principio di sussidiarietà: visto che ci sono già le regole italiane, sono quelle che si applicano. Se non applichiamo le leggi italiane, le nostre procedure, i fondi saranno utilizzati solo da coloro che si sono addestrati negli anni ad accaparrarsi i fondi europei.
Più ritardi si accumulano, per via di questo sistema "estraneo" che ci viene imposto, più si ricorre a sistemi arbitrari, a commissariamenti, a deroghe eccezionali: è esattamente quello che serve a chi se lo è costruito su misura, pezzo per pezzo, per arraffarsi tutto.
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