Cominciamo da cosa non è ReArm Europe, il piano sul riarmo continentale proposto alla UE dalla commissaria Ursula von der Leyen: NON è una strategia immediatamente funzionante di riarmo e NON è una proposta che ha la certezza di essere accolta dai mercati finanziari. Già su questi due piani piuttosto che di fronte alla produzione di ordine militare – della creazione di valore – siamo di fronte alla immissione di disordine, e persino di caos entro un conflitto, quello russo-ucraino, che produce dinamiche caotiche proprio per il fatto di essere guerra. Per non parlare delle dinamiche di caos e conflitto immesse dentro la struttura della UE, e nel rapporto tra stati membri, che emergono, paradossalmente, proprio dopo i richiami all’ordine europeo e militare della commissaria UE.
La proposta di von der Leyen ha avuto un forte impatto sul piano della comunicazione mediale, impossibile altrimenti con i media europei militarmente occupati da anni. Si tratta però di un effetto annuncio che rivela anche che la UE è attraversata, come già accaduto per il piano europeo per l’intelligenza artificiale, da una fase di decisionismo teatrale senza forza politica reale, tutto piegato sull’effetto annuncio che finisce per riflettere le criticità strutturali della governance multilivello chiamata Unione Europea. Il piano di riarmo tramite indebitamento dei singoli stati, proposto dalla commissaria UE, 800 miliardi in 4 anni di cui 150 a sostegno europeo diretto con il resto raccolto sui mercati, appare confuso e frammentario. Questo perché già sul piano sul quale vorrebbe essere decisivo, quello militare, le materie prime necessarie alla produzione di sistemi d’arma, indispensabili a ReArm Europe, sono in molti casi difficili da reperire sul mercato e la lievitazione dei costi industriali in atto può ridurre seriamente l’effetto boom economico atteso da queste misure. ReArm Europe presenta quindi diverse criticità strutturali qui sintetizzate in cinque questioni chiave.
La prima questione che von der Leyen non affronta, in contrasto con un effetto annuncio giocato sulla notizia della decisione, è quella delle competenze in materia di difesa che rischiano di rendere immediatamente inefficace la portata strategica di ReArm Europe. Stiamo parlando del fatto che la competenza in materia di difesa è principalmente degli Stati membri, come stabilito dall’Art. 4 del Trattato sull’Unione Europea (TEU) Treaty on European Union. L’UE ha un ruolo di supporto attraverso la Politica di Sicurezza e Difesa Comune (PSDC), ma le decisioni operative compreso l’uso dei fondi di coesione restano nazionali, secondo l’Art. 24 TEU. Siamo di fronte, quindi, al tentativo di una struttura di governance (la commissione UE) di sovradeterminare i governi – una volta sentiti i big del riarmo, i fondi di investimento che contano e i paesi in grado di strutturarsi militarmente – ma con non molto più in mano dell’arma dell’effetto annuncio, lo si capisce già dalle difficoltà procedurali, quindi di sostanza, di ReArm Europe. La strategia “comune” europea di difesa, e di riarmo, è tutta televisiva e social e lo sarà fino a quando non emergerà una procedura reale di conferimento verso Bruxelles, che per ora non esiste, della difesa europea. E se la commissione vorrà farsi alto comando di difesa europea dovrà trattare con 27 stati, divisi tra loro nelle opzioni strategiche. Operazione, a tenersi stretti, estremamente difficile da implementare anche per una regola elementare della vita delle entità politico-amministrative: una struttura di governance, quale è la UE, non può farsi stato, può assorbirne delle funzioni ma non può essere lei lo stato e tantomeno essere una governance continentale che si fa stato. La natura stessa dell’Unione Europea, un incrocio sempre rivisto tra governance multilivello ed equilibrio instabile tra stati, dovrebbe aiutare a capire quanto sia difficile, per la commissione UE, assumere la prerogativa della difesa.
La seconda questione, procedurale. ReArm Europe, annunciato il 4 marzo 2025, mira, come sappiamo, a mobilitare 800 miliardi di euro per rafforzare la difesa europea, ma le difficoltà materiali stanno anche sul piano dell’alta complessità procedurale, amministrativa, politica. Inoltre, la mancanza di una politica di difesa unificata e le diverse esigenze degli Stati membri complicano, strutturalmente, la coordinazione del progetto. Ma è sul piano procedurale che i processi decisionali dell’UE, con il coinvolgimento di Commissione, Consiglio e Parlamento, possono causare ritardi anche considerevoli su diversi livelli:
a) complessità del processo decisionale che richiede approvazioni multiple a livello UE e nazionali, comprese faticose trattative per risolvere le criticità:
b) conflitti materiali tra stati membri specie tra chi ha una base industriale sul militare e chi deve solo indebitarsi e comprare;
c) serie difficoltà di indirizzo del Parlamento Europeo ha un ruolo nel budget UE, ma la sua influenza sulle spese di difesa è limitata.
