Non ho letto né ho intenzione di leggere le carte dell'inchiesta milanese. Ancor meno ho intenzione di addentrarmi nel solito ginepraio di bla bla sul rapporto fra procure e istituzioni, nella solita rissa fra giustizialisti e (presunti) garantisti, nella solita guerriglia fra destre e sinistre di governo entrambe conniventi con il sistema economico e finanziario in questione.
È ora, davvero, di "semplificare": non l'urbanistica, ma il dibattito politico e culturale. Il cosiddetto "modello Milano", strombazzato da destra e da manca e a destra e a manca da un paio di decenni in qua, è un modello fondato sulla rendita immobiliare e finanziaria, sul mantra assoluto della "attrazione di capitali", sulla deregolamentazione impudente, sulla trasformazione delle città in dispositivi spietati della produzione di ricchezza per pochi (i soliti ricchi, e gli arricchiti sulla base del suddetto modello), sulla espulsione violenta dei ceti popolari e dei ceti medi dai centri storici e dai quartieri vivibili. In breve, sulla distruzione della civiltà urbana – ingrediente non secondario della tanto strombazzata "identità italiana".
Questo modello ha egemonizzato, ben oltre Milano, la visione e l'amministrazione di tutte le principali città italiane, saldandosi con il suo modello gemello, quello basato sulla turisticizzazione forzata delle città d'arte, dei borghi gentrificabili e di tutto il territorio rapinabile. La questione non è morale, è politica ed economico-politica, e si chiama capitalismo (neoliberale), un nome che è scomparso dal lessico della sinistra ufficiale: o ricompare, o la sinistra ufficiale continuerà a essere un niente.
Aggiunta non marginale. C'è stato un tempo, anni '60 e '70, in cui l'urbanistica era una disciplina progressista, e in versione riformista o rivoluzionaria lavorava a fianco della sinistra, riformista e rivoluzionaria. La sparizione dell'urbanistica prima, e poi la sua trasformazione in alleata del sistema della rendita immobiliare e finanziaria, è un pezzo non secondario della storia culturale dell'Italia dell’ultimo secolo. Bisogna ricostruire l'alleanza fra una politica e un'urbanistica riformatrici, se non rivoluzionarie. E oltre Milano, bisogna guardare a New York. Dove lo stesso modello drogato di crescita verticale, produzione di ricchezza stratosferica per pochi ed espulsione di massa degli abitanti sta già arrivando al capolinea. Qualcuno se n'è accorto, si chiama Zohran Mamdani e a 33 anni, invocando il ritorno a una città vivibile e accessibile, ha sbaragliato Cuomo alle primarie dem. Non c'è solo Trump nel nostro futuro.
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