Si è chiuso il 6 luglio, a Rio de Janeiro, il 17esimo summit dei paesi BRICS+. I suoi membri hanno firmato una dichiarazione congiunta che si intitola “Rafforzare la cooperazione del Sud Globale per una governance più inclusiva e sostenibile”. Come si legge sul sito dei BRICS+, il documento riflette “l’impegno a rafforzare il multilateralismo, a difendere il diritto internazionale e a impegnarsi per un ordine globale più equo”.
Molte testate giornalistiche hanno sottolineato l’atteggiamento cauto dei toni usati nel forum di cooperazione che ormai riunisce circa il 50% della popolazione mondiale e intorno al 40% del suo PIL. Ma a ben vedere, un movimento cauto verso il superamento dell’ordine mondiale unipolare occidentale non significa che sia meno deciso di altri più affrettati.
Innanzitutto, va sottolineato che l’incontro dei ministri degli Esteri dei BRICS+, svoltosi sempre nella metropoli brasiliana lo scorso aprile, non aveva raggiunto una dichiarazione congiunta. Se questa volta una tale dichiarazione c’è stata, di ben 31 pagine, questo significa che il messaggio che si vuole mandare è quello di unità, anche se si è preferito non imbarcarsi in dibattiti delicati.
A tenere banco, dall’inizio dell’anno a questa parte, è ancora il nodo dei dazi decisi dall’amministrazione Trump, che sta trattando con tanti paesi in maniera separata per nuovi accordi commerciali. Il tycoon ha recentemente affermato che è pronto a tariffe aggiuntive per quei governi che decidono di allineare le proprie posizioni a quelle dei BRICS.
Nel testo, vengono comunque ribadite “serie preoccupazioni per l’aumento di misure tariffarie e non tariffarie unilaterali che distorcono il commercio e sono incompatibili con le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio”. In esso, vengono anche “condannati gli attacchi militari contro la Repubblica Islamica dell’Iran dal 13 giugno 2025”, ma non ci sono altri riferimenti a Israele o al ruolo avuto dagli USA.
Sull’Ucraina i BRICS+ condannano il terrorismo ucraino contro i civili durante gli attacchi a ponti e infrastrutture ferroviarie nelle regioni russe di Bryansk, Kursk e Voronezh. Ma anche sul conflitto in Est Europa, le parole si fermano qui. Più duro l’attacco all’occupazione sionista della Palestina, con la condanna verso “l’uso della fame come metodo di guerra” e “i tentativi di politicizzare o militarizzare l’assistenza umanitaria”.
Di nuovo, i BRICS+ hanno riaffermato il sostegno alla soluzione a due stati, col rispetto dei confini stabiliti nel 1967. Un’ipotesi che segue le determinazioni prese in sede ONU e il diritto internazionale, ma che nessuno (nemmeno a Rio, sicuramente) ancora pensa sia davvero una soluzione concretamente realizzabile.
Il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, al vertice avrebbe infatti affermato: “la Repubblica islamica dell’Iran ritiene che una soluzione giusta per la Palestina sia un referendum con la partecipazione di tutti gli abitanti originari, compresi ebrei, cristiani e musulmani, e che questa non sia una soluzione irrealistica o irraggiungibile”.
Sono tre i temi che sono stati discussi al vertice che, invece, risultano assai interessanti, nel quadro del progressivo sviluppo di un nuovo ordine mondiale che sia finalmente, e definitivamente, decolonizzato. Brasile e India hanno sostenuto la necessità della riforma dell’ONU, col sostegno di Cina e Russia, e con l’obiettivo finale abbastanza esplicito di ottenere un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza.
È stata promossa anche la riforma del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale. Strumenti dell’ordine di Bretton Woods, ormai morto e sepolto, e che per decenni hanno espresso l’egemonia mondiale statunitense, ma che ormai si presentano sempre più come strumenti di ricatto economiche verso le economie emergenti.
Oltre a chiedere una giusta tassazione sui miliardari, allo stesso tempo è stato rilanciato anche il ruolo della Nuova Banca di Sviluppo (NDB), l’istituto fondato dai BRICS+ per essere “agente robusto e strategico di sviluppo e modernizzazione nel Sud del mondo”. Tra le sue funzioni anche quella di “espandere il finanziamento in valuta locale”.
La questione dedollarizzazione è stata citata da Lula. “La discussione – ha detto il presidente brasiliano – sulla necessità di una nuova moneta per l’export è estremamente importante”, anche se poi si è soffermato solo sull’Iniziativa di Pagamenti Transfrontalieri, messa in piedi dai BRICS+ per agevolare gli scambi tra i paesi membri.
Insomma, si tratta di un insieme di dichiarazioni che, seppur possano sembrare caute – ed effettivamente lo sono – sono dettate dalla guerra che l’Occidente sta muovendo al raggiungimento di un pieno multipolarismo. Ma colpiscono in pieno gli interessi materiali dei paesi imperialistici, USA o europei che siano.
Inoltre, associano allo sviluppo di una cooperazione economica nuova, anche il sostegno al diritto internazionale, e soprattutto una riforma degli organismi multilaterali già esistenti, in un evidente sforzo di restituire loro la legittimità che hanno perso con le strumentalizzazioni che ne hanno fatto le cancellerie occidentali.
Non che alcuni paesi, come la Cina, non stiano già pensando a organismi tutti nuovi, ma è chiaro che, con la loro azione, i BRICS+ si pongono come punto di riferimento per l’intero Sud Globale, e per chiunque voglia sviluppare relazioni libere dalle imposizioni dell’Occidente.
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