ReArm Europe, se tutte le lune che lo contornano non sono allineate, può quindi anche rappresentare, più che una occasione di riarmo, il collasso perfetto dell’Unione Europea per come la conosciamo. Una commissione che indirizza, un parlamento continentale che implementa le decisioni, i singoli parlamenti nazionali che ratificano e si coordinano, l’unanimità da raggiungere tra consiglio europeo (Bruxelles) e consiglio dell’Unione Europea (a Bruxelles e in Lussemburgo): raggiungere un equilibrio su tutto questo è seriamente difficile, tenendo conto che sono già emerse delle differenze tra paesi. Tra l’altro se si volesse procedere, come paventato, di trasformare la BEI, Banca Europea degli Investimenti in banca per il riarmo ci sarebbe anche da trovare la quadratura del cerchio tra Ecofin, il consiglio dei ministri economico-finanziario dell’eurozona e la BCE oltre al fatto che questo equilibrio va raggiunto sui possibili sforamenti nazionali di bilancio per il riarmo.
Insomma, anche in caso di unanimità, e non siamo in questa dimensione, ReArm Europe non è proprio l’operazione lampo necessaria per rispondere agli Usa e alla Russia come “Europa” sulla difesa e il supporto all’Ucraina ammesso che si sia intrapresa la direzione giusta per farsi sentire come continente.
La terza questione, le difficoltà tecniche. L’effetto annuncio, il marketing dell’impatto del potere etc. devono tralasciare le difficoltà tecniche, la tecnica deve sempre apparire maneggevole quando si fa comunicazione, ma su questo piano le difficoltà ci sono e aumentano la complessità di realizzazione di ReArm Europe.
Registriamo qui in estrema sintesi le enormi difficoltà tecniche che riguardano l’implementazione pratica del riarmo europeo, incluse standardizzazione dei processi, capacità produttive e sviluppo tecnologico. Vediamo.
a) Base industriale frammentata. L’industria della difesa europea è caratterizzata da frammentazione, con duplicazioni e mancanza di scala rispetto agli USA, come riportato in European Defence Technological and Industrial Base. Questo rende realmente difficile per le aziende il procurement, acquisizione dei beni necessari per operare, con rischi di ritardi anche enormi.
b) Dipendenza tecnologica. L’Europa dipende da fornitori esterni, specialmente USA, che oggi significa tecnologie avanzate, come droni e sistemi missilistici, come evidenziato in Defence Industry Challenges. Ridurre questa dipendenza richiede investimenti significativi, ma è un processo lungo, non lineare, che va ben oltre ReArm Europe.
c) Capacità produttive e supply chain. Scalare la produzione, come desidera ReArm Europe, per soddisfare una domanda aumentata è difficile, essendoci carenze di infrastrutture (che rimarrebbero anche con ReArm Europe), come indicato in European Defence Production Capacities.
d) Garantire che sistemi difensivi nazionali siano interoperabili richiede accordi su standard comuni, ma le differenze tecniche, oltre a quelle politiche evidenziate tra Stati membri possono causare forti ritardi, come evidenziato in Interoperability in European Defence.
e) Lavoro cognitivo. Ci sono carenze serie, per la difesa europea, di ingegneri, scienziati e professionisti in aree come cybersecurity e AI, come discusso in Workforce challenges in European defense industry.
La quarta questione: bond. ReArm Europe è, prima di tutto una operazione finanziaria. E così siamo di fronte ad un apparente paradosso che spiega le difficoltà strutturali nelle quali il piano della commissaria von der Leyen, se pienamente implementato, può riuscire a impantanare la stessa UE.
Il paradosso è questo: i mercati finanziari hanno respinto, in questa fase, l’ipotesi di una offerta troppo alta di bond governativi, riducendone il valore e chiedendo maggiori interessi sul capitale mentre obbligazioni e azioni del settore militare vanno benissimo. ReArm Europe si immetterebbe in questo contesto che porta il settore militare, appetibile in borsa per i dividendi che produce, a continuare a spingere il settore pubblico a indebitarsi, a costi pubblici sempre maggiori, riducendo di conseguenza anche seriamente, la spesa sociale sul continente.
