Le proteste contro la presenza militare turca si sono intensificate nel nord della Siria dopo che, il 30 giugno, in Turchia, una folla inferocita ha incendiato dozzine di negozi e vandalizzato veicoli appartenenti a rifugiati siriani.
Gli attacchi sono stati scatenati dall’accusa di abuso sessuale su una bambina da parte di un siriano e dall’annuncio di una possibile riconciliazione tra Ankara e Damasco. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (SOHR) con sede nel Regno Unito, almeno sette siriani sono stati uccisi dalle forze turche e altri 20 sono rimasti feriti. Il ministro degli interni turco, Ali Yerlikaya, ha annunciato sul suo profilo X che le autorità hanno arrestato 474 persone coinvolte nelle violenze contro i siriani, nel tentativo di calmare le tensioni.
I rifugiati siriani in Turchia
In Turchia risiedono oltre 3,5 milioni di siriani, il numero più alto della regione. All’inizio delle manifestazioni e proteste popolari contro Damasco e il presidente Bashar Assad, nel 2011, questi rifugiati erano stati accolti con favore, secondo Al Jazeera English. La maggior parte dei siriani in Turchia vive con lo status di “protezione temporanea” e molti di loro hanno ottenuto la cittadinanza turca. Tuttavia, negli ultimi anni, in Turchia il sentimento anti-rifugiati è aumentato significativamente, soprattutto nei confronti dei siriani, a causa della forte crisi economica.
Le proteste xenofobe contro i siriani, specialmente da quando la popolarità di Erdogan e del suo partito è diminuita, sono frequenti in Turchia. Umit Ozdag, leader del Partito della Vittoria, con posizioni anti-immigrazione, ha accusato il governo di riservare un trattamento “privilegiato” ai rifugiati siriani, ritenendo ciò la causa delle violenze. Al Jazeera riporta che già nel 2021, in Turchia, scoppiarono delle rivolte contro i siriani dopo che un adolescente turco venne ucciso in una rissa con un gruppo di giovani siriani ad Ankara.
Le proteste anti-Turchia in Siria
Dagli avvenimenti in Turchia, le proteste si sono poi diffuse nelle aree del nord-est della Siria contro la presenza militare turca, con i manifestanti che hanno lanciato pietre, attaccato e incendiato camion che trasportavano merci turche, secondo quanto riferito da Middle East Monitor. Le tensioni sono ulteriormente aumentate quando uomini armati e combattenti islamisti, molti dei quali legati alla milizia Hay’at Tahrir Al-Sham (il ramo siriano di Al Qaeda noto un tempo come Fronte al Nusra) hanno attaccato le posizioni delle truppe turche e dei combattenti dell’Esercito Nazionale Siriano (SNA), sostenuto dalla Turchia. Le forze turche hanno risposto al fuoco, uccidendo quattro persone nella città di Afrin. Le autorità turche hanno poi chiuso i valichi di frontiera con la Siria e bloccato le comunicazioni nella loro zona di controllo.
La riconciliazione tra Erdogan e Al-Assad
Oltre al razzismo contro i siriani in Turchia, le proteste dell’opposizione siriana sono dovute ai recenti tentativi del governo turco di riavvicinamento con Bashar Al-Assad. Questa riconciliazione ha fatto temere a molti che Ankara e le sue forze “li abbandoneranno alla brutalità del regime di Al Assad”. Questa preoccupazione si estende anche ai siriani in Turchia, inclusi coloro che hanno ottenuto la cittadinanza turca, poiché temono di dover tornare a vivere in Siria.
La Rete Siriana per i Diritti Umani, un’organizzazione indipendente che sensibilizza e promuove il rispetto dei diritti umani in Siria, ha affermato che la Siria non è sicura per il ritorno dei rifugiati. Erdogan ha detto che 670.000 persone sono già tornate nel nord della Siria e che si prevede il ritorno di un altro milione, ha riportato la Reuters. La Siria ha dichiarato che la normalizzazione dei rapporti con la Turchia può avvenire solo dopo il ritiro delle truppe turche dal nord-est del paese, una condizione che, però, Ankara considera inaccettabile in quanto intende continuare a combattere la presenza delle milizie curde nell’area.
Omer Ozkizilcik, ricercatore presso l’Atlantic Council che si occupa di Siria, ha detto al sito d’informazione Al-Monitor che le proteste erano inevitabili, ma che gli attacchi xenofobi anti-siriani in Turchia hanno contribuito ad accelerare leggermente il processo.
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