Immancabili, come ogni anno, i dati Istat sull’andamento demografico del paese registrano un deciso segno meno. Che non è grave soltanto in sé, ma soprattutto perché conferma una tendenza di lunghissimo periodo.
Dal 1964 ad oggi sono stati pochissimi gli anni in cui le nuove nascite sono state più numerose dell’anno precedente, ma anche ad uno sguardo disattento balza agli occhi che la dimensione delle diminuzioni è sempre alta, mente i “rimbalzi” sono sempre appena percettibili.
Il risultato finale, al 2023, non lascia dubbi: i nuovi nati sono stati l’anno scorso 379mila, oltre il 60% in meno del milione e più registrato nel 1964.
Appare scontato, come sempre, che il “tasso di sostituzione” generazionale – a questo livello – non garantisce più la tenuta complessiva del paese, sia per quanto riguarda la produzione di ricchezza, sia per la tenuta dei conti pubblici futuri (meno gente al lavoro significa meno entrate fiscali), sia – persino – per le fantasie macabre dei guerrafondai che cominciano a indicare la “leva obbligatoria” come via maestra per contribuire alla guerra contro Russia, Cina e chiunque capiti a tiro.
Se ha sempre meno persone da utilizzare, insomma, anche il più idiota dei governanti-padroni si dovrebbe porre il problema di come impiegarli: se per creare ricchezza o farli massacrare al fronte. Tutte e due le cose non si possono più fare.
Come sempre, almeno da cinquant’anni a questa parte, i reazionari al governo (il “centrosinistra” non lo è mai stato meno del centrodestra, se non nelle chiacchiere) individuano la responsabilità principale del calo demografico nella scarsa voglia dei “giovani” di caricarsi gli obblighi della genitorialità. La stessa scemenza veniva detta anche ai loro antenati ormai (almeno a far data dal 1968...)
Un fattore “culturale decadente”, insomma, che frenerebbe la capacità riproduttiva con la preferenza per il “divertimento”, il “godersi la vita”, il “complesso di Peter Pan” e altre idiozie.
Questi reazionari, anche quando sono costretti a riportare i dati statistici, evitano con cura di sottolineare il dato centrale che li smentisce. Ossia il seguente: “La riduzione della natalità riguarda indistintamente nati di cittadinanza italiana e straniera”.
Se immigrati provenienti da paesi dove la fecondità supera a volte i 5 o 6 figli per donna – in cui insomma non ci sono limiti “culturali” a bloccare la riproduzione – una volta giunti in Italia si adeguano immediatamente alle nostre “abitudini”, vuol dire che la causa sterilizzante non è “ideologica”. Ma materiale.
E riguarda la sproporzione assoluta tra il salario medio e il costo di mantenimento di un figlio.
Chiunque di noi è in grado di farsi due conti col bilancio familiare. Se prendi – come di norma – tra gli 800 e i 1.600 euro al mese (anche se lavorano entrambi i coniugi o conviventi), si vede subito che tolto il costo dell’affitto o del mutuo, quello delle bollette, il costo dei trasporti o di un’automobile (o motorino), la normale alimentazione quotidiana, resta ben poco a disposizione per altro.
Per contro, ogni bambino richiede spese (crescenti) per l’alimentazione, i pannolini, l’asilo nido (quelli pubblici e gratuiti sono un ricordo dei loro nonni, ormai), le visite mediche. E quando cresce si moltiplicano quelle per la scuola, i libri, eventualmente uno sport, ecc.
Tirando le somme: da un lato salari fermi o in diminuzione da almeno 30 anni, dall’altra costi crescenti e diminuzione costante dei servizi pubblici gratuiti o a costo calmierato.
La tagliola morde con forza crescente e taglia ogni spesa che “non ci si può permettere”. Un’auto nuova, paradossalmente, alla lunga costa meno di un figlio.
I governi reazionari e filo-padronali reagiscono al calo demografico con pistolotti moralistici e – sporadicamente – con qualche “bonus bebè” di entità e durata limitatissima. Ma ovviamente non funziona.
In più ci sono i problemi sanitari che prima erano molto minori: la diffusione dell’endometriosi tra le donne e l’infertilità maschile, per esempio, che la ricerca attribuisce all’inquinamento ambientale crescente. E non è un “problema italiano”, ma di tutto l’Occidente neoliberista. E ne sta ormai venendo contagiato tutto il mondo.
Alla fin fine, se non si è ottusi e non si ragiona come un padroncino, ci si accorge che viviamo in un sistema che distrugge la vita. Possiamo prenderla dal lato ambientale e climatico, da quello della giustizia sociale, da quello dei pericoli bellici, da quello demografico... il risultato non cambia.
Il capitalismo è innaturale, produce sterilità e morte.
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