L’esempio tedesco aiuta a capire: il cancelliere incaricato Merz, che è stato nel board europeo di BlackRock, ha annunciato l’emissione di bond governativi legati a riarmo e infrastrutture. BlackRock infatti ha una storica preferenza per i Bund tedeschi tanto da gestire un ETF (fondo di investimento che si lega a un indice azionario) proprio sui titoli di stato emessi da Berlino. Non appena Merz, pochi giorni prima di ReArm Europe, annuncia il riarmo tedesco arrivano il peggior rendimento dei Bund dal 1990 e il peggior aumento degli interessi sui Bund dal 1997. Per due motivi:
a) i mercati finanziari intravedono una offerta complessiva di bond troppo alta, il valore dei capitali si abbassa, gli interessi salgono (quindi la spesa sociale è destinata a contrarsi);
b) hedge fund, asset manager, banche, mercati offshore hanno alimentato la tendenza scommettendo contro i Bund tedeschi, nonostante il patrocinio BlackRock di Merz, in una classica dinamica di predazione da guerra finanziaria.
ReArm Europe non entra solo in questo pericoloso contesto ma anche in quello della differenza strutturale tra i bond mutalizzati del periodo Covid e oggi. La differenza tra NextGenEU e un eventuale progetto di emissione del debito per la “difesa” europea è palese e riguarda le due diverse fasi che vivono i mercati finanziari. Quando nasce NextGenEu arriva sui mercati un’emissione di bond di cui la finanza aveva bisogno. Oggi, come dimostra la vicenda dei bond tedeschi addirittura nati secondo gli auspici di BlackRock, domina la previsione di instabilità quindi il problema non è se l’emissione di bond è nazionale o mutualizzata ma è PROPRIO l’emissione di bond in larghe quantità. ReArm sostanzialmente rischia di alimentare guerre finanziarie, legate alla speculazione sulla sovraofferta di bond, prima ancora di provare a risolvere i conflitti sul campo.
La quinta questione: la sconfitta irreversibile dell’Ucraina. A fine 2024, come emerge da questo articolo dell’Atlantic Council, nonostante tre anni di sostegno occidentale, appare chiaro che Kiev può vincere la guerra solo aderendo alla Nato e all’UE, quindi mettendo i paesi occidentali direttamente il prima linea. Nel 2024, la Russia aveva conquistato 4.168 km² di territorio ucraino, con un’accelerazione nelle regioni di Donetsk (70% sotto controllo russo), Luhansk, Kharkiv e Zaporizhia. L’offensiva ucraina nella regione russa di Kursk (estate 2024) si è rivelata controproducente: a fine anno le truppe avevano perso il 60% del territorio inizialmente conquistato, assorbendo risorse necessarie altrove. Successivamente, il blocco degli aiuti statunitensi ha lasciato l’Ucraina a corto di artiglieria e munizioni, con rapporti di forza sfavorevoli (10:1 in alcuni settori) e senza supporto satellitare.
L’Ucraina affronta, inoltre, una crisi energetica: la cessazione del transito di gas russo ha quadruplicato le tariffe interne, aggravando la situazione già devastata dell'economia. Inoltre la mobilitazione forzata e le diserzioni hanno eroso il morale della popolazione, mentre le infrastrutture civili sono state distrutte in oltre il 40% del territorio. Secondo analisti come George Beebe (ex CIA), anche con nuovi aiuti, l’Ucraina non potrebbe cacciare le truppe russe, ma solo ritardare una resa negoziata. Sarebbe quindi sostenibile un pieno appoggio UE, stile seconda guerra mondiale, per riportare i confini ucraini alla situazione del 2014? Stimarlo richiede considerare la geografia, la strategia e la resistenza. I territori occupati sono vasti, con fronti lunghi e trincee, simili a guerre di attrito come la Prima Guerra Mondiale. Analisi militari, come AUSA: The Russo-Ukrainian War, suggeriscono che un attacco di successo, per tornare ai confini del 2014, richiederebbe un rapporto di 3:1 tra attaccanti e difensori, implicando che l’Ucraina e l’UE abbiano bisogno di oltre 2 milioni di truppe, un obiettivo militare semplicemente impossibile da raggiungere che, tra l’altro, scatenerebbe una ulteriore escalation internazionale dei conflitti di fronte a una guerra di simili proporzioni.
Scenari distopici a parte, ReArm Europe sul piano del sostegno militare ha tre caratteristiche, anche nell’ipotesi che dovesse funzionare davvero:
a) non supporta Kiev nell’immediato rischiando di accompagnarla verso la catastrofe;
b) non è strutturato per invertire l’andamento del conflitto russo-ucraino, avendo anni di incubazione davanti a sé, al massimo può contribuire a cronicizzare la guerra;
c) non rappresenta una minaccia vitale per Mosca visto anche il clima, nell’ambito del rapporto tra potenze, di evidente disgelo con gli Usa.
Infine ReArm Europe si presenta come un piano concettualmente vecchio, legato ad una idea di militare tutta legata all’industria pesante e a un’idea di guerra sul campo precedente agli anni ’90, che non ha assorbito la dottrina dello Hybrid Warfare ampiamente utilizzata nello scenario russo-ucraino. Il conflitto ucraino ha poi fatto emergere, dopo significativi precedenti, le piattaforme IA come elemento centrale nel nuovo modo di fare la guerra sul campo, caratterizzata oltretutto da conflitti tecnologici avanzati, guerre cibernetiche, droni autonomi e operazioni di intelligence basate sui dati, come per i processi decisionali e l’analisi strategica.
Gli studi recenti, come quelli pubblicati su The Integration of AI in Modern Warfare: Ethical, Legal, and Practical Implications, sottolineano che l’IA trasforma la guerra moderna come evidenziato in Role of Artificial Intelligence in Modern Warfare | ForumIAS. Il piano von der Leyen, successivo ad uno sulla IA che ha simili caratteristiche deficitarie, non appare in grado di centrare gli obiettivi che si propone ed è espressione di una subcultura da commissione UE più attenta agli equilibri tra uffici che contano che alla realtà. Nella guerra condotta dalle piattaforme IA la spesa tecnologica non può essere meno del 5% dell’investimento complessivo in riarmo, è destinata a crescere e l’assenza di questa dimensione bellica svaluta, non poco, il piano von der Leyen.
Il piano della commissaria von der Leyen rivela quindi mancanza di strategia (su obiettivi militari) e di tattica (comprese le procedure interne per l’approvazione) e si pone giusto come effetto annuncio, come risposta spettacolo al comportamento del governo americano. In questo modo rischia di alimentare solo gli effetti perversi della guerra sul campo e di quella finanziaria che, oltretutto, non vengono neanche pensati, come si fa in epoca di guerra ibrida, con un tratto unitario e con politiche e strategie innovative. Il punto è che ReArm Europe apparirebbe efficace, se funzionasse, non tanto come strumento di guerra, che appare persa, e nemmeno tanto come strumento di difesa, vista l’alta complessità di realizzazione, ma come catalizzatore dell'accelerazione di accumulazione di capitale che si genera nelle guerre è che oggi è tanto più impetuosa grazie ai dispositivi della finanza contemporanea. Dobbiamo tener conto che la guerra, accelera l’accumulazione di capitale necessaria per sostenerla attraverso investimenti statali, stimoli fiscali, debito e meccanismi di accumulazione primitiva. Tuttavia, gli effetti a lungo termine di questo genere di accumulazione possono essere molto negativi a causa della distruzione di capitale, che la stessa guerra opera, con variazioni significative tra paesi e contesti. Per cui la ricerca continua di occasioni di accelerazione di accumulo di capitali genera prima guerre e poi distruzione di capitali.
Che cosa è in definitiva il piano von der Leyen? Un qualcosa che rivela la propria natura postmoderna, attratto quindi dai processi di accelerazione nella sovrapposizione dei capitali in preparazione della guerra, dallo spettacolo dell’effetto annuncio. La commissione UE è irresistibilmente attratta anche dalla struttura di processi di governance che non si trasformano in decisione, rimangono transizione permanente e dalle dinamiche di guerra senza fine. E quale è la logica della guerra così come esce analizzando la commissione UE? Un qualcosa che non ha una strategia sul campo, nemmeno di contenimento del “nemico” figuriamoci di vittoria, ma procede per tentativi di accumulazione di capitali, ai quali i grandi attori istituzionali cercano di partecipare. Anche in maniera clamorosamente disfunzionale come è il caso della commissione UE che, di fatto, punta sul caos, travestito da decisione epocale annunciata in diretta planetaria, per provare a partecipare alla grande epifania finanziaria della accelerazione di accumulazione di capitali.
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